LA PROPAGANDA DEL CREMLINO (di Davide Cavaliere)
Per raccontare la storia del XX secolo si è dovuta coniare una nuova parola: «genocidio». Il termine indica la distruzione fisica e culturale di un gruppo etnico o religioso condotta con metodicità e scientificità. Del concetto di «genocidio» è stato fatto, nel corso del tempo, un uso intensivo e scorretto, che lo ha privato della sua intensione. Un fenomeno che ha accompagnato una riscrittura vittimistica della storia.
Innumerevoli popoli sono stati presentati come «vittime» di «genocidio»: i palestinesi, sebbene il loro numero sia aumentato dalla nascita dello Stato d’Israele; i kossovari;gli africani ridotti in schiavitù e persino gli afghani e gli iracheni durante l’occupazione americana.
Nelle ultime settimane, la Russia di Putin ha aggredito l’Ucraina chiamando in causa un presunto «genocidio» della popolazione russofona, che sarebbe compiuto dai sedicenti «neonazisti» ucraini. Quanti hanno dimestichezza con la storia recente, sanno che quella dell’Ucraina «nazista» e «antisemita» è una delle più antiche e logore narrative della propaganda russa.
Infatti, alle elezioni post-Maidan, ossia quelle seguite alla deposizione dell’autocrate Janukovič, tutta l’estrema destra ucraina messa assieme ha ottenuto il 2% dei voti dell’elettorato. Insomma, non riuscirebbero a compiere un genocidio nemmeno volendo. Nella più celebre tra queste formazioni, Pravyj Sektor, ossia Settore Destro, militano persino ucraini russofoni come Dmytro Yarosh, armeni ed ebrei.
Eminenti personalità ebraiche ucraine e appartenenti ad altre minoranze hanno pubblicato annunci su diversi giornali internazionali per smentire la presenza di un «giunta neonazisti» al potere dal 2014. Alle elezioni nazionali del 2019, le seconde dopo Euromaidan, vince Volodymyr Zelensky, con una piattaforma populista ed europeista. Zelensky, oltre a essere ebreo, è di madrelingua russa. Eppure, oggi, viene accusato di essere un «nazista» con intenti genocidari nei confronti dei russofoni.
Ma veniamo, più propriamente, al presunto «genocidio» della popolazione russa dell’Ucraina orientale. I russofoni non hanno mai subito persecuzioni in terra ucraina. Esiste persino un partito, fondato nel 1997, il Partito delle Regioni, che sostiene gli interessi degli ucraini di madrelingua russa. Dopo la secessione delle regioni di Donetsk, Luhansk e Charkiv, supportata dalla Russia con armi, denaro e militari dalle divise non contrassegnate, è scoppiato un conflitto tra Kiev e i separatisti, al quale ha fatto seguito una fuga di russofoni verso l’Ucraina, reputata più sicura di un territorio in mano a milizie armate foraggiate da Mosca.
Da allore, le principali emittenti del Cremlino, hanno avviato una martellante campagna propagandistica in merito all’inesistente «genocidio» dei russofoni, attraverso la sistematica diffusione di notizie false. Nessuna fonte terza ha sostenuto la tesi del genocidio. Amnesty International ha denunciato reciproche violazioni del diritto umanitario internazionale, attribuibili ai gruppi paramilitari che, entrambe le parti, hanno impiegato nel conflitto. Human Rights Watch e l’ONU, del cui consiglio di sicurezza la Russia è membro permanente, hanno denunciato uccisioni mirate, torture e rapimenti, effettuati principalmente dalle forze separatiste.
I missili lanciati dalle forze di Kiev, con l’obiettivo di colpire i paramilitari separatisti, hanno ucciso dei civili russofoni. Si tratta però di «effetti collaterali» della guerra e non di una deliberata volontà da parte dell’Ucraina di colpire civili inermi. Nessun genocidio dunque, né nulla che vi somigli.
Uno dei cavalli di battaglia degli agit-prop putiniani per ingannare l’Occidente sulla condizione dei russofoni è la strage di Odessa. Si tratta di un tragico episodio durante il quale morirono 48 persone. La Russia ha parlato fin da subito di un massacro deliberato compiuto dai soliti «neonazisti» ucraini, ma indagini indipendenti – Gruppo 2 maggio bipartisan; il Comitato consultivo internazionale del Consiglio d’Europa e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani – hanno rivelato una realtà ben diversa.
I primi scontri sono iniziati quando un nutrito gruppo di attivisti filorussi ha attaccato una marcia pacifica a sostegno dell’unità nazionale ucraina nella città di Odessa. Da quel momento, le armi sono state usate da entrambe le parti e sei persone sono decedute. Verso sera, gli attivisti filoucraini si sono diretti in Piazza Kulikove Pole con l’intenzione di distruggere una tendopoli allestita da attivisti filorussi. Questi ultimi hanno risposto con colpi di arma da fuoco e bottiglie molotov dal tetto e dalle finestre del palazzo del sindacato. Tutti i rapporti indipendenti concordano sul fatto che dal momento che le molotov sono state lanciate sia contro l’edificio sia dall’interno dell’edificio, sia da filorussi che da nazionalisti ucraini, è impossibile determinare la fonte dell’incendio che ha causato la morte di 42 attivisti filo-russi.
Insomma, il «genocidio» dei russofoni esiste solo nelle veline della propaganda pro-Cremlino.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-israeleToday”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.