SCRIVO DA UN PAESE CHE NON ESISTE PIÙ, UN PAESE RISORTO (di Matteo Fais)
Scrivo da un Paese che non esiste più, un Paese che sembra risorto, non l’Italia che conoscevo. E, cazzo, ce n’è voluto di tempo! Quanto abbiamo dovuto subire per arrivare finalmente a sollevare il capo e proferire un “no” che sembrasse qualcosa di più di un timido sussurro? A quanti falsi teatrini di protesta, guidati dai sindacai confederali, abbiamo dovuto assistere prima di capire che il popolo non aveva bisogno se non di sé stesso?
Ieri, l’Italia è stata invasa da una massa umana spaventosa. Prima della partenza del corteo, nella mia città, mi sono perso in una conversazione con un amico e, quando mi sono girato, ho visto dietro di me un fila impressionante. Qualcosa mi ha invaso il cuore, una strana sensazione di speranza. Non avete idea di quanto avessi aspettato quel momento, nei decenni passati.
Finalmente, qualcosa si muove, mi dico in questi giorni. Con colpevole ritardo, ma lo fa. Avrebbero dovuto schiodare il culo già da tempo, da quando è iniziata la sistematica distruzione della famiglia e del mondo del lavoro, ma pazienza, è andata così. Forse i tempi non erano maturi e forse non lo sono ancora del tutto. La massa è certo impreparata e ingenua. Molti, troppi, non hanno ancora capito che è grazie allo strapotere della Sinistra Progressista se ci troviamo in questa condizione.
Ma non importa. Ogni tanto è bello sognare, guardare la folla dietro di sé e pensare che qualcosa si sia svegliato come per magia, che un futuro diverso sia possibile. Quantomeno, il green pass ha portato persone incredibilmente diverse a unire le forze per un intento comune, la libertà, un concetto così vuoto e metafisico che ognuno può tranquillamente riempirlo come meglio credere. C’è chi vorrebbe tornare all’aperitivo giornaliero, senza doverlo pagare al prezzo di un vaccino sperimentale. Chi è così anarchico da risultare allergico a qualsivoglia imposizione governativa. Chi, poi, ama l’autorità, ma trova oscenamente stupida quella a cui dobbiamo sottostare oggi.
Molti vorrebbero semplicemente tornare alla normalità pre-covid. È appena il caso di dirlo che il periodo precedente non era migliore e conteneva già i prodromi di ciò che sarebbe stato, ma un simile discorso ci porterebbe troppo lontani. È comunque certo che il mondo di prima era da resettare, rivedere, cancellare, riscrivere da capo. Era il mondo che ha permesso la farsa pandemica.
A ogni modo, ieri anche a noi è toccata la nostra piccola porzione di gioia. Possiamo essere fieri di quanto fatto. Ma non finisce qui, questo è bene averlo presente. La lotta deve essere disciplinata e più severa, duratura. Oggi stesso, si ricomincia. La piazza va occupata anche sabato, fino a che non sarà rimosso l’odioso ricatto sanitario.
Non abbiamo scelta. Rimaniamo vigili. Abbiamo vinto una volta, ma possiamo ancora perdere miseramente. Se continuiamo è solo perché abbiamo una coscienza a cui rispondere. Quella è la prima cosa e sarà la sola a restarci, anche nel peggiore dei casi.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.