IN UN PAESE NORMALE, SAREBBERO LORO I FAMOSI, NON I MANESKIN – IL RITORNO DEGLI ANTENNAH (di Matteo Fais)
C’è stato un tempo, prima di questa brutta epidemia segnata dal virus dei Maneskin, in cui le band non erano create in laboratori dalle tante stanze segrete, come X Factor, e ingegnerizzate fino a riuscire a contaminare il mondo in una vera e propria guerra batterio-musico-logica. I ragazzi si ritrovavano in piccole salette, prese in affitto per qualche ora, a fare semplicemente musica, con la segreta speranza, in qualche modo, di riuscirci.
Si era alla fine degli anni ’90 e la scena, dopo lo tsunami grunge, risultava più viva che mai. In Italia, parallelamente alle major, esisteva un coraggiosissimo progetto noto come CPI (Consorzio Produttori Indipendenti) che rintracciava e pubblicava band emergenti – per intenderci, anche i Marlene Kuntz cominciarono seguendo questa via.
È così che vide la luce un album il quale, nel novero delle produzioni underground del periodo, continua a brillare come un diamante della musica italiana, della sua stupenda genuinità ormai perduta, Il nostro labile equilibrio. La band si chiamava Antennah e proveniva da una di quelle città ai confini dell’Impero, Cagliari, il capoluogo sardo. Grazie al cielo, malgrado tutto, non vi era in essa la benché minima volontà folcloristica, il suo orizzonte era già decisamente internazionale.
Oggi, dopo un secondo album dal titolo Love Has Many Faces del 2003 e un fermo biologico quasi ventennale, gli Antennah sono tornati, nella formazione originale, con un EP di 4 brani, Sparkle, disponibile da qualche giorno su tutte le principali piattaforme streaming e, ovviamente, in CD (disponibile su Bandcamp, con una grafica firmata da Chris Bigg, già a lavoro con 4AD, Pixies, David Sylvian, e Breeders).
L’impressione, a un primo ascolto, è che ci sia qualcosa di immensamente più pacato e placido nella loro musica precedentemente così ruvida e dalla consistenza avvolgente di una rumorosa fortezza sonora. A tratti, si percepisce quasi un eco dei migliori U2, quelli di The Joshua Tree, soprattutto nella voce sempre affascinante del cantante Tullio Cipriano e negli intrecci di suoni che la chitarra di Marco Mancini gli fa ruotare intorno senza mai appiattirla.
È bello questo nuovo respiro di grazia di una musica che riempie il cuore e lo fa respirare. Vi sono momenti in cui la melodia si apre, circonda, cinge amorevolmente, da conforto. C’è un sentimento grande che trova le note su cui innalzarsi.
La produzione, poi, è molto curata, con risultati che forse, decenni fa, non sarebbe stato altrettanto facile raggiungere dati i mezzi tutto sommato limitati. Purtroppo, è appena il caso di dirlo, il mercato non è con tutti altrettanto generoso e il pubblico risulta sempre più ottuso – valuta non le canzoni, ma i valori professati; la qualità del trucco sotto gli occhi più della virtù esecutiva.
Gli Antennah, comunque, sono sopravvissuti. Quando una passione non è motivata dalla mera smania al successo, non si smette mai veramente di portarla avanti. Adesso, resta l’attesa per il primo live del ritorno, dopo tanto tempo -SABATO 1 OTTOBRE 2022 (ore 22.00), al CUEVA ROCK di Quartucciu (Cagliari). Noi ragazzi degli anni ’90 abbiamo ancora bisogno di sognare.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.