L’URLO FEMMINILE DEL BLACK METAL, GLI ERNTE (di Matteo Fais)
Se il demonio è donna, la sua voce deve assomigliare all’acuto grido rabbioso della frontwoman degli Ernte. Raro caso, una band di black metal con una donna alla voce che, decisamente, non fa rimpiangere l’assenza di testosterone con quelle sue urla di limpida visceralità e vampiresca sensualità.
Sulla loro pagina di Bandcamp (https://ernteblackmetal.bandcamp.com/album/ernte-s-t), una delle poche fonti in merito al gruppo, si legge che “ERNTE is inspired by ancient spirits, cold and barren landscapes and brings you True Hellvetic Black Metal with a preference for Nordic melodies” (Gli ERNTE sono ispirati dagli antichi spiriti, dai paesaggi glaciali e brulli, e la loro musica è un black metal totalmente elvetico, con una preferenza per le melodie del Nord).
La prima cosa che colpisce, in effetti, di questo nuovo EP, semplicemente intitolato ERNTE s/t (Vendetta Record), come del primo album Geist und Hexerei, è la melodia cupa e, al contempo, tersa delle chitarre, i cui suoni spiccano alti sul rumore di fondo della batteria che crea quell’inquietante atmosfera oltre tombale tipica del black. La produzione, fuor di dubbio, è eccellente.
L’album è assolutamente in linea con una tradizione ormai consolidata e ha dalla sua di non essere il solito prodotto eternamente condannato a risultare indistinguibile dai tanti che l’hanno preceduto, come sovente avviene in questo genere, fino a rendere sordo l’ascoltatore alle peculiarità di ogni singola band. Al contrario, i riff principali si imprimono nella mente come quelli di certi classici dei primi e immortali Darkthrone.
No, non si tratta di mero rumore che, in ultimo, annulla sé stesso tendendo al silenzio. Il beat non è mai monotono o fastidioso, sale e scende come folate di vento in un corridoio di alberi di qualche lugubre e nera foresta del Nord.
Poi c’è quella voce, feroce e mai inutilmente raschiata, che sembra provenire da qualche zona inconfessabile dell’Essere per dire l’orrore e il raccapriccio. A volte gorgheggia immonda portando a galla tenebre e detriti dello spirito, altre si fa tagliente come una lama affilata su un cuore ancora caldo e pulsante.
L’effetto generale è assolutamente ipnotico e straniante. Il gelo circonda l’ascoltatore, penetra le ossa, irrigidisce l’anima in un rigor mortis senza possibilità di salvezza. L’afflato lirico che emerge ha note di disperazione pure come gocce di rugiada ghiacciata.
Le due canzoni dell’EP, pur estendendosi per una media di 6 minuti ciascuna, scorrono impetuose, senza mai trascinarsi, con una forza che i cambi di tempo non fanno che intensificare, conferendo dinamicità sonora. Per quanto possa sembrare difficile a dirsi per un album black metal, il disco si lascia ascoltare e quella imperscrutabile tendenza che è in ognuno di noi all’autodistruzione porterà certo l’ascoltatore a far ripartire i brani più e più volte. C’è un’atmosfera in questi due pezzi degli Ernte che chiede di tornare su certe malsane sensazioni.
Persino se non siete cultori del genere, potreste provare, in qualcuna di queste gelide serate d’inverno, mentre fuori l’oscurità incombe fin da presto, a sedere in solitudine e ascoltare questi suoni così disumani e disturbanti, per vedere l’effetto che vi scatenano dentro, magari accompagnandoli con un qualche liquore che oltraggi il fegato e un buon libro dell’orrore. Sarebbe un ottimo approccio alla magia nera del black metal.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.