NON FIDATEVI DEGLI PSICOLOGI BOOMER CHE PARLANO DI “TRAMONTO DEL DESIDERIO” – SULL’ULTIMO LIBRO DI LUIGI ZOJA (di Matteo Fais)
Da qualche decennio, si vive mediamente più a lungo e relativamente in buona salute, finendo per sembrare più giovani dell’età anagrafica che realmente ci si porta sul groppone. Cionondimeno, inevitabilmente, si finiscono per vivere i 3-4 decenni finali senza capire più un cazzo di ciò che ci capita attorno. Non potrebbe essere altrimenti, in particolare considerando che negli ultimi ottant’anni, quindi più o meno dalla fine della guerra, si sono avute più mutazioni tecnologiche di quante l’umanità ne abbia compiute dall’inizio dei tempi e a una velocità tale che ben difficilmente chi ha compilato la propria tesi di laurea con la macchina da scrivere riuscirà a raccapezzarsi entro un universo fatto di app musicali, di incontri, di fitness, mediche, ecc.
È dunque quasi scontato che un boomer, per quanto colto, con il muro dietro la scrivania pieno di pergamene, titoli, trofei e onorificenze, ogni volta che si cimenta nel parlare di quel che vive un giovane, rischi di inanellare una sequela di puttanate da fare impallidire l’ultimo dei ragazzini con lo spinello e la birra in mano, fuori da un distributore automatico.
Questo è, per esempio, il caso di Luigi Zoja, psicanalista e autore di Il declino del desiderio – Perché il mondo sta rinunciando al sesso (Einaudi). Inutile fargliene una colpa: è difficile pensare che uno nato nel ’43 e che, ad andar bene, l’ultima volta che ha corteggiato una femmina è stato quando è uscito Let it Be dei Beatles, possa ritrovarsi tra diavolerie come Tinder, social network, cazzi in chat, revenge porn, categoria granny e OnlyFans.
Zoja, come ogni umanista in età avanzata, ha smesso di vivere nella realtà per passeggiare tra le righe dei libri, in mezzo a studi, statistiche e ricerche di altri che, a loro volta, non hanno più niente a che fare con l’esistenza reale. Dal suo libro, tutto ciò emerge in più punti.
Per farla breve, la sua tesi di fondo è, come si suggerisce fin dal titolo, che il desiderio nella nostra società occidentale è arrivato a un punto in cui può solo regredire, da qui il suo tramonto. Dopo l’abbuffata, la nausea, insomma. Quindi non si scopa più, manca la voglia, la pulsione vitale, e ci si ritira a vita privata anzitempo.
Questa presa di posizione, tanto affascinante quanto fantasiosa, e già infinitamente risentita come un fastidioso motivetto estivo, fa quantomeno sorridere per la sua ingenuità. L’autore scambia per rifiuto deliberato, dettato da problemi psicologici ed eccessivo contatto con un mondo erotizzato e quindi ansiogeno, quello che in realtà è per la maggior parte una condizione subita obtorto collo. Altro che accidia!
Infatti, Zoja non ha capito niente del fenomeno incel, o degli hikikomori. Neppure di fronte ai dati, che pure riporta lui stesso, riesce a darsi una spiegazione sensata: “già nel 2005, un terzo dei giapponesi single fra i 18 e i 35 anni era vergine. Nel 2015 la quota era salita al 43 per cento, mentre continuava a crescere la porzione di chi dichiarava di non volersi sposare”. Pur sapendo che in America e in tanti altri Paesi la situazione non sia migliore, non lo sfiora neppure per l’anticamera del cervello che la causa non sia da ascrivere alle turbe di un branco di squinternati mentali.
Anche quando parla di masturbazione, lui sembra cascare dalle nuvole: “aumento della masturbazione, sia maschile che femminile. Questa fuga dalla intimità dei corpi è una fra le tante manifestazioni di un profondo disagio esistenziale e di un odio per sé stessi a cominciare dalle proprie forme fisiche”. Non ci arriva proprio a intendere che, se ti manca la figa, ti resta solo Federica, la cosiddetta mano amica. Non è che rifiuti, è che non hai alternative. Qui siamo a livello del signore che, una volta scoperto che il ragazzo dietro la cassa del McDonald’s è laureato, gli domanda “Ma tu che ci fai qui?”. Per un pazzo che non voleva se non il minor cumulo possibile di responsabilità, quanti possono essere ad aver razionalmente rifiutato un impiego da manager per lavorare nel puzzo di fritto stantio?
Ma è ovunque che il suo libro presenta passaggi che, alla lettura, fanno saltare sulla sedia. “Abbiamo notato che, nel 2014, l’utente medio di Tinder consultava questa app per circa un’ora e mezza al giorno: tempo, siamo autorizzati a immaginare, tolto al corteggiamento o alla attività erotica vera e propria”. Che cosa?! E, secondo lui, uno che entra su Tinder, nella speranza di rimediare una chiavata, starebbe lì a compulsare il cellulare, per il puro gusto di accarezzare lo schermo manco si trattasse di un clitoride, se fosse pieno di donne? Eppure, era stato lui stesso a scrivere, in precedenza, “Anche nelle piattaforme meno «spinte» (che danno la precedenza a una autopresentazione degli utenti scritta e non a quella fotografica, di solito ammiccante) i maschi preferiti ricevono un 1100 per cento di messaggi in più rispetto a quelli meno selezionati”. Dottor Zoja, si svegli: se tanta gente perde tutto quel tempo su Tinder è solo perché sta inseguendo il principio che anima la legge dei grandi numeri, ovvero quella secondo cui, a furia di provarci, prima o poi qualcosa capiterà. Insomma, al contrario di quel che sostiene lui, il desiderio è tutto fuorché abbandonato e messo da parte, visto che c’è gente capace di perseguire anche una remotissima possibilità di interazione con un individuo dell’altro sesso.
In conclusione, questo testo fa comprendere perché la maggior parte degli psicologi sia una fregatura legalizzata a danno di persone che, tendenzialmente, non hanno alcun tipo di problema, se non quello di vivere in un mondo sempre più competitivo. Infatti Zoja ha ragione nell’istituire un parallelo tra sessualità ed economia, ma non arriva a cogliere il nodo di tali spaventose somiglianze nel mondo che viviamo. Meglio a questo punto leggersi il blog del Redpillatore, o il sommo Houellebecq di Estensione del dominio della lotta, l’unico ad aver magistralmente e in estrema sintesi spiegato la questione: “Come il liberalismo economico incontrollato, e per ragioni analoghe, così il liberalismo sessuale produce fenomeni di depauperamento assoluto. Taluni fanno l’amore ogni giorno; altri lo fanno cinque o sei volte in tutta la vita, oppure mai. Taluni fanno l’amore con decine di donne; altri con nessuna. È ciò che viene chiamato ‘legge del mercato’. In un sistema economico dove il licenziamento sia proibito, tutti riescono più o meno a trovare un posto. In un sistema sessuale dove l’adulterio sia proibito, tutti riescono più o meno a trovare il proprio compagno di talamo. In situazione economica perfettamente liberale, c’è chi accumula fortune considerevoli; altri marciscono nella disoccupazione e nella miseria. In situazione sessuale perfettamente liberale, c’è chi ha una vita erotica varia ed eccitante; altri sono ridotti alla masturbazione e alla solitudine”.
Se ancora non fosse chiaro, Il tramonto del desiderio è l’ennesimo libro di mastodontica inutilità nello spiegare il mondo.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.