ARANZULLA CI INSEGNA LE BASI DELL’ECONOMIA (di Franco Marino)
Salvatore Aranzulla non l’ho mai conosciuto personalmente. Nè, essendo un informatico, ho mai avuto bisogno di bignamini che mi spiegassero come si cancella un virus dal pc, cosa sia un mouse e simili. Dunque non ho mai letto una riga del suo famosissimo blog. Anche perchè verso il giovane blogger siciliano nutro quella latente diffidenza che istintivamente scatta verso chiunque venga consacrato dal mainstream, perchè penso sempre – soprattutto in questi anni – che per farvi parte si debba recitare una sorta di autodichiarazione massonica del tipo “Prometto di essere fedele al dio politicamente, pandemicamente e omosessualmente corretto”. E’ un pregiudizio ma sono un essere umano e gli uomini sono fatti anche di pregiudizi.
Questo non significa che si debba dargli torto quando non ne ha.
La polemica è sorta perchè ha pubblicato un annuncio di lavoro nel quale cerca redattori che pubblichino schede tecniche per il suo blog. A far scattare le truppe cammellate dell’indignazione multimediale è stato il compenso: circa cinque euro ciascuna. Una cifra che ha provocato la furia delle masse, con Twitter che, sparando il suo nome nelle tendenze, ha contribuito a riversargli i due minuti d’odio quotidiani.
Ma al di là del dato di colore, la domanda è: il compenso richiesto da Aranzulla è troppo basso?
Un’impresa prospera se guadagna più di quanto spende. In questo senso, Aranzulla è il primo di una lunghissima schiera di blog che si dividono un mercato ricco ma non infinito. Se il giovanotto ha deciso di offrire questo compenso, ciò significa una serie di banali cose: A) Esiste un sacco di gente disposta a fare ciò che chiede per quella cifra. B) non esistono blog che offrono di più, viceversa la proposta di Aranzulla rimarrebbe inascoltata.
Tutte cose che sa chiunque frequenti quel mondo.
Aranzulla non è un benefattore. E’ un imprenditore il cui scopo è fare profitti e guadagnare grazie al lavoro del suo staff. Ma anche i suoi collaboratori non sono benefattori. Sono professionisti il cui scopo è guadagnare grazie alla macchina imprenditoriale messa in piedi da Aranzulla. Pretendere che il capo si sveni o casomai vada in banca a contrarre prestiti per mandare avanti un blog significa alterare le regole del mercato.
E’ un problema che come informatico, sia capo di web agency, sia dipendente di altre web agency, mi sono dovuto trovare ad affrontare più volte. Sul forum di html.it, per anni punto di riferimento principale di noi informatici (prima che Upwork, Freelancer, Elance e simili comparissero nel mercato) chiunque frequentasse la sezione dedicata agli annunci di ricerca di professionisti, aveva modo di assistere alla snervante polemica giornaliera che sorgeva tra programmatori nullafacenti e clienti idioti che pretendevano di farsi fare un sito a soli 100 euro, casomai senza anticipi.
Perchè dico programmatori nullafacenti e clienti idioti? Perchè qualsiasi persona intelligente quantomeno immagina che un professionista serio non si muova sulla base di compensi da fame, specialmente per fare siti e app di un certo livello. E qualsiasi professionista serio sa benissimo che un cliente ha a disposizione un budget. Dunque, tanto il lavoratore che pretende di interferire con l’andamento del mercato, quanto il cliente che pretende che gli si realizzi un social come Facebook a cento euro (sic! E’ accaduto anche questo) sono destinati a rompersi il muso.
Per quanto mi riguarda, ogni qualvolta che formulo un preventivo, stabilisco un tariffario orario che si basa sia su una serie di fattori: sulla mia disponibilità di tempo effettiva, sulla deadline richiesta dal cliente – se mi dà sei mesi per finire il lavoro, ciò avrà un costo, se mi dà sei giorni ne avrà un altro – nonchè sul mio portfolio che, in base alla qualità e alla quantità, determina se io sia un professionista di pregio oppure no. Soprattutto, anche solo per aprire l’editor e iniziare a lavorare, chiedo un anticipo del 30-40%. Se il cliente mi dice di no perchè trova qualcuno di meglio, che gli esegua il lavoro in tempi molto stretti, ha tutto il diritto di cercarlo. Se ne trova tanti, se gli svolgono un lavoro migliore, io dovrò inevitabilmente abbassare il mio tariffario. Se non lo trova o trova qualcuno che si fotte l’anticipo e sparisce – prassi normalissima nel mondo dell’informatica e non ci si illuda che denunciarlo serva a qualcosa – e dunque ritorna da me, dopo aver perso centinaia di euro, sarà in quel momento che si convincerà che è giusto spendere per avere la qualità richiesta. Senza che ci sia un garante o un’autorità che stabilisca quanto io debba pagare.
Analogamente, come cliente, quando ho bisogno io che qualcuno lavori per me, stabilisco un budget che origina da una serie di fattori: disponibilità di programmatori, tariffa oraria media. Se pretendo di pagare troppo poco e qualcuno mi frega, sarà in quel momento che capirò di dover alzare il budget.
E la cosa si adatta anche ad altri ambiti. Il governo non può imporre al figlio di un anziano malato che per assumere un badante debba consumare più della metà della pensione del padre.
Prezzi, costi, salari, parcelle non rispondono a criteri etici ma puramente mercatistici, su cui ogni intervento ottiene solo il risultato di rendere infernale la vita a tutti gli attori del mercato.
Aranzulla ha tutto il diritto di offrire il compenso che ritiene più equo. I potenziali collaboratori hanno tutto il diritto di rifiutare.
In un paese normale, la polemica non sarebbe nata. Ma siamo in Italia, dove il PIL crolla e il debito sale.
Il che significa che non si conoscono le regole non dico dell’economia ma manco quelle della matematica.
FRANCO MARINO