“CREPACUORE” DELLA LUCARELLI È UN LIBRO DI SELVAGGIA BANALITÀ (di Clara Carluccio)
Imprinting generazionale, dipendenze affettive e anguille migratorie, questo è quanto ci regala la Lucarelli con questa autobiografia sentimentale di selvaggia banalità: Crepacuore (Rizzoli). Più che un livre de chevet, un vero e proprio livre de cess, con titolo da medical drama. Il testo ripercorre, per il volgo, la via crucis che la Santa dei vaccini ha attraversato a causa di una relazione tossica.
Prima di addentrarsi nelle sue miserie amorose, l’autrice apre con un excursus sulla sua infanzia, denso di visioni tombali. Ci racconta, infatti, di come sia stata precocemente animata da pensieri decisamente inquietanti per la sua giovane età: “Avevo otto anni ed ero assolutamente convinta che un incidente nucleare mi avrebbe resa orfana.” Certo, le premonizioni non erano il suo forte. I presentimenti apocalittici, a ogni modo, non hanno mai risparmiato la bimba, irreversibilmente cresciuta con una costante sindrome da abbandono, da parte dei genitori, tra l’altro, mai avvenuto – a loro, tutta la nostra solidarietà.
La Lucarelli motiva la sua fobia con uno studio sulle anguille – non poteva scegliere un’altro animale? -, aprendo una preziosa parentesi di divulgazione scientifica in stile SuperQuark. Queste, ci spiega la scrittrice, dopo aver attraversato l’Oceano Atlantico, depositano le uova da qualche parte e poi muoiono. La prole, pur nascendo orfana, compie a ritroso lo stesso percorso della madre, fino al punto di partenza, grazie ad una memoria ancestrale. Lo stesso meccanismo inconscio avverrebbe anche nella specie umana. Per questo l’autrice teme di aver ripetuto gli stessi schemi comportamentali di sua madre e delle precedenti donne di famiglia, come quella che “voleva scrivere romanzi, è finita a fare la moglie” – pensate che bello se l’editoria godesse con maggior frequenza di simili fortune.
La Lucarelli passerà quindi la vita allontanando il più possibile lo spettro della famiglia tradizionale, dimostrando a sé stessa, e a sua madre, di essere una donna libera, forte e indipendente. Finché, un giorno, alla tenera età di 35 anni, con un figlio sul groppone, frutto di un precedente matrimonio, conosce un quarantenne scapolo, ricco e con un ruolo di spicco nel settore della comunicazione. Solo dopo esserci andata a convivere scopre che, il buon partito, ha anche dei difetti, essendo stato incapace di mantenere relazioni durature fino a quel momento. Qui inizia lo psicodramma.
L’uomo si dimostra rigido e maniacale. Non sopporta cambi di arredamento. Il cibo si consuma solo in cucina. Non sono ammessi soprammobili colorati – in quanto il design della casa prevede solo accostamenti di bianco, nero, e poco altro. Niente oggetti contundenti e niente giocattoli.
Data la personalità quanto meno bizzarra dello scapolone, è facile intuire l’irrefrenabile escalation di incomprensioni e litigi che nella coppia arriva a scatenarsi. La Lucarelli, vittima del fato, sviluppa un attaccamento verso il suo compagno che, nonostante l’incompatibilità, non le permette di lasciarlo.
Naturalmente, alla nostra non passa neppure per l’anticamera del cervello che, raggiunta una certa fascia di età, non si può pretendere la stessa simbiosi che si avrebbe in una coppia di fanciullini, cresciuti insieme a livello amoroso. La personalità si è formata in solitudine e, per quanto un altro individuo possa piacere, si inserisce comunque in una realtà consolidata in autonomia, che è quantomeno difficile mutare dall’oggi al domani, tra nevrosi e idiosincrasie maniacali fermentate nel tempo. La convivenza, in un’avanzata età sentimentale, è complicata per chiunque.
La diva di Ballando con le stelle perde peso, si sente immersa in un’atmosfera cupa, sadica e militaresca. Riferisce stanchezza cronica e stato confusionale. Le alterazioni psichiche le impediscono persino di vivere normalmente, ma Selvaggia non demorde e persiste nello stare con lui: “iniziai a rendermi pericolosa, soprattutto per me stessa. Guidavo male, piangendo, facendo continuamente piccoli incidenti”. Arriva a convincersi di essere malata e aver sviluppato una dipendenza affettiva, insomma, non si riconosce più. Si rivolge, addirittura, alla medicina omeopatica per curare ansia e angoscia – ma non era lei quella che “la sciiiieeeennzzzza”? Sinceramente, leggendo quelle pagine, chiunque di noi farebbe fatica a vedere la peperina – per essere gentili – che conosciamo. Certo, il fenomeno esiste, ed è fonte di sofferenza. Eppure, qualcosa non torna nel ruolo che, la bella capitona, vuole ostentare.
Nelle prime pagine del suo caro diario, la Lucarelli sottolinea più volte come abbia sempre messo fine lei stessa alle storie precedenti – incluso il suo matrimonio – anche con uomini per bene, adoranti e servizievoli: “Ho collezionato storie in cui avevo un ruolo dominante, in cui la mia fame d’attenzione e d’accudimento era continuamente soddisfatta da fidanzati pazienti e amorevoli […] Ero una discreta manipolatrice affettiva, ma non nascondevo chissà quali mire: desideravo solo che l’altro mi sfamasse. Sempre e continuamente.”
In pratica, la parac…, la furbacchiona, piange lacrime di alligatore per un errore che, prima o poi, capita a tutti nella vita: fissarsi con la persona sbagliata, aspettandosi ugualmente di avere il lieto fine. Speranza, illusione, negazione, paura, sono solo alcune delle dinamiche dell’animo umano che ci impediscono di essere razionali e responsabili. Per non parlare di eventuali scelte di comodo.
La celebre anguillidae scrive di essersi resa conto più volte che quel fobico del colore e delle briciole non faceva per lei, ma non si decideva a lasciarlo. Forse, non aveva subito pronto un’altro pirla con cui mettersi insieme? “E non le chiudevo mai quando sentivo che erano esaurite, ma solo quando ero certa di avere un nuovo approdo. In definitiva, quando trovavo qualcuno capace di sfamarmi con rinnovato entusiasmo, l’altro poteva rimanere pure col cucchiaio sospeso a mezz’aria: aveva esaurito la sua funzione.”
Insomma, non era il caso di scomodare anguille e dipendenze emozionali per il semplice capriccio di poter lasciare l’altro prima che ci lasci lui.
Ora, ti riconosciamo, dolce Selvaggia.
Clara Carluccio
Clara complimenti, hai evitato che buttassi soldi per un libro che poteva interessarmi più per capire le monchiate scritte… se hai stomaco potresti fare la stessa cosa con quello della ex ministra dei banchi a rotelle… ma so di chiedere troppo
Certo che noi poveracci che in vita mai ci sentimmo altro che scrittori… a veder certi soggetti imbracciare penna… prende un magone… ma un magone indescrivibile…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/
Ero curiosa di sapere qualcosa su questo libro. Grazie di aver esaudito il mio desiderio. Stride notevolmente che, col suo carattere “dolce”, si lamenti di aver vissuto un amore tossico in età matura.