LANDINI, IL CRUMIRO CHE MOSTRAVA IL PASS AL PADRUN (di Matteo Fais)
Peggio del padrun, c’è solo l’operaio che va a sedersi alla sua tavola. Me lo vedo proprio Landini che arriva col suo volto sdegnoso, quell’espressione dura da chi è stanco delle vessazioni alla catena di montaggio, e, in principio, sembra anche rifiutare di bussare – “non cedere, non concedere niente al padrone” –, per poi accettare le carezzevoli e viscide lusinghe dei colletti bianchi e del Mega Direttore Galattico.
È facile, in effetti, immaginare uno così che viene invitato a pranzo dai vertici aziendali e si sente dire “Landini, lei sa parlare bene. Perché non fa da mediatore, per noi?”. Per un attimo, ancora un sussulto di coscienza lo attraversa: “Ma i compagni…”. “Suvvia, Landini, siamo uomini di mondo. Lei li chiama compagni, noi li chiamiamo i nostri cari sottoposti”.
Dentro di sé, uno così lo sa che sta per fare il salto che lo separa dal diventare il solito Fantozzi medioborghese. Il suo animo, però, scricchiola come uno di quei palazzi dove ha lavorato da ragazzino, come aiuto-muratore. “Ci pensi, caro Landini. Siederà al tavolo con noi e non più in mensa, dismetterà la tuta per indossare la giacca e la cravatta”.
È fatta. Oramai, è uno dei loro. Tra la lotta operaia e la lotta per la vita agiata ha già scelto. C’è voluto un minuto, ma è venuto facilmente a transazione con la sua cattiva coscienza. E così, ecco che adesso lo vediamo dire sì al vaccino e al green pass per tutti i lavoratori. “Però, oh, sia chiaro, al massimo li sospendete, ma non parliamo di licenziamenti”. Lui vuole comunque portare a casa il risultato che giustifichi il suo ruolo: tamponi gratuiti. Fa la voce grossa il Landini, che lui la lotta sa bene cos’è, anche adesso che è metalmeccanico vestito a festa. Ok, padrun, ti mostro il pass, ma dammi almeno il tampone. La rivoluzione no, il tampone sì. Il potere borghese non lo si abbatte, ci si negozia.
Un tempo, di fronte a casa di un simile individuo, i compagni avrebbero scritto, con vernice rossa, “Qui abita un crumiro”. Se non avesse recepito, sarebbero passati a incendiargli la macchina. E, se ancora avesse fatto finta di niente, sarebbero passati alle gambe, col rischio di colpire l’arteria femorale. Ciò, naturalmente, è sbagliato, sia chiaro, per quanto l’incazzo abbia ben più di una giustificazione.
Ma, del resto, nessuna persona sana di mente ha mai creduto nel sindacato, in personaggi grotteschi alla Landini. In verità, è ora che il popolo si liberi di tutta questa fetida cancrena di professori alla Burioni, archeologi dello scientismo, ciceroni delle terapie intensive e d’antiquarii della falsa lotta dura senza paura.
Tutta la politica e ciò che vi ruota intorno sono contro di noi. Non potevamo auspicare niente di meglio. Alla politica prestano fede solo i cretini, meglio la nostra nuova piazza.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Hai ragione Matteo. Solo i malsani di mente possono credere nell’opera pia dei sindacati. Del resto, feccia come i burioni di turno o i conte prima e i draghi adesso, senza dimenticare il grande speranza, fanno semplicemente schifo.
Venduti corrotti, vigliacchi.
Ma un giudice onesto c’è in questo paese del c….?