HOARA BORSELLI E L’OSCENO ELOGIO DELLO SCHIAVISMO A RETI UNIFICATE (di Matteo Fais)
Realisticamente parlando, oggi, lo sfruttamento è inevitabile. Se vuoi mangiare primo, secondo e contorno, con 20 euro, cosa pretendi che accada? Credi forse che il titolare, per quella cifra, ci possa far scappare pure il pompino, sotto il tavolo, da parte della moglie? Eppure, i più avanzano la richiesta di pasti a prezzi ultra popolari, che neanche la Caritas riuscirebbe a rientrare nei costi.
Tutti coloro che, data la tassazione vigente, hanno di simili pretese, devono capire di favorire un regime delle retribuzioni di tipo schiavistico. Non si può pensare che uno investa 500 mila euro, o ne paghi 10 mila d’affitto, per un locale, per poi guadagnare quanto il suo dipendente, a meno che non si tratti di un pazzo o di un filantropo – la distinzione è minima.
Cionondimeno, se si va a chiedere un lavoro e un qualche inutile figlio di puttana prova ad approfittarne, come nel racconto di Hoara Borselli, che sostiene di aver lavorato a 15 anni, 4 ore al giorno, in cambio di un gelato e quando andava bene di un po’ di patatine – non ci credo neanche se lo vedo -, bisogna assolutamente recarsi sul posto, ma prima allertare la Finanza. Il punto è semplice: se uno cerca di fotterti, tu gliela devi tirare in culo senza alcuna pietà.
Il mondo non sarà mai un paradiso terrestre in cui regna l’armonia e l’idea marxista dei lavoratori che si uniscono per guarire la società da ogni sperequazione è un’idiozia poetica a cui credono solo i cretini – la distinzione tra marxisti e cretini è questione più di vocabolario che di realtà effettiva. Bisogna però evitare, per sé stessi e per gli altri, di accettare condizioni del lavoro al limite della schiavitù più oscena, quella dei negri deportati in America per secoli. Il titolare che adotta simili strategie deve vivere nel terrore di poter essere denunciato dal suo dipendente.
Tanto più che, diciamocelo chiaro e tondo, questa idea folle secondo cui, per fare il cameriere o per servire gelati, ci vorrebbe chissà quale “saggezza della mano”, come avrebbe detto Leroi-Gourhan, l’antropologo francese, parlando del sapere di popoli illetterati ma molto pratici, è patetica. Chiunque non sia spastico è in grado di svolgere di simili mansioni dopo due giorni di apprendistato. Anche perché servire pizze – sia detto senza offesa e con sano spirito di concretezza – non è come tradurre la Bibbia o costruire grattacieli.
In tutti i cosiddetti Paesi evoluti si è sviluppata questa strana convinzione secondo cui ogni attività, per essere praticata, richiederebbe una laurea o un diploma, un corso privato o statale. La qual cosa – è il caso che qualcuno urli finalmente questa verità – è una coglionata di proporzioni immani.
Corsi per estetista, diplomi all’Alberghiero per stare alla reception di un albergo o cucinare una pasta con le cozze sono follie che può accettare solo un popolo giunto a un’esaltazione tale della cultura da aver toccato i limiti della pazzia. Il 70 per cento dei mestieri richiede solo manualità e voglia di sporcarsi le mani. Si può essere, poi, più o meno bravi, ma salvo particolari tipi di attività, come quelle di muratori e falegnami, il resto delle ipotesi sono alla portata di ogni povero stronzo. Proprio per questo, le persone vanno pagate senza attendere neanche un minuto.
Lavorare un’estate gratuitamente, come racconta la Borselli, è da sfigati, una roba da pirla. Chi accetta questo merita il giogo, insieme a cento frustate al giorno. La cosa grida vendetta per ogni animale che possa dirsi razionale. Tutto ciò è possibile solo in un Paese in cui la Ferragni viene considerata un’imprenditrice – ancora non si capisce di cosa. Eppure, è tutto molto razionale in una simile prospettiva distorta: alcuni non vengono retribuiti per faticare, altri guadagnano milioni senza fare palesemente niente. Da manicomio!
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.