PIÙ CHE UNA TRAGEDIA, MI PARE UNA BARZELLETTA (di Matteo Fais)
Un virus si aggira per l’Italia, il virus dell’illogicità più assoluta. Durante questa accidente di pandemia, ne abbiamo viste di ogni. Vi ricordate la folle regola secondo cui, entrando in un ristorante, si doveva indossare la mascherina per poi togliersela al da seduti? Come se il virus si arrestate vedendosi sbarrare la strada da un piattino di insalata di polpo e una bistecca al sangue. Se vogliamo, era più razionale l’idea, che mi descrisse un mio conoscente, di mangiare uno per volta, mentre gli altri sarebbero restati con la mascherina addosso.
Ogni giorno, stiamo assistendo allo stupro di ogni ragionevolezza da quasi due anni a questa parte. Gente che circola, sulla via deserta, alle 23.30, con la mascherina. Cosa penseranno, di trovarsi davanti il virus, come in quelle storie popolari sarde in cui il campagnolo, sulla via per la vigna, si imbatte nel demonio che ha il volto di un giovane ma gli zoccoli dell’asino al posto dei piedi? Da manicomio!
La cosa più bella, però, resta il fatto che, nei locali in cui viene richiesto il green pass, il personale non è tenuto ad averlo e a mostrarlo ai clienti. Quindi, per capirci, la madama potrebbe entrare e fare dei controlli chiedendomi il pass, ma non potrebbe fare altrettanto con chi nel locale lavora. Insomma, io dovrei vaccinarmi per tutelare la salute pubblica, se voglio mangiare una pizza, ma loro che la servono e la cucinano no. Mi ricorda la vicenda di quel tale che, nello studio del medico di famiglia, mentre questo stava fumando, si sentì dire di buttare la sigaretta perché fa male. Davvero, sembra una barzelletta!
Per non parlare della paranoia che c’è in giro, fin dal principio. Gente ferma a fumare, all’angolo della strada, che ti vede passare a dieci metri, sprovvisto di mascherina, e si tira su la sua. Ok, inali catrame e hai paura del virus, quando ogni giorno ci sono 458 morti di media a causa del cancro.
E, per concludere, vogliamo parlare dell’assistenza ospedaliera? Dieci ore per farmi mettere due punti in faccia. Entro grondando sangue da tutte le parti e l’infermiera cosa mi chiede: “Lei è vaccinato?”. Poi, magari si indigna se le rispondi “Scusi, ma che minchia c’entra il vaccino, adesso?”.
Non c’è niente da fare, quando la logica viene abbandonata il sonno di questa genera mostri. Che poi, avete notato che nessuno rivela la percentuale di morti di covid, rispetto alla popolazione italiana? Mi sentirei di scommettere che non arriva all’1 percento… Tu chiamala, se vuoi, pandemia.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Stasera sono in vena di commenti poi smetto giuro e mi rimetto a leggere e basta. Ma vorrei far notare che siccome in Israele i vaccinati che si ammalano creano un certo imbarazzo mondiale che stranamente non riescono a nascondere, sul Corriere della Sera c’è una spiegazione del perché sí i vaccinati si ammalano, ma al contempo sì il vaccino funziona benissimo. Un lunghissimo articolone che ci racconta un teorema di statistica per dimostrare e confermare il titolo del pezzo. Forse perché il teorema porta il nome di un matematico tale Simpson che chiaramente anche a me che sono laureato in Economia rimanda esclusivamente al grande Homer, ma la lettura della cosiddetta spiegazione mi è sembrata a tutti gli effetti una supercazzola degna di Tognazzi in “Amici Miei”! Ma dai…voglio vedere chi ha il coraggio di dare questa spiegazione ai vaccinati (magari controvoglia) che si sono ritrovati in ospedale.