TRENT’ANNI DI “LITTLE EARTHQUAKES”, IL PRIMO ALBUM DI TORI AMOS – QUANDO IL FEMMINISMO HA FATTO ANCHE COSE BUONE (di Matteo Fais)
Da non crederci! Parliamo di ogni minchiata che sia anche solo lontanamente associabile al femminismo e nessuno si è sentito in dovere di ricordare, sui giornali italiani, quel magnifico album uscito il 13 gennaio di trent’anni fa, nel 1992, Little Earthquakes, di Tori Amos.
Bella, stupenda, leggiadra, elegante e incantevole da causare un mancamento, con quei capelli ricci e ramati che la facevano apparire quasi circonfusa da un alone di fuoco. E quelle dita che si muovono convulse e sensualissime sul piano, mentre lei gli siede davanti scomposta, senza ritegno. Lo percuotono, lo abusano, gli cavano fuori una grazia mai sentita prima nella musica rock.
Secondo i produttori, nessuno avrebbe voluto ascoltare una ragazza che da sola si accompagna col piano, perciò la costrinsero a farsi affiancare da una band, anche se il suo concerto migliore resta quello al Montreux Jazz Festival, in cui si esibisce appunto da sola contro tutti insieme alle sue tastiere. L’atmosfera è magica, con la Amos che è il baricentro assoluto, la dea della musica al centro della scena e suona come sprofondata in uno strano turbamento erotico che lo spettatore osserva rapito, ma sapendo di non potervi mai penetrare fino in fondo.
Se quello è il periodo del grunge, che ha la sua cuspide nei Nirvana, e il punto di arresto dell’hard rock, con la conclusione della carriera artistica di band come gli AC/DC e i Guns n’ Roses, la cantante statunitense è quell’unicum che fa la differenza e in cui ogni differenza confluisce, dall’hard rock, al grunge, declinati con la sensibilità di una pianista che proviene dalla classica. Nessuno e nessuna è paragonabile a lei. Non Kate Bush, non Fiona Apple. Joni Mitchell è l’esempio di cantautrice forse più vicino, ma la Amos – Dio mi perdoni – ha quel qualcosa di più: un’abilità tecnica che si traduce a livello compositivo in canzoni maggiormente strutturate e incredibilmente stratificate nella loro semplicità in cui fanno da padroni il piano e la voce.
Certo, poi, Little Earthquakes è un disco che trasuda femminismo e una vocazione da riot girl a ogni nota (“So you can make me cum/ That doesn’t make you jesus”, “Il fatto che riesca a farmi venire/ Non fa di te Gesù”). Ma, quantomeno, qui c’è la sostanza, c’è una donna che ha un valore inestimabile ogni volta che emette un suono dalla bocca o sfiora la tastiera. Non parliamo di una povera sciacquetta che sale sul palco, mostra un po’ di culo e fa il segno della vagina, gridando “Girl Power”. Quelle sono donne che hanno solo la fica – un buco, insomma.
Pochissime – meno che mai delle femministe – sono riuscite a produrre qualcosa di così significativo per la musica. Tori Amos è uno dei vertici a livello mondiale, come Sarah Vaughan e Billie Holiday. Little Earthquakes è una di quelle esperienze che segnano uno spartiacque, che scuote i sensi, tutti, e non solo. Carne e spirito collidono e danzano. Non si può immaginare che una sola persona abbia dato vita a tanto. È successo pochissime volte nella storia e sicuramente quello della Amos è uno dei casi più originali.
Ascoltate l’album nella fantastica edizione Deluxe che contiene, tra le altre canzoni aggiunte, la sua incredibile cover proprio di Smells Like Teen Spirit, su cui in tanti si sono cimentati, ma mai proponendo una versione così peculiare e inconsueta, capace di sconvolgere ogni parametro, addirittura traslando il suono sporco del grunge sullo spazio terso e cristallino del pianoforte.
Anche se quasi nessuno lo cita, insieme ai dischi che segnarono una svolta nel panorama musicale anni ’90, da Ten dei Pearl Jam a Debut di Björk, passando per il Black Album dei Metallica e Nevermind dei Nirvana, è Little Earthquakes a spiccare in particolare, l’unico di cui, ancora oggi, persino ex post, venga da dire: non è proprio possibile.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.