Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

ELODIE E IL DELIRIO DEL NUOVO FEMMINISMO (di Matteo Fais)

Non mi interessa dominare una donna, mi basta sapere che, il 90% delle volte in cui ho a che fare con una rappresentante del sesso opposto al mio, mi faccio due coglioni che la metà basta per ricostruire le fondamenta delle Torri Gemelle. Ciò anche perché quasi tutte sono in fondo femministe, oggigiorno, ovvero donne che condividono i deliranti valori di questo sistema economico-tecnologico, riprendendoli dalla classe attualmente dominante – la borghesia progressista – e poi accusando la società di non rispettarli. Credono davvero che una simile struttura politica internazionale non le voglia lavoratrici, fuori da casa, con dei soldi a disposizione da sperperare – povere ingenue.

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Ebbene sì, il mio principale problema col neo femminismo deriva dal fatto che esso si pone come movimento antagonista, quando in verità è consustanziale al Potere. Perché, diciamoci la verità, i cardini del femminismo – la donna libera ed emancipata – sono assolutamente in linea con quelli diffusi e pompati nel nostro cervello dalla propaganda, fin dalla più tenera età. 

Noi uomini, proprio come dice il personaggio del Fight Club, siamo stati cresciuti da decenni a questa parte solo da donne. Alle elementari, era una donna a stare alla lavagna. Al doposcuola, c’erano solo suore. Mia madre lavorava ed era sempre la prima a dover essere servita, in qualsiasi occasione, altrimenti ti pigliavi uno scapaccione. La maggior parte dei miei insegnanti, alle medie e alle superiori, era di sesso femminile. Similmente, è stato all’università. Persino i miei articoli contro le femministe – ma pure gli altri, in verità -, in massima parte, sono letti e commentati da donne. Ancora? Mi viene voglia di imbracciare il virilissimo fucile da caccia di Hemingway e sparare.

Mi sento circondato e, francamente, vorrei solo respirare in santa pace. Mi presto pure al teatrino: tengo loro le porte aperte, do la precedenza per strada – e, per una che ringrazia, duecento passano tranquillamente oltre, perché danno la cosa per scontata e dovuta.

Dopo tutto ciò, mi devo pure sorbire i pistolotti di Elodie e di tutta la pletora femminista. Non accendo mai la tv, meno che mai per guardare Le Iene, ma la sua foto con annesso messaggio femminista, alla stregua delle preghiere dietro le immaginete dei santi, è comparsa su tutti i giornali e non ho proprio potuto perdermelo, pur con tutta la buona volontà.

E cosa devo sentirmi dire: «Non devo e non posso spiegare niente a nessuno. Noi non dobbiamo mai sentirci in colpa. Noi non dobbiamo proteggere gli uomini perché gli uomini non sono i nostri figli e quando sbagliano è giusto che paghino». Ma sai che scoperta! Secondo la Legge, chiunque sbagli deve pagare, anche la madre che l’altro giorno ha ucciso il figlio e poi ha portato il cadavere ancora caldo dentro il market, per depositarlo sul nastro della cassa – una scena agghiacciante, da romanzo di Stephen King. Dovrebbe pagare, comunque, senza arrivare a questi estremi, anche la donna che finge di prendere la pillola, per lasciarsi mettere incinta da un pirla danaroso e poi farsi mantenere. Visto che per un mancato “consenso esplicito” – cioè per non aver detto a voce alta “sì, voglio scopare con te -, in Danimarca, si può finire in galera, perché non introdurre qualcosa di simile anche a difesa del maschio? Perché tu puoi violare la mia volontà dicendomi che prendi un farmaco anticoncezionale, quando non è vero?

