Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL ROCK? PIÙ CHE LA MUSICA DEL DIAVOLO, È QUELLA DEL COXIDIOTA (di Davide Cavaliere e Matteo Fais)

Il rock è sempre stato la musica dei “ribelli” – categoria che, giustamente, il filosofo Jean Paul Sartre distingue da quella dei “rivoluzionari”. Mentre i primi possono tranquillamente essere dei borghesucci insofferenti che trasgrediscono le norme della loro classe di provenienza per poi rientrare nei ranghi e lasciare il mondo inalterato rispetto alla condizione in cui l’hanno trovato; i secondi mirano scientemente e con determinazione a rovesciare i rapporti di forza vigenti in società.

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Diffusosi nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, questo genere musicale ha accompagnato le rivolte studentesche contro la borghesia, per poi diramarsi in altri genere come il rock psichedelico, l’hard rock, l’heavy metal, il punk e via dicendo. I suoi ritmi triviali e scatenati sono stati la colonna sonora della liberazione sessuale, della diffusione delle droghe, dell’anarchismo e delle lotte libertarie contro il mondo ordinato dei padri. Ma, come spesso accade, i ribelli sono diventi notai.

Mentre in tutto il mondo, come un Panzer tedesco, avanza un totalitarismo sanitario e tecnico, il mondo della musica rock, nostrano e internazionale, si schiera con il nuovo potere medico. Gli ex «ribelli» sono diventati «ribellocrati», ossia burocrati della contestazione addestrati ad abbaiare contro nemici defunti: il clero, il fascismo, il razzismo.

I Metallica, che si sono spesso ispirati a H.P. Lovecraft per comporre i loro testi, solitamente farciti di moralismo «rockettaro» anarcoide antimilitarista, adesso impiegano «cani anti Covid» per fiutare i contagiati tra i membri del loro staff e i partecipanti ai concerti. Stessa cosa fanno i Tool, un gruppo rock che canta «Exorcise the malady Exorcise the disparate Poison for eternity Purge me and evacuate». Con questo brano, Fear Inoculum, intendevano invitare il pubblico a «non vivere nella paura».

Il chitarrista dei Queen, Brian May, ha criticato la decisione di Eric Clapton, felice eccezione, di non voler suonare per un pubblico di soli vaccinati. May «crede nella scienza», come un Mentana qualunque – dopotutto non gli mancano anche a lui i riccioli bianchi. Mentre Bono Vox, ammalato di umanitarismo, si lancia nella solita campagna di sensibilizzazione in favore della vaccinazione. 

Da noi, nella mesta repubblica delle infermiere «eroine», il monosillabico Vasco Rossi, provinciale «reginetto» del rock pizzaiolo, critica i non vaccinati accusandoli di «complottismo» (che novità) e afferrando di «credere nella scienza» (ovviamente). Per non parlare, ovviamente, di Piero Pelù, frontman dei redivivi e ormai prossimi al pensionamento – quello artistico è già arrivato da tempo – Litfiba. Un altro passato dal liberatorio “Dice che è proibito, che è proibito anche pensare/ Sogno proibito di qualcuno è castigare/ […] Dice che è proibito, che è proibito anche fumare”, al “meglio che sia proibito non farsi inoculare”. Pietoso.

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Non solo le rockstar, ma anche le riviste di musica si sono arruolate nelle truppe dello scientismo e del «covidismo». Rolling Stone Italia, un periodico indistinguibile da Repubblica, se non per il suo essere a misura dell’intelligenza poco sviluppata del bimbo minkia sinistro con i dreadlock, ha pubblicato una serie di annunci, fatti da alcune icone del rock, a sostegno della vaccinazione contro il Covid-19. Tutta gente passata dall’elogio velato della cocaina a quello del siero panacea di ogni male.

Insomma, dopo una vita trascorsa a sbraitare contro il potere e le «ipocrisie» della società, le rockstar si genuflettono all’ultimo idolo ancora in salute, la scienza. È sempre difficile sfidare un’autorità forte e rispettata, meglio continuare a sferrare colpi, più o meno musicali, all’ormai inesistente perbenismo conservatore.

Così facendo, il genere in questione ha ampiamente dimostrato la sua consustanzialità con l’universo capitalisticoprogressista della disciplina e del controllo. Non aveva forse tutti i torti il caro vecchio Adorno, dalla Scuola di Francoforte, che, aristocraticamente, respingeva ogni creazione musicale popolare, scorgendovi qualcosa di assolutamente alieno a una dimensione critica nei riguardi dell’esistente. Più prosasticamente parlando, si potrebbe dire che il rock di oggi è rivoluzionario in musica quanto il PD in politica. Insomma, aridatece Beethoven. “Ma amavano suonarlo anche i nazisti”… Evidentemente, hanno fatto anche cose buone.

Davide Cavaliere e Matteo Fais

GLI AUTORI

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”. 

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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