DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO D’AMORE? NON CERTO DEL GROTTESCO ROMANZO DI PIF (di Matteo Fais)
Di cosa parliamo, quando parliamo d’amore? Purtroppo, oggi come oggi, non ci stiamo certo riferendo al povero Raymond Carver che si vide dimezzato il suo superlativo Principianti da quel delinquente di Gordon Lish. Più prosasticamente, a raccontarci di quel terribile e struggente sentimento è Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, uomo televisivo di insopportabile telegenicità e ignobile dote letteraria.
La situazione si è fatta decisamente assurda: invece di invitare gli scrittori in televisione, fare speciali su di loro, ci sono tutti questi personaggi provenienti dall’etere, da Bonolis a Pif, che si riscoprono romanzieri in età avanzata. Palesemente qualcosa è andato storto, come il fatto che, se da contrapporre agli ultimi due c’è Marco Missiroli, è abbastanza difficile che questi possano vedersi negare il ruolo di prosatori d’eccellenza.
A ogni buon conto, ci mancava solo Pif come ennesimo autore del piffero – ok, questa era facile! – e il suo La disperata ricerca d’amore di un povero idiota (Feltrinelli). Difficile dire se l’uomo sia come il personaggio del libro, ma certo l’idiozia tra queste pagine abbonda, peggio che nel rettangolo in 4k da cui proviene lo scrittore.
La storia sembra una di quelle serie televisive che, dopo l’episodio pilot, finiscono giustamente nel dimenticatoio, oppure possono dare luogo a danni incalcolabili come una infinita soap opera.
Arturo è dipendente di una grossa azienda, per quanto i suoi studi umanistici – che si manifestano a mezzo di uno snervante citazionismo – non abbiano alcuna attinenza col campo. Alla soglia dei quaranta, senza famiglia né figli, l’uomo ha un brusco risveglio di coscienza: bisogna quagliare, darsi da fare per consolidare qualcosa. Olivia, la ragazza che serve in mensa – e che, guarda caso, è pure un’appassionata di arte contemporanea – gli lancia sguardi dolci, ma lui finisce nelle grinfie di tale Gianfranco Zamboni, suo vecchio compagno di classe, ingegnere, che sta lavorando a un’app stile Tinder che promette di farti trovare – all over the world – la tua anima gemella. A quel punto, Arturo si butta e inizia a ricercare queste ragazze consigliate dall’algoritmo, passando da Siena fino alla Groenlandia.
Insomma, d’accordo la sospensione dell’incredulità, ma non si può chiedere al lettore anche l’ingestione di una pillola di coglionaggine per portare a termine la lettura: un uomo va a cercare l’amore nell’estremo Nord del mondo, mentre la tizia che lavora nel suo stesso stabile – che, peraltro, gli piace – se lo mangia con gli occhi? A paragone, gli sceneggiatori di Beautiful hanno un senso del realismo che neppure Verga e Zola messi assieme.
Pif, comunque, sembra essersi munito di uno di quei libricini pieno di citazioni, copiato il tutto su un file Word, e aver costruito intorno a queste colonne portanti della letteratura la sua catapecchia da campo profughi (“Così Valentina continuava a frequentarci contemporaneamente e di certo lei non poteva scegliere per noi perché non ero mai arrivato a una vera dichiarazione d’amore, anche se qualche sospetto doveva averlo. Questa situazione andò avanti per mesi, perché come diceva la poetessa Emily Dickinson: ‘Non sapendo quando l’alba arriverà, tengo aperta ogni porta’”). Il tenore è di due o tre passi riportati per pagina, l’effetto imbarazzante: se sei una sega, tutto quel che devi fare è evitare di metterti a fianco i migliori. Ma, fuor di consiglio critico, peccato che l’autore non comprenda ciò che lui stesso mette in bocca a un altro suo personaggio: “Ma soprattutto: perché spari continuamente ’ste minchia di citazioni?”
Inutile, il conduttore non ce la può proprio fare come scrittore. Quando cerca di essere simpatico, l’effetto che sortisce è solo di risultare patetico, come un vecchio numero di Cioè (“Mi misi a riflettere anche su come avrei dovuto baciarla. Andare subito di lingua forse è troppo sfacciato. Non lo so. Però se bussa, io apro. Ma magari è meglio concentrarci sul bacio in sé e poi si vede”).
In ultimo, forse rendendosi conto che, alla fin fine, le storie raccontate, oltre che assurde, più che narrare l’amore descrivono solo in modo ilare la tragedia mentale di un disadattato, inizia a buttare giù spiegoni sul sentimento, tipo “Io, invece, ho scoperto l’inutilità nel cercare di capire cos’è l’amore. Tanto quello che vale per me, non vale per chi mi sta accanto. E magari oggi la vedo in un modo e domani chi lo sa? Ci sono troppe variabili nell’essere umano che rendono inutile cercare una definizione dell’amore. Non ci sarà mai una regola universale, uno schema. In amore bisogna agire e pensare poco. Se hai bisogno di pensare troppo non è amore!”.
Per consolarvi e rigenerare le cellule celebrali bruciate, riaprite Carver a quel famosissimo racconto: “– In effetti che ne sappiamo noi dell’amore? […] Ma, secondo me, siamo tutti nient’altro che principianti, in fatto d’amore […] – C’è stato un momento in cui credevo di amare la mia prima moglie piú della vita, abbiamo anche fatto dei figli assieme. Invece ora la detesto con tutto il cuore. Davvero. Voi come lo spiegate? Che cosa è successo a quell’amore? […] Vorrei tanto saperlo, che fine ha fatto […] “E la cosa tremenda, la cosa veramente tremenda, ma anche la cosa buona, la benedizione dal cielo, per dirla cosí, è che se a uno di noi succedesse qualcosa insomma, se succedesse qualcosa a uno di noi, mettiamo domani, secondo me, l’altro, l’altra persona, soffrirebbe per un po’, sapete, ma poi il superstite ne uscirebbe e amerebbe di nuovo, si troverebbe presto un’altra persona da amare e tutto questo, tutto questo amore – Gesú, riuscite a immaginarlo? – diventerebbe solo un ricordo”.
Questa lunga citazione solo per ricordare che la letteratura e l’amore sono una cosa seria, che niente ha da spartire con la finzione televisiva e le inutili ambizioni di tragici autori come Pif.
Matteo Fais
Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais
Instagram: http://www.instagram.com/matteofais81
Facebook: https://www.facebook.com/matteo.fais.14
Chat WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.