IL RE È MORTO, VIVA ROBERTO CALASSO
Roberto Calasso appartiene alla schiera di coloro che, morendo, rendono il mondo meno ricco e profondo. Solo le recenti morti, avvenute lo scorso anno, dei rabbini Adin Steinsaltz e Jonathan Sacks possono essere paragonate a quella di Calasso. Quando defunge un grande intelletto, scompare un intero universo. Con il fondatore della Adelphi se ne vanno anche tutte le sue idee e le infinite connessioni tra queste. Il creato si fa più opaco, perché rischiarato da una mente brillante in meno.
Fanciullo prodigio di un’importante famiglia fiorentina, si racconta che a tredici anni avesse letto tutta la Recherche di Proust. Nel 1962, insieme al triestino Roberto Bazlen, detto Bobi, e a Luciano Foà, elabora il progetto di una nuova casa editrice. L’anno seguente nasce Adelphi, della quale è stato per vent’anni presidente.
La nuova casa editrice esordisce con un’impresa intellettuale unica: pubblicare l’opera omnia di Nietzsche, amabilmente e minuziosamente curata da Bazlen e da Giorgio Colli. Il dinamitardo di Röcken era, allora, emarginato dalla Sinistra culturale perché in odore di fascismo.
Calasso è stato un acerrimo nemico dell’egemonia marxista italiana incarnata dall’Einaudi e dalla Feltrinelli. Franco Fortini, critico letterario comunista, definì Adelphi come “un orrido scavo nella miniera dell’Impero austro-ungarico”.
Il catalogo della sua creatura editoriale, che spazia dall’immortale letteratura mitteleuropea (Roth, Kraus, Canetti, Kafka, Singer, Broch) alla mistica ebraica (Scholem e Idel su tutti); dal teatro giapponese fino all’esoterismo di Guénon e Gurdjieff, irritò non solo la Sinistra marxista arroccata al realismo, ma anche la Destra cattolica e radicale
Il complottista Maurizio Blondet collocò l’Adelphi, Calasso e il Sancta Sanctorum della casa editrice, al centro di una strategia di potere tesa a ripristinare antichi culti gnostici e preparare l’avvento dell’Anticristo.
Calasso possedeva un’erudizione terrificante, quasi inumana per la sua estensione. Aveva l’aspetto di un satiro cupo e sornione, i cui capelli si arroncigliavano ai bordi di una testa lunare, come una permanente corona di lauri. È facile figurarselo avviticchiato ai volumi della sua immensa biblioteca personale, come il serpente di un caduceo.
Calasso ha composto una serie enciclopedica di libri inclassificabili e tra loro in relazione, che inizia con La rovina di Kasch, nei quali esplora la relazione tra il mito e la nascita della coscienza moderna, riunendo un parnaso Baudelaire, Laforgue, Proust, Freud, Nietzsche, Bataille, Chopin, Benjamin, Kafka, Tiepolo, Wagner, i Veda e Hitchcock. La sua opera è una wunderkammer fantasmagorica e curiosa, onirica e mitica, dalla quale emergono, per subito inabissarsi, i temi della colpa, della grazia e del sacrificio.
Con Calasso, probabilmente, muore anche una delle più rigogliose stagioni dell’editoria italiana che, forse, sarà sommersa dal mercato, dal profitto, dalla supponente divulgazione scientifica e dai tanti, troppi, Simenon.
Davide Cavaliere