LA PASSIONE TRISTE DEL PUTINISMO (di Davide Cavaliere)
L’Italia è una nazione che ha conosciuto un impetuoso sviluppo economico e una crescita inaspettata del benessere materiale. Poi, per ragioni ascrivibili al mutamento degli assetti economici mondiali, la ricchezza ha iniziato a diminuire.
La classe dirigente non è stata in grado né di prevedere le crisi né di affrontarle per il meglio, limitandosi a opprimere fiscalmente i cittadini e a ridurre i servizi pubblici in modo confusionario. In tutto il Paese si è diffuso un clima d’insicurezza e sfiducia, esacerbato dalla recente pandemia. Questo ambiente marcio ha nutrito il velenoso parassita del «putinismo».
Come già scrissi una volta: l’ammirazione per Putin è l’urlo disperato di soggetti disorientati e irretiti da una falsa immagine di fermezza. Una specie di viagra psicologico. Le élite occidentali che, negli ultimi decenni, si sono disinteressate al destino delle classi medie e hanno deriso quel fondamento di una società libera, ordinata e responsabile che è la famiglia eterosessuale, hanno prodotto il «putinismo», questo amore per una Russia autocratica che affascina solo perché lontana.
Come ogni esotismo, anche la «putinlatria» può prosperare solo tra coloro che credono di vivere in un inferno in terra e, di conseguenza, smaniosi di celebrare qualunque modello alternativo di società. Guardando il vecchio duca di Laverdière, Madame Bovary non vide un anziano ormai incapace di reggere un cucchiaio, bensì l’immagine gloriosa e idealizzata dell’Ancien Régime. Allo stesso modo, i «putinisti» non vedono l’autocrate russo per quello che è, una mummia scampata al crollo del KGB, ma un grande leader carismatico.
La Russia è un’immensa area di tenebra, un luogo dove figure come quelle di Stalin e Andropov sono oggetto di un culto settario modellato e sostenuto dal Cremlino. Il «putinismo» è un’ideologia vuota, perseguitata da fantasmi trionfalistici, una passione triste che alcuni occidentali rivestono con abiti sontuosi. La Moscovia di Putin è una vecchia baldracca imbellettata e povera, che denuncia la perversione della «sgualdrina» occidentale per nascondere agli occhi del mondo il suo squallore.
Tutti quelli che hanno conosciuto la Russia, compresa quella attuale, non vedono l’ora di allontanarsi da lei e gli ucraini non fanno eccezione. Otto anni fa cacciarono un corrotto burocrate di formazione sovietica, Yanukovich, che avevano soprannominato «Yanushescu», per via delle sue ambizioni dinastiche, che ricordavano quelle del dittatore stalinista rumeno Nicolae Ceausescu.
Putin e la sua cerchia di ex agenti di medio livello del KGB sono autoritari, militaristi, intimidatori, avversi alla tolleranza e alla libertà. Disprezzano l’opposizione democratica (persone come Boris Nemtsov, Garry Kasparov e Aleksey Navalny) e diffidano profondamente delle iniziative dal basso, della società civile e del liberalismo occidentale. La Russia è un fogna poliziesca, praticamente l’Italia di Speranza all’ennesima potenza.
Se per la rinascita dell’Italia ci affidiamo a un sicario decrepito circondato da sciamani siberiani e mafiosi siamo davvero messi male. Rigettare l’ideologia bacata del «putinismo» è indispensabile per dare corpo a un movimento che non chieda di sostituire la democrazia con un altro regime, ma di rendere la sua realtà più vicina al suo ideale.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.