IL VITTIMISMO DEI FAMOSI (di Chiara Volpe)
Leggiamo sempre più spesso di personaggi famosi la cui infanzia e adolescenza sarebbe stata segnata da fenomeni di bullismo. Si pensi al caso di Miriam Leone che ha dovuto sopportare la derisione da parte dei suoi compagni di liceo per via delle sue folte sopracciglia; Jessica Gagen, la Miss Inghilterra che ora punta a diventare Miss Mondo, bullizzata per i suoi capelli rossi; o, ancora, Marianna Mammone, in arte BigMama, rapper apparsa sul palco del “concertone”, il primo maggio, icona del body positive, che con la musica fa la lotta ai prepotenti, come coloro che l’hanno presa in giro da bambina a causa dei suoi chili di troppo.
Tutti questi vip ci raccontano di un passato faticoso, della disperata ricerca di una rivalsa e una vendetta per quanto subito da piccoli, diventando automaticamente eroi che danno voce a chi si trova nella stessa situazione. Ma più che di vittime, si tratta di vittimisti.
Beatificare e manipolare le debolezze, ci ha condotti alla demonizzazione di tutto ciò che è talento, coraggio, sfida costruttiva. Esopo diceva che, coloro che non sanno superare delle difficoltà, accusano le circostanze. Quegli ostacoli che un tempo noi tutti abbiamo affrontato stoicamente, come una tappa obbligatoria di crescita, adesso diventano scudi difensivi e mezzi utili per poter catturare l’attenzione.
Trovando conforto e compiacendosi nel proprio lamento, distorcendo la realtà, delegando le proprie responsabilità per puro e astuto tornaconto, sfruttano tutta la visibilità che si ottiene. La falsa vittima gode nel demolire il proprio falso carnefice, acquisendo non pochi vantaggi.
Anche questa è violenza che pretende una legittimazione, in quanto cerca una giustificazione e soprattutto stimola l’aggressività di chi si rispecchia in modelli di questo genere, suggerendo che il benessere sia il premio di un fato benevolo, si costruisca sul piangersi addosso e non su alleanze scaturite prima di tutto da una lotta con se stessi.
Adagiati sul meccanismo che li celebra, più che costruirsi un mestiere che faccia leva sulle proprie attitudini, si sceglie la via semplice, che porta a vedere nelle disavventure veri e propri simulacri da adorare, nei protagonisti dei superstiti, che sfoggiano un malessere e lo offrono al pubblico. Che abbiano talento è secondario, quando non irrilevante.
Il merito inquinerebbe una sana resilienza, l’ascensione all’Olimpo dei martiri, tra gli astri che offuscano i veri disagiati, invisibili e incapaci di esprimersi. In questo clima di compatimento e commiserazione auto-narrati, il male diventa sostanza dell’identità e non punto d’appoggio. Nessuno ha più il coraggio di osare, meglio un comodo melodramma, nuovo marketing della sofferenza, garanzia di successo sicuro.
Una società di masochisti esibizionisti, speculatori nevrotici che investono ogni speranza sul senso di colpa altrui e si ergono a Titani del difetto. Insegnare a barare per essere più veri non aiuterà nessuno.
Chiara Volpe
L’AUTRICE
Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.
Bel pezzo , sempre non conformista e fuori dall’ipocrisia buonista.