CONTRO QUELLI CHE NON HANNO UNA POSIZIONE (di Chiara Volpe)
Se fossimo stati educati al “valore della sconfitta”, come diceva Pasolini, e alla dignità che può scaturire dall’imperfezione, sentiremmo con certezza di vivere veramente, intensamente e umanamente.
Anche perché è impossibile non fallire almeno in qualcosa, è disastroso affrontare ogni singolo giorno camuffando la prudenza e la vigliaccheria che non ti fanno rischiare mai nulla. E del resto, è anche e soprattutto questo un fallimento. Il più sonoro.
Mi rivolgo a te che vigliaccamente, pur di difendere il tuo piccolo mondo, pur di non percepire neanche minimamente il senso di ansietà e di rischio che ti darebbe una presa di posizione, ti accolli di vestire con classe e disinvoltura il ruolo del superficiale, svampito, stonato. Il colmo è quando rivuoi la scelta, pretendi indietro il controllo, ma sei disposto ad agire solo per delega e ti rendi conto di non avere nemmeno il coraggio di maledire il modo in cui hai scelto di vivere, cioè come l’edera, nonostante ti sia chiaro che non si campa di speranza.
Nasci come carne, ma è la nascita in spirito quella che conta ed è fondamentale, quaggiù dove tutti brancolano in un profondo vuoto di valori civili e familiari, sperimentare una ribellione, dire di NO se serve, per conoscere te stesso e le tue capacità, per calibrare la tua volontà, per esprimere un’emozione vera e forte.
Obbligare te stesso a una autentica esperienza vitale, dove entri in gioco e sei parte del gioco, ti salva la vita, è un bagno di realtà fatta di contraddizioni, velature, stress, è vero, ma anche passione che restituisce dignità al tuo stare al mondo.
Vivi in un ambiente infestato dalla perenne ricerca di una motivazione, qualunque pur di non accorgerti del dolore e dell’insensatezza degli scopi che ti sei prefisso. Checché si possa dire, questa nostra società è palesemente contro la libertà di ciascuno allo stesso modo di come favorisce la malavita e il malgoverno, ostacolando la cultura per renderti servo e avido di gloria e potere, denaro e una virtuale visibilità, trascesa a unica significativa esperienza possibile.
Le parole muoiono, nulla cambia, ti guardi intorno e, in fondo, diventi sempre più consapevole di questo mondo ricoperto di lividi, dove corpi perfetti e quasi immortali vagano come ombre pronte per essere saccheggiate dei loro sogni, violate come ultima frontiera e gettate nella discarica. Ma non lo ammetti, non ti esponi. Preferisci comunque stare nell’ombra, al riparo da ogni responsabilità.
Non sei ancora stanco di essere come una foglia secca che, in cambio di una finta e cosmetica serenità, si libra e rigira nell’aria per adagiarsi rovinosamente al suolo e lì perire?
Far parte di quei pochi che, come lupi della steppa di Hermann Hesse, “sono stelle fisse che vanno per un loro corso preciso e non c’è vento che li tocchi, hanno in loro stessi la loro legge ed il loro cammino” diventa invece l’unica missione possibile, l’unico miraggio da sfatare.
Ma non ci riesci: preferisci stare sotto a questo cielo grigio e infinito, dove tutto è deciso e scritto per te e ti sembra una protezione valida, duratura.
Quegli occhi rossi di chi guarda senza vedere, sopravvivi senza nessun lamento, ti adatti continuamente al ritmo e al flusso e l’unica ambizione che hai è restare in piedi. Arrivi persino a giustificare la distorsione che usi per guardare alla realtà che vivi. “In fondo a me cosa toglie?”, “non c’è bisogno che io agisca, il Signore mi salverà”, “io non posso fare niente”, “non c’è differenza tra democrazia e dittatura”: ecco alcune delle affermazioni di cui ti riempi la bocca e, nel frattempo, agisci uniformandoti al conformismo dell’impatto zero, dove sei tu l’unico che dà fastidio a questo mondo.
Tu non vuoi guardare in faccia la realtà: anche una democrazia può macchiarsi di crimini orrendi, ma ha i mezzi per combatterli e contrastarli e, per dirla con Deleuze “le forze della repressione non impediscono alle persone di esprimersi, anzi le costringono ad esprimersi”.
Uno Stato si fonda su una certa dipendenza e obbedienza che instaura coi suoi cittadini, come uno spacciatore che crea quel rapporto secondo il quale tu avrai sempre più bisogno di lui per andare avanti. Ma, in realtà, è l’esatto contrario ed è per questo motivo che la vera rivoluzione può e deve farla ciascuno di noi, visibilmente e fieramente. Non permettiamo che si spacci la libertà, perché è nostra di diritto e, se c’è qualcosa che non va, dobbiamo essere noi a cambiare il nostro destino.
Chiara Volpe
L’AUTRICE
Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.