SI DICHIARANO ANTILIBERALI, MA NON SANNO COSA SIA IL LIBERALISMO (di Davide Cavaliere)
Le idee liberali sono state volgarizzate dai neoliberisti, ossia da coloro che hanno tentato di sottomettere l’umano e la società alle leggi economiche. Eppure il liberalismo rimane la dottrina cardine per costruire una società aperta in senso popperiano, ovvero democratica.
Il liberalismo nasce in Europa come reazione alle guerre civili di religione e si è dato come obiettivo la costituzione di uno Stato neutrale e agnostico, di conseguenza rispettoso di tutte le opinioni e di tutte le fedi, in grado altresì di salvaguardare, al tempo stesso, il bisogno di autonomia dei cittadini e il bisogno di ordine proprio di ogni forma di regime politico.
La sua caratteristica principale consiste nell’essere un pensiero politico che, sin dalle sue origini, si è posto come problema quello di organizzare le libertà individuali all’interno di un sistema di regole vincolante per l’intera comunità.
Esso presuppone il rifiuto di ogni assolutismo e la relatività di tutte le opinioni. Nelle parole di Karl Popper: «La società aperta è aperta a più valori, a più visioni del mondo filosofiche e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione di problemi concreti e alla maggior quantità di critica. La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee e ideali differenti, e magari contrastanti».
In questa prospettiva, i valori liberali si affermano per mezzo di una scelta morale e politica. La democrazia liberale non è il prodotto spontaneo delle libere interazioni individuali, ma una costruzione. Uno scenario non sorprendente. Persino Hayek sostiene che «ogni uomo che non sia del tutto fatalista è un pianificatore, ogni atto politico è un atto di pianificazionismo».
Le riforme liberali imposte dai governi Thatcher e Reagan testimoniano l’elemento volontarista e costruttivista del liberalismo. La libertà individuale ed economica necessita della legge e dell’azione umana per affermarsi, non emerge teleologicamente.
Il già citato Hayek, le cui idee, come ha giustamente fatto notare George Soros, «sono state volgarizzate dai fondamentalisti del mercato dell’ultimo minuto», ha scritto che «l’atteggiamento di un liberale nei confronti della società è quello di un giardiniere che coltiva una pianta». Dunque: prudente e operativo.
Diventa così chiaro che la tesi secondo cui tutti i tentativi dei governi d’interferire sul funzionamento dei mercati riducono automaticamente la qualità della vita e la libertà è semplicemente falsa. Una critica portata avanti da notevoli economisti liberali ma non integralisti: Soros, Luttwak, Stiglitz, Rifkin, Sen, Krugman, Reich, Tofler, Wollman; ma anche da alcuni classici del pensiero liberale: Locke, Montesquieu, Hamilton, Constant, Tocqueville e Croce.
Il liberale Max Weber aveva osservato, ormai un secolo fa, che «quando il mercato è abbandonato alla sua automaticità, esso conosce soltanto la dignità della cosa e non della persona, non doveri di fratellanza e di pietà, non relazioni umane originarie di cui le comunità personali siano portatrici. Questi costituiscono altrettanti ostacoli al libero sviluppo della nuda società di mercato».
Insomma, la dottrina liberale non merita di essere ricondotta alle semplificazioni operate dai «fondamentalisti del mercato», teorici di un economicismo rozzo e volgare. Pur nascendo in seno al liberalismo, il neoliberismo è assolutamente illiberale. Sottoponendo i rapporti politici all’economia, si qualifica come profondamente antipolitico, mentre il liberalismo è fortemente politico.
La libertà dei liberali è concreta, calata nella realtà storica e sociale, non un’entità astratta che si realizza attraverso l’anarchia del mercato finanziario. Proprietà privata, libero scambio e concorrenza economica sono elementi indispensabili per produrre la base materiale necessaria al progresso sociale e morale, non sono dei fini.
La libertà, com’è chiaro alla maggioranza dei pensatori di questa scuola, non emerge automaticamente dallo smantellamento dello Stato. «Creare deliberatamente – scrive Hayek – un sistema in cui la concorrenza svolgerà un ruolo più possibile benefico». Il liberalismo non deve essere confuso con una specie di «religione economica». Esso è una dottrina non stazionaria, orientata ad ampliare la libertà individuale in armonia con la dimensione sociale propria della natura umana.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.