VI SVELO UN SEGRETO: LE VOSTRE VITE, PRIMA DI FACEBOOK, INSTAGRAM E WHATSAPP, NON ERANO MIGLIORI (di Matteo Fais)
Ogni tanto, mi ritrovo a pensare all’azzardo che il Sistema ha compiuto creando i social network. È come se il ladro entrato in casa ti avesse messo in mano la sua pistola.
Con gli strumenti che abbiamo, potremmo mettere su la rivoluzione in un quarto d’ora. Mirabile! Prova ne sia che, se tutta Italia è riuscita a ritrovarsi in piazza per le manifestazioni anti green pass, è stato solo grazie all’esistenza dei social, da Telegram a Facebook.
Perché, non è vero che questi strumenti ci hanno rovinato la vita. Non si rovina niente che non sia già rovinato di suo. Io, grazie ai social, ho potuto conoscere gente con cui finalmente ho avvertito una sincera affinità, dopo decenni di straniante isolamento in mezzo alla folla dei mie conterranei, chiusi in interessi distantissimi dai miei – “intra una gente/ Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso/ Argomento di riso e di trastullo/ Son dottrina e saper”, dice il poeta, parlando del suo natio borgo selvaggio.
C’è una strana e molto ingenua idea di cosa sia una vita pura. Di solito, è concepita come lontana da qualsiasi luce della ribalta social, ma suona così naif da risultare imbarazzante. Prima che nascessero queste piattaforme, non eravamo meno soli o distanti dalla realtà naturale – tanto per fare un esempio. Non è che si passasse tutta la giornata a fare autoproduzione di frutta e verdura, immersi nel verde, o a parlare con chiunque svoltasse l’angolo della strada.
Questi sono falsi miti che, dato l’incedere a velocità supersonica della tecnologia, da almeno tre decenni a questa parte, porta anche i quarantenni-cinquantenni a vedere il loro passato alla stregua di un eldorado di felicità e autenticità, proprio come accade ai vecchi rincoglioniti. La situazione ricorda un po’ quella canzonetta di Kid Rock, di qualche anno fa, All Summer Long, quando lui descrive la sua adolescenza e dice “We didn’t have no internet/ But, man, I never will forget/ The way the moonlight shined upon her hair”. Il fatto è che non è per via dell’esistenza dello smartphone o di Facebook che non ci impressiona più “il modo in cui la luce della luna risplendeva sui suoi capelli”. Se è pur vero in certi casi che si stava meglio quando si stava peggio, questo principio non è comunque assoluto.
Molti filosofi, da Heidegger a Kaczynski, hanno sostenuto che la tecnica sottenda fondamentalmente una volontà di dominio. Il che è verissimo, per carità: il mitra, posto nelle mani della polizia legata a un regime oppressivo, diventa strumento di assoggettamento del popolo. Ma, se il popolo riesce a mettere le mani sui mitra, la situazione può facilmente ribaltarsi.
Facebook, in mano a dei rivoluzionari, questo bisogna chiarirlo, si rovescerebbe da strumento di anestetizzazione di massa a trampolino di lancio per la sovversione. Il problema, semmai, e che qui mancano i rivoluzionari, gli spiriti bellicosi animati dall’intento di smuovere le cose, mentre abbondano i postatori seriali di gattini e buongiornissimi.
La libertà si esercita sempre a partire da una condizione di partenza che ci è data. Viviamo in un mondo tecnologico e, per rovesciarlo, o quanto meno per opporci ad esso, dobbiamo per forza fare uso della sua stessa tecnologia. È assurdo pensare di adoperare bastoni e sassi, neanche fossimo alle soglie della Rivoluzione Francese.
Una persona sana di mente utilizza gli strumenti per arrivare alla gente, non ne è utilizzato. Il microfono dà voce a chi si rivolge alla piazza. Se poi uno lo usa per il puro gusto di sentire la sua voce amplificata, capite bene che il problema è lui. E, infatti, paradossalmente, Facebook è sia uno strumento sia una falla del Sistema: potremmo farne uso per i nostri scopi, ma ci lasciamo utilizzare da lui perché non abbiamo alcun tipo di intenzione che esuli dal culto onanistico di noi stessi.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Vediamo però che, Facebook oppure youtube, silenziano, anzi censurano, senza ritegno chiunque la pensi diversamente da loro. Certo, ci vuole intelligenza per comunicare attraverso i social le proprie idee senza per questo essere “scomunicati”, ma bisogna riflettere bene ,prendersi il tempo poi agire.