Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

NON VEDO L’ORA DI NON ANDARE A VOTARE (di Matteo Fais)

Basta! Con la politica è come con le relazioni sentimentali: dopo un certo numero di rapporti, se ogni volta capitano casini, molli il colpo – a quel punto, o l’amore viene da sé, o ti devi rassegnare alla solitudine e fartela andare bene. 

Similmente, va con la politica: dopo una serie che sembra sempre e comunque infinita di elezioni nazionali, regionali, comunali, campagne elettorali, referendum, ecc., senza che queste abbiano prodotto alcun tipo di cambiamento, o viene la rivoluzione, o che si fottano tutti, dal primo all’ultimo.

Basta anche con la questione del votare il meno peggio – in amore, come in politica, o la convinzione è massima, o l’insoddisfazione è sicura.

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Io non voto, me ne sbatto. Voglio guadagnarmi il diritto, con la mia coscienza, di poter criticare chiunque. Altrimenti, poi, mi ritrovo a dovermi masticare i coglioni al pensiero che quelli lì li ho pure sostenuti in un qualche modo.

E, peraltro, chi votare, un partito che sta in una coalizione in cui non vi è un’idea comune che una? Quello che sostiene il Reddito di Cittadinanza, quello che è contro, l’altro che è ambiguo. Cosa faranno questi, una volta al potere? Un troiaio, ve lo dico io. Oramai, ognuno imita la Sinistra che si divide su tutto per riunirsi meglio, per raccattare dal leninista al liberista, dal No Tav al Sì al Nucleare.

Più di tutto, però, non vado per dispetto agli italiani – è l’unico caso in cui vale la pena di tagliarsi le palle per far torto alla moglie. Ognuno di loro è convinto che partecipare alla democrazia sia andare una volta ogni 5 anni – o, meglio, quando capita – a votare. Così, poi, i politici, non vedendo mai una reazione di popolo, fanno quello che vogliono perché, nel caso, al limite, al prossimo turno, finiscono all’opposizione. 

La mia idea, invece, è che, se tu entri in Parlamento, grazie al mio voto, promettendo una qualsiasi cosa ed entro due anni non l’hai messa in atto, io blocco il Paese, faccio lo sciopero fiscale, ti costringo a dimetterti e tu con la politica hai finito. Pazienza, se avevi delle buone intenzioni. Evidentemente, non sei in grado e, nella vita, devi fare altro.

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Per vivere così, meglio non sprecare neppure 10 minuti in fila al seggio. Anzi, tanto vale abolirla la democrazia. Del resto, è palese che a nessuno gliene frega niente. L’abbiamo visto durante la pandemia, tra green pass e vaccinazioni obbligatorie. Era tutto un florilegio di “eh, ma io l’ho fatto per lavoro”, “scusa, sono costretto a chiedertelo”. Poi, magari, piangono vedendo un film sugli orrori compiuti dai nazisti – perché, su quelli dei comunisti, nessuno ne fa – e si domandano come ciò sia stato possibile.

Insomma, questa volta è proprio impossibile. Non ci sono scuse. E anche i partiti anti sistema lasciano il tempo che trovano e, poi, sono troppo attraenti per chi sogna una pensione sicura, limitandosi a fare un po’ di casino. No, grazie. Ho già dato.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “NON VEDO L’ORA DI NON ANDARE A VOTARE (di Matteo Fais)

  1. “Gli abusi del potere generano le rivoluzioni; le rivoluzioni sono peggio di qualsiasi abuso. La prima frase va detta ai sovrani, la seconda ai popoli.” ( Von Metternich). Direi che c’ ha preso ! Quindi pure quello sfigato di Gandhi aveva ragione.

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