COMBATTERE I BULLI SOLO QUANDO FA COMODO (di Franco Marino)
Quando si parla del bullismo, la prima immagine che sgorga nella mente è che sia roba di ragazzini. Si immagina una scena abbastanza stereotipica: un giovine muscolare e aggressivo che ne vessa uno meno muscolare e meno aggressivo. Oppure una gang che se la prende con un minorato di qualsiasi tipo. E già uno stereotipo di tal guisa è il chiaro segnale che del bullismo si ha un’idea assai poco chiara.
Ma a questo contribuiscono i media che sono sempre pronti a farne una sorta di resa dei conti tra giovani. Sotto la lente di ingrandimento dei social è giunta la storia del piccolo Matteo il ragazzo autistico insultato e preso a uova da un gruppetto di bulli. Una storia – purtroppo – ordinaria.
Come di solito accade in questi casi, i tre bulli si sono presi i loro due minuti di odio. Tanto comprensibili quanto inutili. Il povero ragazzo autistico si è preso il suo quarto d’ora di celebrità. Tanto comprensibile quanto inutile. Perchè il bullismo è ben lontano dall’essere capito nella sua reale essenza.
La definizione di bullismo, in sè, è agevole. Un gruppo di persone individua chi, non sempre per qualità negative, si rivela un corpo estraneo e decide di estraniarlo in vari modi che si riconducono a due radici: la violenza fisica o psicologica. Tutto ciò è qualcosa di tipicamente umano e dunque inestirpabile. In qualsiasi gruppo sociale c’è il bullismo perchè, in sè, è un meccanismo di difesa. Se qualcuno, spiccando per la natura individuale della sua persona o per dei difetti psicofisici, rende identificabile e dunque bersagliabile un gruppo sociale, sorgeranno spontanei meccanismi di ostracismo che allontaneranno l’elemento che non si integrerà pienamente. E’ la natura umana che funziona così. E in generale di tutti gli animali sociali.
Naturalmente, in una società dove non si vive di sussistenza, non è necessario dover a tutti i costi fare gruppo per sopravvivere. E la differenza tra la giungla e uno stato di diritto è che quest’ultimo rappresenta il gruppo sociale superiore a tutti gli altri. Dove questa preminenza viene meno, ecco che il bullismo dilaga.
Se, per esempio, si desse ad un preside la possibilità di espellere con facilità il bullo da una scuola, il fenomeno verrebbe molto mitigato. Ma maestri e professori hanno poche armi, specialmente in realtà sociali delicate, per ricondurre a miti consigli il potenziale bullo. Per giunta, oggi bocciare qualcuno è quasi proibito.
La società stessa incoraggia mediaticamente il bullismo. Il conformismo, che specie in questi anni ha assunto pieghe imbarazzanti, palesando sovente pulsioni autoritarie, si dipana esso stesso su logiche tipiche del bullismo. Come, a tal proposito, dimenticare gli insulti e le provocazioni di cui viene fatto oggetto ogni giorno qualsiasi figura mediatica che, per un motivo o per l’altro, va contro il messaggio del potere dominante? Come non vedere che i social network mentre scattano sull’attenti ad ogni parola fuori posto rivolta ad una categoria, fanno passare in cavalleria ogni insulto e provocazione rivolto al singolo? E cos’è la tutela della persona in base all’appartenenza ad una categoria se non una logica chiaramente bullesca? Cosa sono le shitstorm scatenate sui social ad ogni opinione fuori dal coro se non una manifestazione di bullismo?
Bullo non è solo l’adolescente pervaso dai primi furori testosteronici ma anche il popolarissimo opinion leader che, facendosi forza dei propri numeri, mortifica chiunque entri nel proprio mirino. In questo, applaudito da decine di migliaia di gregari.
Combattere questo triste fenomeno riducendolo ad una dinamica sociale tipicamente giovanile significa non averne colto la reale essenza. Il bullismo esiste perchè siamo una società senza princìpi. Dove il rispetto della persona non è regolato dal rispetto di diritti umani universali ma dall’appartenenza a questa o quella parrocchia. Di vicende come, per esempio, quella del giovane Seid Visin, giovane calciatore milanista, suicidatosi per razzismo (ma pare che non sia vero) ne accadono ogni giorno. Ma la notizia viene strombazzata sui media (oltretutto manipolata in base alle esigenze narrative) solo perchè la vittima è nera. E cos’è questo se non bullismo?
La realtà è che oggi questo triste fenomeno è entrato nell’agenda della politica per fini che non hanno nulla a che vedere con la volontà di combatterlo. Perchè una società immune dal bullismo insegna che siamo tutti meritevoli di rispetto, quale che sia il nostro patrimonio valoriale e culturale. E che se qualcuno cerca di discriminare il suo prossimo, c’è un diritto che interverrà a difendere tutti. Non solo la Boldrini che si vedesse rivolto un insulto sessista ma anche la Meloni e Salvini contro cui viene rivolto qualsiasi insulto. Nel silenzio generale.
Solo che mentre il Matteo leader della Lega perlomeno può consolarsi sapendo di essere amato da qualche milione di persone, il Matteo autistico tra qualche ora finirà nel dimenticatoio, casomai dopo che qualcuno avrà tagliato i fondi agli insegnanti di sostegno. E’ anche questo bullismo.
Ma nessuno ha interesse a dirlo. Perchè il giorno in cui si decidesse di guardare in faccia il problema, scopriremmo che di bulli ve ne sono molti di più di quanti crediamo.
A volte persino tra i paladini dell’antibullismo.
FRANCO MARINO
Concordo con il tuo pensiero..
Sono i media per primi, a fare bullismo..terrorizzando le persone, in combutta con il sistema,.
Quando tutto il mainstram si è schierato contro Trump era bullismo, quando hanno preso per folle Luc Montagner era bullismo, quando i media hanno preso di mira medici critici con le linee guida OMS era bullismo.
Il problema è che nonostante tutto ciò sia evidente, non ci sono mai “mea culpa”, scuse, rettifiche e cambi di rotta. Allo stesso modo dei bulli, tacciono ignorando l’accaduto… perseverando nel diritto di arroganza acquisito e conferito da governo, e ordine dei giornalisti.