AIUTO, ORA ANCHE LE AUTOSTRADE SARANNO SMART (di Chiara Volpe)
Il colmo: in Sicilia, l’autostrada Palermo-Catania è fatta di ponti crollati e deviazioni, tanto che a chi passa sembra di attraversare un sito archeologico e la rete ferroviaria è ancora a binario unico. Eppure, ultimamente, se si presta attenzione, è facile notare inquietanti “pali neri volanti”, decisamente alti, posti ai lati di alcuni tratti di autostrada, a intervalli regolari l’uno dall’altro. Prendendo qualche informazione, si scopre così che sono dotati di sensori in grado di consentire la digitalizzazione del sistema viario. In un secondo, ci si sente dentro Minority Report: il futuro è già presente.
La domanda allora nasce spontanea: stiamo già viaggiando sulle cosiddette “strade intelligenti”, le “Smart Road”, pensate per interagire con i veicoli, cosicché di noi non ci sia più alcun bisogno?
A quanto pare, manca davvero poco. Intendono creare non so quante migliaia di chilometri di autostrade automatizzate che sostituiranno quelle attuali, perché frutto di una tecnologia più evoluta, sostenibile e anche riposante, per la soddisfazione del più pigro tra gli esseri umani.
Tutto fantascientificamente pianificato e propagandato come “progresso utile e migliorativo”. Le auto si incanalano in fila e poi, via wireless e per mezzo di radar, il pilota automatico e un sistema di visione artificiale, sollevano il guidatore da qualsivoglia impegno e concentrazione, così che possa frattanto bere un drink, leggere o addirittura schiacciare un pisolino. In ottica green, peraltro, un tale macchina, in quanto elettrica, sarebbe un favore fatto all’ecosistema.
L’intelligenza Artificiale sostituisce UN’intelligenza artificiale perché, se ci si svegliasse da questo maledetto torpore, ci si renderebbe conto della svolta che tutto questo progresso sostitutivo sta prendendo.
C’è davvero la volontà di preoccuparsi concretamente per l’ambiente? La solidarietà verso persone disabili e anziane che, così, avrebbero più libertà di movimento? Evitare il traffico, migliorando la viabilità e sfruttando meglio il tempo guadagnato?
È possibile che sia un po’ tutto questo, ma quando si tratta di campi di competenze intrecciate che spaziano dalla filosofia della mente alla scienza informatica e ingegneristica, all’etica e alle scienze sociali, bisogna anche fare i conti con l’insita potenzialità di un cambiamento drastico del destino dell’umanità.
Innanzitutto, vi è un problema di privacy: la connessione tra vetture porterebbe a una inevitabile invadenza da parte del sistema. In secondo luogo, non tutti sono disposti ad accettare un ruolo marginale e non attivo rispetto alla propria volontà di recarsi da un posto all’altro. Infatti, solo nel caso di un malfunzionamento, ciò che è un passeggero a tutti gli effetti, torna ad essere il principale protagonista (e responsabile?) dell’azione – basti pensare al caso del pedone che, nel 2018, fu investito a morte da una macchina autonoma, sol perché aveva osato attraversare dove non previsto dalla segnaletica e il guidatore in carne e ossa non riuscì a intervenire in tempo. Bisognerebbe poi considerare la massiccia perdita di posti di lavoro a cui si andrebbe incontro per categorie quali quella dei taxisti o degli autotrasportatori, che sarebbero tagliati completamente fuori in quanto le loro competenze non potrebbero essere reimpiegate in questa nuova formula lavorativa. Ma, secondo loro, ciò corrisponderebbe a “porre l’essere umano sempre più al centro”.
E questa è una cosa vera, ma soltanto perché siamo un problema, un ostacolo, un bug che impedisce l’affermazione e la supremazia della ragione in chiave transumana. L’uomo deve collaborare a una perfetta fusione tra i suoi limiti naturali, che gli sono imposti, e la sua stessa e auspicabile evoluzione per mezzo di una nuova intelligenza: l’essere biologico deve diventare indistinguibile da quello tecnologico, un uomo-macchina.
Ma vi rendete conto o no? Si scrive “la rivoluzione digitale è un’occasione di crescita”, ma si legge “i robot sostituiscono gli umani”, in particolare nella prospettiva di un’automazione del lavoro.
Ma anche “i robot sono i nuovi umani”. Un esercito di automi con cui confrontarsi per rendersi conto di quanto siamo superflui. Che spazio potrebbero mai avere, ora, l’immaginazione e la creatività? Qui non si tratta di calcoli, ma di doti tra le più misteriose e degne di nota di tutta l’esistenza umana. C’è chi già parla di Creatività Artificiale, perché gli algoritmi sono destinati a invadere il linguaggio, la musica, le belle arti. Si può facilmente immaginare una macchina-artista che dipinge, in base a calcoli matematici, la replica di qualcosa che già conosciamo o un’emozione che non può provare perché non ha coscienza. Oppure, si pensi di assistere a un concerto dove gli esecutori ci priveranno del piacere dell’improvvisazione. Non sarà difficile, in ultimo, leggere romanzi elaborati da metallici ghostwriter professionisti invece che da esseri umani.
L’unico obiettivo raggiunto da questa umanità è una consapevole corsa a perdifiato verso l’abisso, forse non siamo felici e ci autopuniamo per questo. Passiamo molto tempo a cercare il nostro posto sulla Terra e, poi, cediamo lo spazio. Ci fanno credere di poter fare tutto ciò che vogliamo, di poter mettere in tasca il mondo, ma poi ci destabilizzano e convincono che possiamo essere sostituiti per il nostro bene. Lo sguardo del Potere è capace di farci sentire dei buoni a nulla, privi di un vero senso della vita.
Meglio fermarsi a cercare il “perché”, rivendicare la propria autonomia e originalità, non abituarsi con pronta facilità. Rimangano sempre vivi, in noi, la curiosità e lo stupore.
Chiara Volpe
L’AUTRICE
Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.