NON SI PUÒ E NON SI DEVE PARLARE D’ALTRO (di Matteo Fais)
L’altro giorno, in manifestazione, è successo un episodio che mi ha fatto sorridere. Stavamo assiepati, tutti assembrati ad ascoltare gli organizzatori dell’evento anti green pass che parlavano al megafono. Una ragazza passava tra i vari capannelli di persone, distribuendo i volantini di una pizzeria. “Ragazzi, passate a trovarci. Noi non chiediamo nessun pass”.
Vedete, questa vicenda è sintomatica di un certo clima: tutta la nostra vita ruota ormai intorno alla questione covid e annessi. Che cazzo vuol dire che bisognerebbe parlare d’altro? La politica fa ogni cosa in ragione della presunta pandemia e il popolo è polarizzato come non mai. Non affrontare quotidianamente la situazione che stiamo vivendo sarebbe follia, sarebbe fare come il pazzo che va contro il muro perché dice a sé stesso che non esiste. Persino una pizza in compagnia, oggi come oggi, è una questione politica che non si può vivere a cuor leggero e con spensieratezza, visto che alcuni vorrebbero negarci anche questo misero diritto.
Il problema, in Italia, infatti, è che noi abbiamo sempre lasciato correre. Introducono la legge che istituzionalizza il già diffuso meccanismo del precariato e noi che si fa? Niente. Si continua come se non fosse successo alcunché. I vecchi pensano che tanto la questione non li riguarderà in prima istanza e che “ci sarà Dio anche per i miei figli”.
Questo è lassismo, ignavia, mancanza di senso etico e della comunità. Bisognava bloccare le strade, fare un troiaio, assaltare i palazzi. Bisognerebbe farlo anche oggi e a oltranza. Alla lotta si deve dedicare la vita, se si sceglie di accettarla e di non suicidarsi, non i ritagli di tempo.
L’Italia è nella merda grazie a tutti coloro che se ne sono sempre fottuti, che hanno fatto spallucce alla Storia. Invece, qui si fa l’Italia o si muore. Uno convinto che dovrebbero venirci a prendere, interdirci dai pubblici uffici, farci pagare le cure mediche o lasciarci in mezzo a una strada in quanto non vaccinati, è uno che la deve pagare. Bisogna spaccargli il grugno.
Qui non si parla più di dialettica democratica o di divergenza di opinioni. Questa è guerra civile. Bisogna capire che potremmo trovarci nella situazione di dover vendere cara la pelle e dare battaglia. Quando iniziano a dire che un bambino dovrebbe vedersi negato l’accesso a scuola, fosse pure figlio del peggior criminale al mondo, stanno delirando e diventando pericolosi. Io uno che sostiene cose simili non lo voglio come amico, conoscente, vicino di casa. Io gli tiro una sprangata, se si azzarda a proferire simili cazzate al mio cospetto.
Signori, qui non si scherza, anche perché non ce lo si può permettere. Dovete parlare solo del covid e di questo dannato green pass, della paranoia e dell’ossessione di quelli che si sono improvvisamente manifestati quali nostri nemici, della violazione delle nostre libertà. Tra dieci anni non ci sarà tempo. Il Grande Fratello lo si blocca sul nascere, non quando ha consolidato il suo regime.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Quanto hai ragione. Noi italiani siamo dei mollaccioni smidollati e dovremmo imparare dai francesi che sanno lottare e fare le rivoluzioni. Non ci pensano due volte e non sono pigri e sfigati come noi. Noi siamo un popolo che sciopera il venerdì per fare il weekend lungo ed è convinto di essere furbo. Questa idiozzia del Greenpass mi sta facendo ammalare, mi ha rovinato i rapporti con gli amici e i familiari, sta spaccando la coppia (nonostante la pensiamo esattamente allo stesso modo), mi sta rubando giorni e settimane che nessuno mi restituirà, mi fa scadere le persone che stimo, mi fa dubitare di me stesso anche là dove funzionavo, nel lavoro che ho svolto per anni bene, ma che adesso forse non fa più per me se queste sono le nuove regole. Un’azienda di proprietà, 500 dipendenti, una storia di oltre cent’anni e, da maggio 2020 (dopo la chiusura forzata dell’attività che mi ha tolto qualche anno di vita), un protocollo covid preparato prontamente e perfettamente funzionante che ha garantito ZERO CONTAGI all’interno dell’azienda e il normale funzionamento della stessa seppur con qualche regola, controllo e tanti costi in più (che nessun ristoro compenserà mai) . Adesso mi si impone di imporre il Greenpass nella mia (MIA!) azienda dove io stesso teoricamente non potrò più mangiare e se alzo la cresta stai pur certo che arrivano 3 pierini dell’asl (fidati è esattamente così) a tirarti fuori la violenza che hai saputo tenere sopita sempre e che in altri momenti è stata proprio quella calma a farti superare i problemi. Manca il rispetto. Delle persone della legge dell’intelligenza altrui.