CARO FRANCO, MI SPIACE, MA L’AMERICA NON È ESATTAMENTE COME LA DESCRIVI TU (di Davide Cavaliere
Gli Stati Uniti d’America sono sulla bocca di tutti, ma ben pochi ne conoscono la reale storia. Non sono stati fondati da «ex galeotti», quella semmai è l’Australia, ma da minoranze religiose provenienti dalla vecchia Inghilterra: quaccheri, battisti, calvinisti e, ovviamente, cattolici. Quest’ultimi, giunti in terra americana, fondarono lo stato del Maryland.
I coloni non si caratterizzavano per la sete di ricchezza, la tesi weberiana secondo la quale «l’etica protestante è lo spirito del capitalismo» è sicuramente suggestiva, ma non è stata confermata da nessuno studio storico. I protestanti, infatti, e Calvino in particolare, erano ossessionati dalla necessità di allontanare Mammona dalla vita dei fedeli.
La peculiarità dei primi americani era la nozione di autogoverno, che sarebbe diventata la pietra angolare della politica statunitense, un’idea strettamente connessa a quella di libertà, anch’essa centrale per la storia americana.
Inoltre, è bene ricordarlo, avendo l’Inghilterra colonizzato solo l’attuale costa est, i pionieri non trovarono né bisonti da cacciare né grandi risorse naturali, ma solo una terra vergine e ostile.
La successiva espansione verso Ovest, animata da un’idea messianica nota come Destino Manifesto, è sempre stata affiancata, come ricorda Arthur Schlesinger nel suo capolavoro intitolato I cicli della storia americana, da una tendenza realista e pragmatica, vicina al pessimismo antropologico del Padri Fondatori, che attraverso lo studio di Atene e Roma si erano convinti della caducità di ogni repubblica, compresa quella americana. Da qui un «impellente senso della precarietà dell’esistenza nazionale».
Fatte queste necessarie precisazioni, caro Franco, devo dirti che non esiste alcun «potere occulto» negli Stati Uniti. Quello che tu chiami deep state, altro non sono che quelle burocrazie statali capaci d’influenzare le agende politiche dei governi. Si tratta di un fenomeno noto a ogni latitudine e attentamente analizzato dal grande sociologo francese, Michel Crozier. Nessun potere «nell’ombra», dunque, ma un sintomo peculiare dei grandi Stati moderni.
Ma arriviamo al punto caldo, ossia il cosiddetto «politicamente corretto», che non è un prodotto endogeno della cultura americana, bensì una metabolizzazione di teorie elaborate in Europa, segnatamente il neomarxismo della Scuola di Francoforte e la scuola francese di Derrida e Foucault. Insomma: per la crassa voluttà di essere antiamericani si ignora o per ignoranza o per malafede, che tutti i semi della «cancel culture» e dell’odio di sé sono stati importati in America dall’Europa.
Non a caso, gli iconoclasti di Black Lives Matter, Meetoo e i loro compari, si definiscono «progressives», ossia «progressisti» e, talvolta, persino «socialist». La torma barricadera che ha abbattuto le statue del Generale Lee si richiama, esplicitamente, a pensatori od organizzazioni marxiste e maoiste, anticolonialiste e terzomondiste. Il tentativo di fare «tabula rasa» del passato ha caratterizzato tutti i regimi comunisti. Basti pensare ai templi buddhisti di Lhasa fatti distruggere da Mao o al furore antireligioso di Lenin.
Il «politicamente corretto» è estraneo alla tradizione politica americana, anche se oggi ha negli States il suo centro propulsore. Non si tratta nemmeno di un fenomeno «pilotato» dal deep state, non solo perché questo non esiste nei termini di un «potere occulto», ma perché la sua diffusione è il risultato di processi e poteri eterogenei e convergenti, privi di una qualunque «regia».
Che dire, invece, del fatto che la Russia ha finanziato i movimenti ambientalisti anti-nucleare e anti-carbone, per favorire il gas metano, dunque la dipendenza energetica da Mosca? Gli ambientalisti non erano consapevoli di essere gli utili idioti del Cremlino, ma la strategia ha funzionato.
L’Occidente è sicuramente in difficoltà, preda di nemici intimi che operano pervertendo le nozioni di «libertà» e «uguaglianza», e questo favorisce i suoi nemici esterni: Cina, Islam radicale e Russia, ma non dobbiamo credere che tutto sia finito. È tempo che l’Europa e gli Stati Uniti applichino a sé stessi le umane disposizioni del perdono e della comprensione, rifiutando la demonizzazione della loro storia. Tempo addietro, sulla scia di quanto proposto da Alexandre Del Valle, feci mia l’idea «Panoccidentale», ossia un rilancio politico e militare dell’Alleanza Atlantica, una interruzione delle esportazioni di armi e tecnologie belliche ai Paese non occidentali e una nuova «cultural war» contro il progressismo.
Una via ostica, ma che merita di essere battuta, ben più convincente della litania «declinista», che favorisce proprio quel «politicamente corretto» che dice di rifiutare.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
Imbarazzante.
Infatti l’America è peggio di come la descrive Marino.