LAMP OF MURMUUR: IL GELIDO CANTO E LA TETRA SINFONIA (di Aldo Volpe)
“Anche il nostro universo simbolico scomparirà, andrà in frantumi e apparirà incomprensibile a occhi estranei”: così Jünger, nel suo Trattato del ribelle, sintetizzava il peso dei simboli, la sua capacità millenaria di illuminare i pensieri.
Come potremmo sintetizzare in un unico simbolo il mondo del black metal? Quale emblema può idealmente rendere icona l’essenza della fiamma nera intesa in musica? Forse i malefici fuochi della chiesa di Fantoft? Le fredde pugnalate del Conte per uccidere l’ex sodale Euronymous? La scritta black metal nella cripta dell’Helvete? I tormenti soffocati di Dead resi muti dal suo suicidio?
Potremmo considerare iconiche tutte queste immagini. Certo, però, nessuno potrebbe obiettare che, nei primi anni ’90, tra Oslo e Bergen, si sia sviluppato un incendio che si è propagato, poi, in tutta la Norvegia, fino a giungere, simultaneamente, nel resto dell’Europa e del mondo. I signori del caos facevano sul serio, nonostante la giovane età ed un certo senso di naturale irresponsabilità.
All’alba del trentennale della morte di Euronymous, il black metal è ormai diventato un fenomeno di massa, molte band sono divenute celebri, riuscendo a portare davanti a un palco anche migliaia di persone. E diversi dischi, seppur ammorbiditi da intenzioni più commerciali, almeno nei paesi della Scandinavia ed in Finlandia, hanno raggiunto i picchi delle classifiche.
Ma, l’essenza più oscura e intransigente, esiste ancora? Nonostante drastiche prese di posizione, vivono ancora oggi urla e coltellate che rimandano alle fredde camminate notturne dei Darkthrone, il sottomondo della musica del diavolo conta ancora adepti coperti di polvere che pensano e agiscono in antri bui e nascosti. Il mondo attuale è più veloce, immediato, ed è più facile entrare in contatto con simili entità e con le loro manifestazioni fisiche.
Possiamo partire dal Portogallo con il pontefice nero vestito del nome flagellante di Black Cilice, tra le ombrose foreste del Quebec, con i battaglieri Akitsa, o tra i meandri scorretti della innominabile sigla NSBM. Ma l’attenzione attuale è tutta per un doppio dei sulfurei e cupi Lamp of Murmuur, di stanza in un’assolata e atroce Los Angeles.
Remnants of a Bewildered Ache racchiude i quattro demo degli esordi, con l’eccezione del primissimo fosco aborto. Si tratta di una carrellata lancinante di black metal grezzo, furioso e trascinante di tetre manifestazioni psichiche. La messa in scena è primordiale come un urlo antico, ma non si abbandona ad un immaginario devoto, ad una rozzezza che spesso denota una incapacità tecnica. Sporchi sì, ma non come scusante di una pigra approssimazione sonora.
Una colata sulfurea, in due dischi, che si impone su partiture veloci di gelidi canti, sortilegi scultorei e cavernosi, debitori della prima ondata nera, tetre sinfonie di apparente calma cimiteriale. Stregoneria tradizionale che funziona sempre e piace a tutti, ma che trova ampio spazio strumentale e sonoro per non apparire scontata e prevedibile.
È un animale senza nome, questo album, feroce e con respiro sepolcrale di chi ha fame di sangue. Le trame dei Lamp of Murmur sono cesellate di fosche armonie come di efferati assalti all’arma bianca. Ci sono lampi di fredde staffilate chitarristiche e mormorii soffocati di anime irrequiete provenienti da una cella chiusa da secoli. La furia barbarica è stemperata da sofferenti canti di eterna liturgia, dal raptus gelido di un vampiro addomesticato, durante una messa nera officiata da uno spretato, con i segni di una impiccagione su un pallido collo di condannato a morte. L’immaginario della one man band californiana ha questi tratti, questi abiti, queste parole. Una rappresentazione vivida ed esangue in forma di suoni, rumori e grafiche.
La fiamma nera brilla ancora di ombre, mai solitaria nel candelabro della cripta dell’Helvette, ormai diventata un reticolo di antri e umide grotte. E questo è uno dei ceri più brucianti e soffocanti del controverso mondo del black metal.
Aldo Volpe
L’AUTORE
Aldo Volpe nasce a Massafra (Taranto), nel 1979. Inizia a scrivere sulla fanzine personale “Exoteric”, esattamente vent’anni fa, per affiancarsi come collaboratore delle ormai defunte webzine musicali “Suburbia” – poi divenuta “Kronic”. “Apocalyptic Folk”, “Ur Folk”, “Industrial”, “Noise” e “Power Electronics” sono i suoi territori d’azione. Dalla fine del 2006, parte l’avventura con Nil By Mouth, etichetta devota al solo formato analogico in cassetta, attraverso proposte harsh noise e power electronics.
Contatti: nilbymouthrec@gmail.com