E SE CI PORTASSERO VIA I NOSTRI FIGLI, PERCHÉ NON SIAMO “BENEDETTI”? (di Chiara Volpe)
In principio era il cinese. Scagionato e riabilitato alla velocità della luce, col sostegno di personaggi del calibro di Lucarelli, Scanzi o Zingaretti, che invitavano a mangiare involtini primavera, fare aperitivi anti-panico e star sereni perché “qui il virus non arriverà mai”, salvo poi beccarselo. Si è passati in fretta, di lì a breve, ad additare come untore il runner solitario. Un chilometro dopo l’altro, lungo sentieri o vicino a campi sportivi deserti, era lui il colpevole della diffusione accelerata del morbo.
Contemporaneamente, l’ira dei dottori del senso civico e della retorica a buon mercato, si convogliava anche verso il lettore o frequentatore perditempo di librerie e, soprattutto, verso il proprietario del cane, povera bestiola costretta all’incontinenza per creare un diversivo al canto dal balcone o alla video-call con amici e parenti.
Ecco, poi, arrivare il turno dei bambini, quei “maligni amplificatori biologici”, che si infettano in maniera innocua ma poi replicano un virus potenziato, con atroci conseguenze per il fisico di un adulto (per usare un’infelice espressione di una nota virostar). E allora mascherine, distanziamento, banchi singoli, nessuna festicciola, tutti chiusi in classe con le finestre aperte per la didattica in presenza e qualche mese con quella a distanza (Dad), che annulla l’interazione fisica tra compagni e docenti per sostituirla con contatti da remoto.
Ed è stato allora che abbiamo firmato la loro totale disconnessione dalla vita e l’apertura della caccia ai più piccoli. Sebbene gli infanti siano soprattutto asintomatici o, se si ammalano, toccati da sintomi lievi, a oggi si è giunti a considerare il Covid una malattia pediatrica e, da qui, la corsa alla vaccinazione dei più piccoli.
Ma quando si parla di dati che dovrebbero mettere in luce i famosi rischi-benefici, soprattutto sul lungo termine, al momento nulla è ancora noto. Invece di raccomandare cautela, si organizzano accoglienze festose negli hub, con pagliacci che consegnano un diploma come attestato di coraggio. Non si può chiedere solidarietà sociale ai bambini sulla base di assurdità.
Si leggono notizie agghiaccianti di madri che chiudono i figli positivi nel bagagliaio, per paura di essere contagiate; di coniugi che arrivano a parlare di divorzio perché non riescono a mettersi d’accordo sulla vaccinazione del figlio; di donne che rinchiudono in casa i bambini, per mesi, per paura del virus. E tutti questi odiano gli altri, coloro che hanno scelto diversamente per i propri figli, e decidono di troncare ogni rapporto, credendo di fare il bene.
Sapete cosa accadrà? A mio avviso, è ragionevole aver timore che presto basti un decreto, con quattro folli regolette, a stabilire l’incompatibilità tra genitori non vaccinati e figli minori. In un attimo, un giudice avrà la facoltà di separare madri, padri e figli. Non vi nascondo che io, da madre, ho sinceramente paura per il mio bambino.
Instillare un simile terrore, del resto, è sempre stata prassi vincente per chi sta al potere, un’arma per controllare e sottomettere l’intelligenza e la coscienza degli esseri umani. Il potere ha bisogno di persone angosciate, vulnerabili e corrotte come voi, capaci di rinunciare persino alla propria carne pur di salvaguardare l’incolumità sanitaria.
Accettare l’inaccettabile è come morire, ma doppiamente, perché si muore dentro e fuori. Non siete più padroni della vostra vita. Avete perso ogni aspetto umano se di fronte a una tale minaccia, che va oltre qualunque preoccupazione, avete ceduto. Adesso è il momento di lottare. Dobbiamo farlo per i nostri figli e per noi. È necessario muoverci, prima che passino a prenderli, uno alla volta.
Chiara Volpe