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FRANÇOIS MAURIAC: LO SCRITTORE ANTIBORGHESE CHE AMAVA DIO (di Davide Cavaliere)

François Mauriac nacque a Bordeaux al termine di un secolo, l’Ottocento, che andava consumandosi. Partendo per Parigi s’illuse di essersi lasciato alle spalle la città di Montaigne che, invece, riempirà la sua memoria.

Per tutta la vita si porterà dietro il ricordo del paesaggio spazioso, battuto dal vento, intessuto di vigne, profumato di resina della sua terra natale. Il lettore che sia stato nella Gironda, sulle rive della Garonna, durante la stagione estiva, può ben comprendere la forza di quei luoghi. 

«Nato dalla parte degli ingiusti», dirà di sé, riferendosi alle sue origini di ricco borghese, la sua opera scandaglia il fondo oscuro, viscido, disperato delle famiglie bordolesi «perbene». I personaggi di Mauriac sono affetti da monomanie, avidi, egoisti, invidiosi, bugiardi e ipocriti, spesso alle prese con passioni feroci, abbandonati a una società di sicofanti («questa gabbia tappezzata di orecchie e di occhi»). 

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In La farisea, lo scrittore ricostruisce le conseguenze devastanti che le logiche di coloro che si credono braccio umano di Dio comportano sul piano umano. Altrove, come ne Il bacio del lebbroso, il matrimonio combinato per interesse, già di per sé drammatico, è reso tragico dalla bruttezza fisica del coniuge. 

I matrimoni combinati per unire patrimoni, le relazioni autentiche stroncate da sacri timori e malelingue, la morte attesa e segretamente sperata dei parenti più prossimi in vista dell’eredità, il moralismo, il culto della rispettabilità onorato dai borghesi determinano adulteri, figli illegittimi, violenza sessuale consumata tra le pareti domestiche, solitudine, angosce sessuali e omicidio. I compagni di catena si odiano e con più intensità ancora di padri e figli, fratelli e sorelle, mogli e mariti. 

Su questo terreno cresce, candida e velenosa, la figura solitaria e contorta di Thérèse Desqueyroux che, quasi inconsapevolmente, prova ad avvelenare il marito per sfuggire alla noia, allo squallore e al disgusto, anche fisico, di un matrimonio che le era stato imposto con cieco autoritarismo

I «mostri» di Mauriac siamo noi. Le loro passioni torbide si annidano dentro di noi. Lo scrittore, se è veramente tale, non può che chinarsi sugli abissi del cuore umano «senza cedere alla vertigine né al disgusto né all’orrore». Dirà ancora l’autore: «Non siamo certo noi (i moralisti, gli esperti dell’inferno sulla terra) che odiamo la vita. La odiano soltanto coloro che, non potendo accettarla così com’è, la falsificano». 

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Radicata avversione per il fariseismo, dunque, ma anche reale bisogno di purezza, di giustizia, di perdono e bontà. Il male rende indispensabile Dio: «Ci sono esseri che sono tagliati fuori da tutto, da tutte le parti, tranne che da Dio, tranne che dall’infinito». Louis, protagonista non credente di Groviglio di vipere e Brigida Pian, matrigna falsamente devota de La farisea, impareranno a riconoscere le loro colpe e a mutare prospettiva e atteggiamento, aprendosi all’amore di Dio e del prossimo. 

«Il mio cuore, questo cuore, questo nido di vipere: soffocato da esse, saturo del loro veleno, continua a battere sotto questo brulichio». Ecco la verità di Mauriac, il suo realismo cristiano, il male non è la nostra essenza, il cuore e non le vipere sono la realtà ultima della persona.

Un percorso non estraneo allo scrittore stesso, il quale, nato nel cattolicesimo, ha attraversato una lunga e profonda crisi esistenziale e religiosa, la cui risoluzione gli ha permesso di scrivere due opere intrise di nostalgia e amore, Il mistero di Frontenac e poi La vita di Gesù. Difendere il cuore umano è il compito che si è dato, come scrittore e come cristiano, François Mauriac.


Davide Cavaliere

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.

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