INVECE DI COMMENTARE SU FACEBOOK, SCENDETE IN PIAZZA (di Matteo Fais)
Gli italiani ricordano quella ragazza eternamente indecisa che, però, a suo dire, ti ama, non può fare a meno di te, o sei tu o è il diluvio, ma non si decide mai a concretizzare questo suo presunto grande trasporto in una relazione stabile, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Fuor di metafora: le bollette aumentano e cresceranno ulteriormente. Loro pensano unicamente a lamentarsi su Facebook, tra un selfie al mare e la foto con gli amici al momento dell’aperitivo. Questi, se scoppia la guerra, poco ma sicuro, corrono presso le macerie solo per mettersi in posa.
Sono veramente insopportabili. Ci sono rincari? Bene, cazzo, allora scendiamo in strada. Ma non solo oggi. Oggi, domani, dopodomani. Fermiamo il Paese, facciamo casino, ma facciamo qualcosa. Questa indolenza, il costante senso di ineluttabilità tipico di colui che ha scoperto di avere una malattia ormai incurabile, è assurda!
Muovete il culo! La Storia non è mai decisa una volta per tutte. La Storia siamo noi, finché anche l’ultimo dei nostri resta in piedi. Dannazione, la democrazia è inutile perché gli italiani l’hanno resa un termine vuoto, un flatus vocis o, più che altro, un mero sospiro intestinale.
Bisogna adoperarsi, senza partiti, sindacati, organizzazioni di categoria – siamo italiani, prima che insegnanti, baristi o metalmeccanici. Dobbiamo agire all’unisono, non stare sotto una bandiera, se non quella del tricolore.
Alla fine, non dobbiamo fare altro che trovarci tutti insieme e contarci. Se non ci sono i numeri, non resta che arrendersi: evidentemente, la gente – quindi la democrazia – vuole questo stato di cose. Ma non si può continuare a sparare improperi contro il Sistema, se poi nessuno fa nulla. Quella è ginnastica facciale da bar dello sport.
Cominciamo a pensare alle cose serie, a occuparci del Paese intorno a noi. “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”: Kennedy aveva ragione.
Se la contingenza attuale non ci va bene, dobbiamo cercare di mutarla. Non dico fare la rivoluzione, ma imprimere una svolta è possibile. Basta esserci, avere i numeri. Se il malcontento si riduce a 1000 profili fake – quindi gente che non ha neppure il coraggio di metterci la faccia – che gridano alla dittatura per ogni cosa, non si va da nessuna parte.
La situazione è terribile e invivibile, questo è ovvio, ma non basta dirlo. Alla potenza deve seguire l’atto. La libertà non la si teorizza, la si realizza. Non correte a commentare chi la pensa come voi. Scendete in strada e fate vedere che ci siete, che opponete un no più grande e più forte del loro.
L’Italia è quel che è per colpa vostra, della vostra pigrizia e astenia etica. Ricordate quel film, 12 anni schiavo? Solomon Northup sa che la sua condizione, come quella dei suoi fratelli, è atroce, dunque fa di tutto per sfuggirvi e per rovesciarla, affrontando fatica e angoscia, senza mai venire meno ai suoi propositi. E, anche una volta che è riuscito almeno a salvare sé stesso, continua la battaglia per far abolire la schiavitù. Questo è il modo. Ma voi, lo volete davvero mettere in pratica?
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
La responsabilità delle bollette salate va addebitata anche a chi, come te, sostiene l’Ucraina. Ora citi Kennedy e auspichi balletti piazzaioli. Praticamente sei diventato un comunista veltroniano.