L’EDITORIALE – IL VACCINO E IL SENSO CIVICO (di Matteo Fais)
“Sei un uomo senza senso civico”: così mi ha detto, l’altro giorno, un’amica. Il motivo? Non mi voglio vaccinare.
Eh sì, lo ammetto, non ho proprio alcun senso della comunità. Del resto, vorrei sapere perché dovrei curarmi di questa strana entità metafisica che di me se ne fotte amabilmente. Voglio dire, il mio medico non apre da quando ha avuto inizio la pandemia. È pensionato, ma continua a lavorare, invece di lasciare un po’ di spazio a un giovane – eppure, mica è una vecchia con 400 euro di reversibilità che, in necessità, si trova a dover lavare le scale al nero. È single, non ha figli, ma è molto spaventato. Si ritirasse, allora, dico io. Macché, manco per sogno! Intanto, io, per qualunque problema, non posso farmi visitare. Dovrei descrivergli i sintomi al telefono. Se il suo è senso civico, beh, io ne sono sprovvisto.
Per non parlare di tutti questi improvvisi scopritori dell’etica pubblica. Mi domando come mai costoro, sempre attenti a far del bene a sé stessi per farlo anche agli altri, non si interroghino su quanto inquinamento producono – attenzione, quando leggete la parola inquinamento, dovete fare subito l’equazione inquinamento uguale cancro. Vanno a comprarsi le sigarette e, per muoversi, usano la macchina. Quel fumo di merda dei loro veicoli, lo respiro anche io. Grazie a esso – e per le sigarette vendute dallo Stato –, mia madre è morta di tumore ai polmoni.
Gli stessi moralizzatori a social unificati, poi, vanno al market e indossano tre guanti per comprare tre arance che, per essere portate a casa, vengono chiuse in una busta di plastica. In alternativa, neanche si sprecano a imbustarle loro. Le acquistano in una confezione con base in cartone e rivestimento esterno multistrato in cellophan. Direte voi che, dopo, andrà tutto riciclato. Sì, ma per riciclare bisogna trattare quindi inquinare. Insomma, idem con patate: io sono costretto a respirare lo schifo perché voi dovete mangiare solo frutta igienicamente perfetta, raccolta da un immigrato che vive in una baraccopoli vicino ai campi. Cazzo, complimenti vivissimi per il vostro senso civico.
A ogni buon conto, devo confessare che se vaccinarsi vuol dire dimostrare la propria responsabilità, io farò l’irresponsabile. Insomma, farò esattamente come coloro che da mesi decantano la panacea di tutti i mali. Prima ci hanno detto che era tutto sicuro al mille per mille. Poi, è venuto fuori che proprio così sicuro non era, vedi il caso AstraZeneca. Similmente, in principio, hanno stigmatizzato chiunque parlasse di virus ingegnerizzato, mentre adesso l’ipotesi sembra più che plausibile. Uno scienziato serio, se non ha certezze, non le deve millantare e, se non sa, deve sospendere il giudizio. Se si pretende che io sia responsabile, si deve sapere che altrettanto pretenderò io da tutti gli altri.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.