VERRANNO A PRENDERCI, STATE PRONTI (di Matteo Fais)
Non me ne frega più un cazzo – ecco lo spirito. Mi sono rotto di questo vivere borghese, silenzioso, defilato. Non si può, non più.
Figliuolo dice che vuole le liste dei non vaccinati? Gli facciano il mio nome. Gli mando anche un’email, se preferisce. Poi, può pure prendere la rincorsa da due chilometri e sbattermi la faccia in culo. Per stare sotto ricatto, meglio una cella buia, la carcerazione, il dileggio e l’oltraggio della pubblica opinione. Se mi impediranno di scrivere su computer, userò i muri di una cella, ma basta.
Poco fa mi ha chiamato un amico. Era decisamente in ansia, poveretto, per non dire che si stava cagando sotto. “Fratello, verranno a prenderci. Ma hai sentito? Ho paura, cazzo. Siamo alla resa dei conti. Cosa possiamo fare?”.
Io ero calmo, serafico – il mio solito tono distaccato che manda in bestia le donne. “Ascolta, qui bisogna capire che non possiamo continuare a fare come abbiamo sempre fatto. La maggioranza silenziosa va bene per un po’, finché è maggioranza diciamo. Non è più tempo. Dobbiamo impegnarci, essere pericolosi, rispondere col terrore incutendo paura. La piazza deve esplodere sotto i nostri passi. Lotta dura, senza paura. Se ci adegueremo, soccomberemo comunque. Tanto, possiamo solo perdere. Sta a noi decidere se farlo da uomini o da schiavi. A me, non frega una sega. Se muoio domani, pazienza”.
“Quindi, tu non ti vaccinerai, ne sei sicuro?”. “Neanche sotto tortura. Oramai, è questione di principio. Mi hanno fracassato i coglioni con le loro imposizioni. Questa puntura non la farei neppure se non avessi dubbi sulle sue conseguenze. La rifiuto, in difesa della libertà. Se devo morire – cosa che, comunque, sarà –, preferisco farlo da malato libero che da sano in catene. Ma l’importante è capire che dobbiamo unirci, se vogliamo far rispettare i nostri diritti”.
Lui mi diceva che, anche in Francia, dove, comunque, la gente è scesa in piazza, Macron non è tornato indietro. Pazienza, ho risposto io, la libertà è un qualcosa che potrebbe costarci la vita, una questione che ci mette alla prova. La proibizione ti costringe a dimostrare quanto tieni realmente alla tua libertà.
In Italia, abbiamo troppi conti in sospeso, l’uno con l’altro, da tempi immemorabili. Dai comuni, forse. Non possiamo continuare facendo finta che non ci siano. Europa, DDL Zan: è pieno di questioni irrisolvibili, se non con una lotta finale all’ultimo sangue. O vinciamo e gli facciamo il culo, o perdiamo e ce lo fanno loro. Inutile tergiversare.
Cazzo, svegliamoci, i progressisti ci stanno annientando con le loro stronzate. Tra un po’, non potremo più parlare o scrivere liberamente. Avanti così, poi, ci troveremo a dover girare con un marchio visibile a indicazione del fatto che non siamo vaccinati. Non so voi, ma io non ho niente da perdere. Se verranno a cercarmi, sarà la guerra.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Un parte di me odia tutto questo, lo trova tremendamente ingiusto e frutto di un’inconsapevolezza a dir poco animalesca.
C’è però un’altra parte di me che mi consiglia di stare zitto e lasciarli fare, non per codardia, bensì perché così facendo stanno dividendo l’umanità in due, da una parte i pazzi egoisti dominati dalla paura di morire, e dall’altra quelli più sani di mente di cui io mi pregio di far parte.
Ancora è presto per dire se ci stanno facendo un torto o un favore.