Ma, a quanto pare, la libertà è un fattore che vale unicamente in modo unidirezionale nel commercio tra i sessi: «Mi fa incazzare vedere una ragazza che non può dire no o che si vergogna a farlo come se fosse troppo tardi per tornare indietro. Io sono libera di cambiare idea fino all’ultimo e dire “non mi va più”, oppure “ho sonno, sono stanca. Levati di torno”. O di darti un calcio nei coglioni, piuttosto che stare in silenzio». Per carità, tutto sacrosanto. Sei anche libera di pagare i conti, dopo una serata insieme, così da fugare qualsiasi dubbio di essere uscita con uno per scroccare la cena, facendogli giusto odorare la fica. A ogni buon conto, quante volte può capitare nella vita, a una donna, di trovare uno che, dopo un’uscita, vedendosi rifiutato, insista in modo petulante e molesto? Se la cosa accade di frequente, il mio consiglio è di scegliere meglio le proprie frequentazioni.

Ma forse siamo noi uomini che non capiamo tanta profondità, vedendo una ballerina discinta, perché, come dice lei: «Quando facevo la cubista, il mio corpo era il colore e l’immagine del locale. Onestamente, io mi divertivo tantissimo. Ma bastava un solo gesto o un solo sguardo per farmi sentire sbagliata. Sono passati tanti anni e non è che sia cambiato molto. Mi dicono: “Elodie, ma tu fai i balletti mezza nuda”. E allora? I corpi sono belli, ma fra ammirare un corpo e possederlo in mezzo c’è il consenso e il desiderio, che è fondamentale. Voi vi siete mai chiesti cosa desidera una donna?». Certo che ce lo siamo chiesti e supponiamo che siano i soldi, quando sale sul cubo di un locale. Vende la sua immagine, il sogno del suo corpo agli sguardi invadenti degli avventori. Insomma, sessualizza la sua carne sapendo che, così facendo, risulterà monetizzabile. Ma noi ci chiediamo se Elodie sia al corrente di quel che sostiene Sartre, ovvero che i vestiti servono per non essere ridotti alla propria oggettività e venire, invece, come scrive lui, considerati come coscienza. Banalmente, se io mi mostro nudo di fronte a una platea, non posso sperare di essere considerato per la mia conoscenza dell’opera di Carver. Il mio corpo susciterà attrazione o disgusto – quegli sguardi, cara Elodie, non sono evitabili.

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Ma la decolpevolizzazione di sé, nella nota cantante, non conosce limiti: «È capitato a tutte di sentirsi dire: “Vabbè, non devi per forza raccontare tutto al tuo uomo”. Perché? Cosa devo nascondere? Da cosa lo devo proteggere? Di cosa ha paura? Del mio passato? Delle mie esperienze che sono le stesse sue? Di conoscermi davvero? Molti uomini hanno questa paura e vogliono dominarci, controllarci e difenderci come se fossimo una loro proprietà. Io non voglio essere difesa, voglio essere compresa. Non voglio essere giudicata, voglio essere ascoltata. Perché quello che sono vale. Ci ho messo tanti anni ad essere quella che sono e sono orgogliosa di me». In sintesi, lei non vuole essere giudicata, in nessun caso. E perché mai dovrebbe godere di un simile salvacondotto che è negato alla totalità dell’umanità intera? Lei non deve dire? E che se lo tenga per sé. Ma io sarò libero di stabilire con chi mi va di andare e con chi no? Mi devono per forza piacere tutte, dalle vergini a quelle che hanno masticato più cazzi che zucchine? E secondo quale principio? Io non devo avere atteggiamenti violenti nei tuoi confronti, in relazione al tuo passato sessuale, ma questo non vuol dire che, se hai fatto l’ingoio a tutta la via, io ti debba prendere come mia legittima sposa. Siamo tutti liberi di fare e altrettanto liberi di giudicare finché ci limitiamo a pensare che qualcosa non ci va.

Purtroppo, Elodie e tutte le sue sorelle di lotta e di governo, questo è bene capirlo, non vogliono la parità tra uomini e donne, ma la remissione di qualsiasi peccato, a prescindere, per il loro sesso e la sottomissione del maschio alla loro morale del “faccio come cazzo mi pare”. Naturalmente, il Sistema le coccola perché, nel lasciare a loro le battaglie più sporche, queste allontanano tutto l’astio da esso, calamitandolo verso di sé. Io, comunque, avrei un’idea, per esempio mandarle a fare in culo.

Matteo Fais 

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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