CITTADINI IN PIAZZA, SENZA PARTITI: È L’UNICA VIA (di Matteo Fais)
L’improvviso risveglio di una cittadinanza mortalmente assopita ha qualcosa di commovente. Molti di quelli che scendono in piazza, certo, sono anche pieni di stronzate, questo bisogna riconoscerlo. Io per primo ho sentito parlare di 5G, strane antenne puntate su di noi e magnetismo dato dal vaccino. Tant’è che mi sono avvicinato a uno degli organizzatori per sussurrargli nell’orecchio: “Queste sono cazzate al limite del delirio psichiatrico. Ci manca solo che paventiate il complotto alieno”.
Purtroppo, i compagni di manifestazione non si scelgono e, in mezzo alla folla, c’è spesso un po’ di tutto, dal professore al verduraio. Certo, ci vorrebbe una classe intellettuale a guidare queste dimostrazioni spontanee. Ma gli intellettuali, si sa, tendono a sclerotizzare, imbrigliare la forza più immediata e genuina. “Ridatemi il cervello che basta alle miei mani”, dice il bombarolo di De André, mentre loro ripeterebbero a pappagallo che “la questione va approfondita, sviscerata, vagliata”.
Sfortunatamente, buona parte delle persone colte non capisce che la vita non è una tesi di dottorato e non la si può affrontare come si appronta alla scrittura di un saggio secondo i parametri scientifici delle diverse materie. Il green pass ce lo stanno imponendo oggi e non possiamo fare fronte alla faccenda tra due anni. Bisogna dunque scendere per le strade e fare casino per bloccare questo provvedimento discriminante. Ben venga pure farlo con accanto il peggiore degli ignoranti.
Del resto, non mi interessa se uno comprende le ragioni profonde del mio disgusto per una norma liberticida, che è un obbligo ma senza conseguenze per il Governo. Mi basta che le persone sentano su di sé ciò che io razionalizzo in poche righe o in un tomo di duemila pagine. Il che, marxianamente, sarebbe come dire che l’operaio vive ogni giorno ciò che l’intellettuale cerca di comprendere e contrastare delineando la via per un possibile rovesciamento della situazione.
Quindi, sia lode alla piazza, ignorante e sporca, che puzza d’ascelle sotto il sole d’agosto. Perlomeno, non ci sono partiti in mezzo ai coglioni, ovvero organizzazioni di potere che incanalano la rabbia rendendola sterile come le consuete contrattazioni sindacali. Se gli organismi di rappresentanza si sono rivelati inutili, quando non dannosi – perché perversamente gestiti –, è alla massa che spetta di tornare a farsi sentire.
Nessun partito si vuole fare portabandiera della protesta? Bene, la condurremo autonomamente. Ci organizzeremo sui social, ci ritroveremo per appuntamento fisso. L’importante è non cedere, non perdere la voglia.
Noi non stiamo scioperando per fare il weekend lungo o per non entrare a scuola, ma per una questione capitale, irricevibile e irrimandabile. Il nostro non è un palcoscenico per leader farlocchi, o fantocci come la buonanima – si fa per dire – di Guglielmo Epifani e il suo epigono senza cravatta, Landini, gente che padroneggia magnificamente l’arte di non dire un cazzo con poetico afflato. Il nostro messaggio è forte, diretto, al di là di ogni retorica: no green pass.
Su questo punto non può e non deve esserci dialettica. Noi non vogliamo negoziare niente. Noi intendiamo imporre un cambio di rotta. Alle belle parole, contrapporremo le urla lungo la via principale. Fuori dalle palle chi tenta la scalata. Siamo noi, una massa disomogenea e amalgamata dalla rabbia.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.