TANTI AUGURI A CICCIOBOMBA CANNONIERE PER I SUOI PRIMI DIECI ANNI DI LEADERSHIP (di Davide Cavaliere e Matteo Fais)
Ciccio bomba canottiere/ s’é seduto s’un bicchiere:/ il bicchiere s’è spaccato,
Ciccio bomba s’è cagato. (Filastrocca popolare)
“C’è un uomo che, non potendo governare sulla bellezza, ha deciso di eliminarla” (Reinaldo Arenas; Prima che sia notte).
Ecco cosa succede a non prenderli a schiaffoni, quando sono piccoli! Invece di starsene buoni, da bravi soggettoni – ruolo a cui sono geneticamente destinati e per cui sono naturalmente portati -, finiscono magari per fare i dittatori e rovinare il mondo, a causa della loro acrimonia da esserini inferiori sprovvisti di pistolino. A Pyongyang, infatti, si sono tenute le celebrazioni ufficiali per festeggiare i dieci anni di «leadership» di Kim Jong Un, il «rocketman» coreano, l’unico uomo che riuscirebbe a far sentire intelligente Paperino.
Per celebrare l’evento è stato esposto, per la prima volta, un suo ritratto ufficiale, realizzato sull’esempio di quelli dipinti per il padre Kim Jong-il e per il nonno Kim Il-sung. Una merda di crosta, bisogna riconoscerlo ma, del resto, non è che la deiezione in posa aiutasse.
La celebrazione si è svolta presso l’Assemblea popolare suprema, nella consueta cornice kitsch composta da uniformi gallonate, drappi rossi e patetico entusiasmo organizzato. C’è ben poco da festeggiare. Se non esistesse il regime cinese, la Corea del Nord sarebbe già fallita miseramente o si troverebbe ridotta a immenso bordello asiatico, un po’ come Cuba è il grande postribolo dei Caraibi. Agli umiliati dal marxismo, in tutte le sue permutazioni mondiali, di solito non resta che prostituirsi al capitalismo.
Kim Jong-un ha inaugurato l’era della sua direzione con una serie di epurazioni che hanno colpito anche alcuni parenti prossimi. E, per lanciare segnali di sfida all’estero, ha ripreso immediatamente sia i test nucleari che i lanci di missili balistici intercontinentali – capita che chi non se l’è mai visto, a causa del ventre prominente, ricorra agli armamenti bellici, tentando di superare la frustrazione con un’identificazione del tutto ingiustificata. Nel frattempo, ha cercato di mostrarsi come un leader moderno e più attento al tema dei diritti umani rispetto ai suoi ben noti predecessori, ma si tratta unicamente di una non tanto riuscita operazione commerciale, più o meno fallimentare come il modello di economia da lui proposto.
Tutto il mondo, nonostante Pyongyang continui a negarlo, è a conoscenza dell’arcipelago di campi di concentramento all’interno dei quali si lavora in condizioni disumane. Alcune testimonianze parlano di persone impiegate come bestie da soma per trainare carri e aratri. La mortalità in quei luoghi di supplizio è elevatissima, anche perché le punizioni fisiche sono talmente dure e frequenti da uccidere il detenuto in un lasso di tempo incredibilmente breve.
L’inferno concentrazionario nordcoreano è documentato da numerose immagini satellitari e da alcune testimonianze di sopravvissuti alla detenzione, come Kang Chol-hwan e Shin Dong-hyuk. Ma, se le condizioni dei reclusi sono spaventose, la restante parte della popolazione non se la passa certo meglio. La gente se la cava come può, perseguitata dalla polizia politica, il temuto Dipartimento di sicurezza dello Stato, e dallo spettro della carestia.
I nordcoreani soffrono di malnutrizione. Open Doors, un’associazione cristiana internazionale, riferisce di magazzini e fabbriche alimentari circondati da filo spinato e sorvegliati da guardie armate, con l’obiettivo d’impedire furti di cibo. Per un simile reato, si rischia la fucilazione immediata.
Nel 2017, un ufficiale dell’esercito, ossia un membro privilegiato del regime, riuscì a defezionare in Corea del Sud. Venne trovato dai medici sudcoreani così malnutrito e malridotto da diventare un caso per la stampa internazionale. In compenso, la povera mezzasega vaneggia di aver trovato un farmaco miracoloso per curare l’Aids, Ebola, oltre a diverse forme di cancro e anche la Mers – è chiaro che un pazzoide, messo al potere, non avrebbe potuto creare se non un manicomio intorno a sé.
Il totalitarismo nordcoreano è un incubo di inedia, censura e rischio nucleare. Si tratta di un Paese «spento», non solo per la quasi totale assenza d’illuminazione pubblica che fa della Corea del Nord un «buco nero», ma per il modello mortifero e sepolcrale che incarna. Una «mausoleocrazia» dinastica e misera che merita di finire nella spazzatura della Storia – senza offesa per la differenziata che, ogni giorno, diligentemente, depositiamo negli appositi cestini fuori da casa.
Ma la cosa più tragica e aberrante è che un simile personaggio, dalle fattezze ridicole di un cartone animato mal disegnato, in questo nostro mesto e tragico Occidente in piena decadenza, riscuote anche un certo credito e risulta avere un discreto appeal ideologico. Ogni disagiato dalla fascinazione facile per il marxismo o il post-marxismo, ogni rossobruno che perde i capelli e non trova un soldo di fica neppure su escortadvisor, si risolve a onorare quotidianamente l’immaginetta di quest’uomo debole, dalla forma di un feto abortito, che ce l’ha fatta.
Nel momento in cui la democrazia mostra tutti i suoi tristi limiti, a trionfare è proprio lo scarto più immondo e rivoltante. Osservatelo. Potete, senza troppa fantasia, immaginarvelo che torna a casa, scarta uno yogurt e, giocondo come un povero idiota – quale, peraltro, è -, si spara una sega rivedendo a ripetizione, su una capitalistica tv a schermo piatto, l’immagine delle sue ridicole truppe di piccoli eunuchi che marciano. Stucchevole!
E passi l’attrazione per la figura dell’uomo forte, ma questo scherzo della natura, la cui virilità è paragonabile a quella di un criceto castrato, risulta veramente ributtante. Almeno Putin trasmette un’immagine di mascolinità, il giovane Stalin era un fascinosissimo uomo, Fidel non ne parliamo e Mussolini sprizzava testosterone su tutti i colli fatali di Roma. Kim Jong Un sembra solo un adolescente giustamente vittima di bullismo. Il fatto che alcuni dei nostri giovani lo supportino e gli tributino tanto onore, non fa certo ben sperare. Se non fosse che fanno ridere a crepapelle, ci sarebbe da piangere. Poveri ragazzi!
Davide Cavaliere e Matteo Fais
GLI AUTORI
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais
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MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.