QUELLA STRANA AMBIGUITÀ DELL’OCCIDENTE RISPETTO ALLA RUSSIA (di Davide Cavaliere)
Il conflitto russo-ucraino è cominciato non per l’arroganza dell’Occidente, ma per la sua debolezza. Dall’implosione dell’Unione Sovietica, avvenuta trent’anni fa, Stati Uniti ed Europa hanno cercato fattivamente d’integrare la Russia nel mondo occidentale: assistenza economica, accordi finanziari, commercio, diplomazia. Il mondo occidentale evitò di criticare i due brutali interventi in Cecenia, che causarono la morte violenta di 150.000 persone, trasformarono la città di Groznyj nel luogo più distrutto del pianeta e produssero 200.000 profughi.
La seconda guerra cecena cominciò dopo l’esplosione di quattro appartamenti in due città russe. Attentati che causarono trecento vittime. Il Governo russo accusò i terroristi islamici ceceni, una ricostruzione che apparve poco convincente e divenne implausibile dopo che un gruppo di agenti segreti russi venne sorpreso a collocare un potente esplosivo nello scantinato di un ufficio a Ryazan. La loro versione dei fatti: «testavamo le misure di sicurezza».
Alla Russia fu permesso di partecipare ai vertici delle NATO. Nel 1993, con il benestare del presidente russo Boris Yeltsin, la Polonia avviò le procedure per entrare nell’Alleanza Atlantica; nel 1994 venne firmato il Partenariato per la pace tra Nato e Russia e, contemporaneamente, quest’ultima venne ammessa anche nel Consiglio d’Europa. Il 1997 fu l’anno dell’Atto istitutivo sulle relazioni reciproche, la cooperazione e la sicurezza, ossia una tabella di marcia per una più stretta cooperazione NATO-Russia.
Sebbene, nel 1998, la Russia avesse un’economia equiparabile a quella olandese, per motivi di cortesia Mosca venne invitata anche agli incontri annuali delle sette maggiori potenze industriali, il celebre G7.
Nel 2002 venne creato il Consiglio NATO-Russia, uno strumento diplomatico ad hoc per la collaborazione tra le due. Mentre nel 2004, sulla scia della suddetta normalizzazione filo-occidentale, sei paesi che un tempo erano stati satelliti di Mosca, Bulgaria, Romania, Estonia, Lituania, Lettonia, Slovenia e Slovacchia, entrarono nella NATO col benestare di Putin.
Nonostante queste aperture dell’Occidente, la Russia continuò a vendere armi e materiale atomico all’Iran, a sostenere l’organizzazione terroristica Hezbollah e nel 2003 si affiancò alla Francia nella difesa di Saddam Hussein.
Nel 2009, Obama abbandonò il progetto d’installazione di un sistema antimissilistico in Europa orientale voluto dal presidente Bush jr. Nello stesso anno, Obama volò a Mosca, incontrò Putin e lo rassicurò sulla cooperazione tra NATO e Russia. Il tutto avvenne nonostante l’annessione illegale dell’Ossezia del Sud a danno della Georgia operata dalla Russia nel 2008.
Quattro anni dopo, nel 2013, sempre Obama, invece di bombardare la Siria come aveva annunciato dopo l’uso di armi chimiche da parte del regime siriano di Bashar al-Assad, preferì affidarsi a Vladimir Putin, il quale all’epoca non si era ancora insediato in Siria, affinché garantisse la distruzione dell stockpile di armi chimiche siriano.
Nel 2014, la Russia annetté la Crimea. Washington e Unione Europea introdussero sanzioni-solletico nei confronti di Mosca e la NATO interruppe la sua cooperazione con il Cremlino.
Nel 2018, a Salisbury, l’ex spia russa Skripal’ e la figlia Julija, vennero avvelenati con del gas nervino da sicari riconducibili a Mosca. Sebbene Putin uccise nuovamente un suo nemico in territorio britannico, nel 2006 toccò ad Aleksandr Litvinenko, vennero emesse solo deboli sanzioni.
La Russia di Putin, pallida erede dell’Unione Sovietica, è stata blandita e vezzeggiata da un Occidente convinto che «mercato» e «diplomazia» fossero sufficienti per avviare un processo di democratizzazione. Ma la Russia è amica dell’Occidente solo quando è debole. In tanti, troppi, sono rimasti fermi ai bei tempi andati di Pratica di Mare, quelli delle strette di mano tra Putin e Bush, illuminate dal sorriso compiaciuto di Berlusconi. Ma l’autocrate russo, allora, si trovava a gestire una Russia ridotta ai minimi termini dall’implosione del sistema sovietico, per cui andava in giro col cappello in mano, come una mendicante, pur di rientrare tra i grandi della politica mondiale.
Mosca non ha mai dismesso le sua ambizioni imperiali. Non dimentichiamo che Putin ha definito la caduta dell’Unione Sovietica una «tragedia». Se riuscirà a vincere in Ucraina, ossia a trasformarla in un potentato russo simile alla Bielorussia, tenterà di fare lo stesso con Moldavia, Romania, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, usando i medesimi argomenti: «russofoni perseguitati» o «siamo minacciati da governi nazisti». L’obiettivo finale è l’Europa tutta, si tratta del disegno secolare russo di un accesso ai mari caldi e al know-how tecnologico franco-tedesco, infatti, a ben vedere, la propaganda del Cremlino è rivolta soprattutto all’Europa. L’Ucraina è solo l’innesco di un piano di più ampio respiro. È arrivato il momento di trattare la Russia per quello che è: un rivale, se non un vero e proprio nemico.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.