AL DIAVOLO LA AMAZON TAX E L’ODIO VERSO IL CAPITALISMO! (di Davide Cavaliere)
Ci risiamo. Rispunta la demenziale ipotesi di una tassa sulle consegne a domicilio, per favorire il commercio dei «piccoli negozi». Si tratta della cosiddetta «Amazon tax», con la quale si vorrebbe porre un freno alle consegne effettuate con mezzi non ecologici. Niente da fare, noi italiani abbiamo una profonda avversione per il capitalismo.
Infatti, nonostante l’eCommerce abbia conosciuto uno sviluppo rapido e meritato, facendo arricchire le piccole e le medie imprese, che hanno trovato nel digitale una risorsa strategica per l’incremento delle loro vendite raggiungendo consumatori in tutta Italia, si sente ancora dire che «Amazon ha ucciso il piccolo commercio».
Il commercio locale è in crisi per motivi estrinseci, ossia tasse troppo elevate, e intrinseci, ovvero un servizio clienti scadente e una ridotta gamma di prodotti. Al contrario, un’azienda come Amazon garantisce un eccellente servizio clienti (anche quando il bene è solo venduto attraverso Amazon), consegne rapidissime, resi gratuiti e garantiti, oltre a un’ampia offerta di beni e promozioni.
Inoltre, un’ulteriore tassazione sulle consegne a domicilio, oltre che sui prezzi destinati ai consumatori stessi, avrebbero conseguenze negative anche sui negozi tradizionali che si avvalgono dell’eCommerce.
Se Amazon non offrisse un servizio migliore, non verrebbe semplicemente scelto. I consumatori, grazie al libero mercato, possono decidere quale servizio li soddisfi di più. Il superamento dei «negozietti» e delle «piccole librerie» di paese è dovuto alla «distruzione creativa» del capitalismo: l’innovazione elimina alcuni modelli economici e lavorativi per crearne di nuovi che meglio si adattano ai consumatori.
Amazon, non bisognerebbe dimenticarlo, dà lavoro a tempo indeterminato a 14.000 italiani; più di 34.000 persone lavorano per aziende che forniscono servizi ad Amazon in tutta Italia e si calcola che le aziende che vendono direttamente su Amazon abbiano creato 25.000 posti di lavoro in più. Lo stipendio medio mensile in Amazon varia, indicativamente, da 1.066 euro per un lavoratore generico a 1.865 euro per una posizione da operaio specializzato.
A ben vedere, la concorrenza e l’innovazione generati dal libero mercato hanno favorito la popolazione. Ma vediamo un altro esempio: nel 2016 sul mercato italiano è entrata come operatore la francese Iliad, che fin da subito ha puntato sui prezzi bassissimi e garantiti per sempre, per poter competere con Tim e Vodafone. Non solo Iliad si è affermata, ma ha generato una spirale positiva di ribassamento dei prezzi.
Al contrario, i taxi resistono unicamente grazie ai blocchi alla concorrenza garantiti dallo Stato, ma se tale barriera non ci fosse, Uber e servizi simili si espanderebbero a macchia d’olio, con vantaggi per gli utenti.
L’assenza di concorrenza e libertà economica tiene l’Italia in una condizione di perenne inefficienza. Il governo Meloni, che pure sta complessivamente lavorando bene, dovrebbe mettere in campo riforme liberiste per favorire la concorrenza. «Liberalizzare» dovrebbe essere la parola d’ordine del programma economico dell’esecutivo.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.