SE ARRIVA LA GUERRA, PER L’ITALIA È LA FINE, IL BARATRO ECONOMICO E SOCIALE (di Federico Epifani)
Le ultime azioni politiche di Stati Uniti e paesi europei, di forte compromissione delle relazioni diplomatiche col “nemico”, sembrano presagire o quantomeno aumentare la probabilità di un prossimo intervento della Nato nel conflitto in Ucraina. Abbastanza allineati alla linea governativa e atlantica, e a corollario di queste, anche i principali quotidiani nazionali, nelle loro aperture degli ultimi giorni, sembrano aver fatto la scelta di una impostazione mediatica volta a preparare il terreno per l’accettazione di un simile scenario da parte dell’opinione pubblica.
Allontanate considerevolmente, con gli ultimissimi sviluppi, le già remote possibilità di successo dei negoziati di pace nel breve termine, se non un allargamento del conflitto su scala mondiale, si potrebbe profilare un prolungamento della situazione bellica attuale nel lungo termine, a più o meno elevata intensità, con un coinvolgimento sempre maggiore del paese a livello politico ed economico, anche se non militare. In questo caso c’è la probabilità che nei prossimi mesi si pervenga a un nuovo stato di emergenza “energetica” o “economica”, con razionamento dei consumi, dei carburanti, delle utenze energetiche domestiche, e di misure limitative delle libertà individuali simili a quelle già sperimentate con le restrizioni pandemiche.
D’altronde le parole di Draghi non sono suscettibili di particolari interpretazioni: “Volete la pace o il condizionatore acceso?” Non ci sarebbero soluzioni intermedie. Un aut aut che starebbe a denotare una supposta impotenza oggettiva di fronte al male minore o maggiore da scegliere, ma che più probabilmente rivela solo l’impotenza o incapacità della politica nazionale governativa, appiattita ai dettami europei e prima ancora statunitensi.
Un po’ come nell’emergenza Covid, dove a sentir loro l’alternativa era fra gli arresti domiciliari e la polmonite interstiziale acuta, condita con i consueti ricatti morali colpevolizzanti per i quali, se le istituzioni non sono in grado di gestire le situazioni in funzione delle quali le istituzioni stesse esistono, sarebbe colpa del cittadino che osa rivendicare i diritti che gli appartengono, e che gli vengono sottratti senza troppi scrupoli e spiegazioni coerenti. Uno qualche domanda dovrebbe farsela, soprattutto se le emergenze alla base di queste “eccezioni” vengono a prolungarsi e riprodursi come funghi, dalle due settimane, ai due mesi, ai due anni, fino all’infinito e oltre.
Ma ora c’è la guerra, abbiate pazienza e fateli questi sacrifici, tanto ormai siamo abituati e temprati al punto che non ci accorgiamo nemmeno più che fino a due anni fa tutto questo lo avremmo descritto come un impensabile e impossibile delirio nordcoreano, e se ci avessero prefigurato un simile scenario lo avremmo ritenuto assolutamente inaccettabile, roba da teorie cospirazioniste fantapolitiche. Soprattutto tu, sentinello che da anni sbirreggi, frignando contro fantomatiche resurrezioni fasciste. E invece guardati ora come lo accetti entusiasta e scodinzolante, e ti occupi anche di fare il cane rabbioso – per conto di chi ti opprime – con quelli che hanno qualcosa da eccepire. In cambio ti danno quello che teoricamente sarebbe già tuo, del quale eri in legittimo possesso fino a due anni fa. Che fesso!
Ovviamente, qualche intralcio sussiste. Come hanno rivelato recenti sondaggi, la grande maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi all’Ucraina, contraria al coinvolgimento dell’Italia, e non vuole subire l’autolesionismo delle sanzioni. Parliamo di percentuali attorno al 70%. L’impostazione mediatica adottata potrebbe essere dunque finalizzata a far cambiare idea all’opinione pubblica, per convincerla che tutte le misure altamente impopolari – di impoverimento generalizzato e collettivo oltre che restrittive delle libertà individuali – che verranno adottate saranno per una giusta causa. Inutile dire che tutto questo porterebbe potenzialmente a un abisso dell’Italia e dell’intera Europa. Ma quanto è bello, nelle democrazie liberali, genuflettersi all’uomo non forte?
Federico Epifani
L’AUTORE