DAL GREEN PASS ALLE SERIE TELEVISIVE: TUTTE LE FORME DEL CONTROLLO (di Matteo Fais)
Woody Allen, in uno dei suoi ultimi film decenti, Basta che funzioni, fa dire a Boris, il protagonista: “I’m the only one who sees the whole picture. That’s what they mean by genius” (“Sono il solo ad avere una visione d’insieme. Ecco cosa vuol dire essere un genio”).
Questo è il punto: la maggior parte delle persone, anche chi appartiene al fronte del dissenso – per esempio, in merito al green pass –, non ha uno sguardo generale. È palese che non comprendono come il pass politico-sanitario sia solo un elemento – l’ennesimo – che fa capo alla cosiddetta società del controllo.
Giustamente, si potrebbe chiedere cosa sia questo tipo di società nel concreto, oltre la formula vaga e indefinita, molto fumosa. La società del controllo è un tipo di istituzione, oramai transnazionale, che contempla tutto l’universo occidentale, in cui vige un’attenzione capillare e mai spassionata verso il singolo, al fine di orientarne il pensiero e l’azione.
Se volete un esempio, potete prendere a modello l’organizzazione statale descritta in 1984 di Orwell. Però, fate attenzione, perché quel grande classico può trarre in inganno. Come ogni finzione narrativa, le situazioni in esso descritte sono estremizzate fino al grottesco, in modo tale da impattare in modo molto diretto sulla fantasia del lettore – senza dimenticare che il testo fa capo a un altro tempo infinitamente meno tecnologico del nostro e in cui la coercizione era ancora molto diffusa.
Il Sistema attuale, invece, è subdolo. Se nel romanzo il vocabolario veniva sistematicamente limato e ridotto, in modo molto esplicito, per limitare la capacità al ragionamento del popolo; oggi, la schwa viene introdotta con l’intento manifesto di aprire il linguaggio all’inclusività, mentre resta latente la reale volontà di controllo del pensiero e distruzione delle differenze sessuali in nome del gender fluid.
Ma gli esempio sarebbero infiniti. Pensate alle serie televisive. Recentemente è stata aggiunta una didascalia iniziale che segnala, qualora sia presente, l’uso di un linguaggio esplicito – potrebbe trattarsi anche di una sola parolaccia – o l’esistenza di scene in cui si consumano delle sigarette. Persino Get Back, la serie uscita su Disney Channel relativa all’ultimo periodo di vita dei Beatles, espone al principio questa avvertenza. Vi rendete conto? Neanche in illo tempore, in una società apparentemente molto più retrograda, la musica dei Fab Four fu sottoposta a un simile vaglio. Anzi, i 4 di Livepool erano proprio costruiti secondo un’immagine rassicurante, adatta a tenere a bada le ansie della borghesia dell’epoca. Ma, oggi, il Potere ambisce a sindacare anche sul consumo di certe sostanze – che, tra parentesi, è lui stesso a vendere. Non vuole semplicemente informare sui danni che il fumo potrebbe causare, ma condizionare al fine di far percepire le innocue sigarette di Lennon e McCartney, e di chiunque fumi come loro, quali atti socialmente pericolosi.
Qualcosa di molto simile, lo sapete, avviene anche per quel che riguarda la sessualità, da sempre ambito territorio di conquista della Politica. Il Sistema non si limita a permettere i gusti di ognuno. Non si può, per dire, semplicemente desiderare una ragazza grassa, con un culo e due tette così. No, devono piacere tutte le ragazze di quel tipo e guai a considerarle obese, perché così vuole la filosofia “di Stato” da loro veicolata del body positive, del curvy e via dicendo. Ma questa non è libertà del desiderio o libertà sessuale, bensì controllo sociale imposto da una certa visione femminista.
Similmente, sempre rimanendo sull’ambito sessuale, si vuole stabilire, come fondamentalmente ha fatto il me too denunciando certi tipi di approcci, che esiste un unico modo per avvicinare una donna e interagirvi sessualmente – un modo che rasenta la procedura burocratica sovietica, tra consensi informati e via delirando.
Il green pass, insomma, è solo uno dei tanti aspetti e, anche se dovesse venir meno, sarebbe unicamente per essere sostituito da qualche altro strumento di sorveglianza e condizionamento. Una società del genere, insomma, questo è fondamentale da comprendere, non si può riformare, si può solo abbattere.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.