L’EDITORIALE – LA CANCEL CULTURE È PEGGIO DEL ROGO DEI LIBRI (di Matteo Fais)
Una delle balle più grosse mai inculcate nella mente dei giovani, durante il percorso formativo, è che la storia sia maestra di vita. Essa, in vero, non fornisce se non ragguagli su ciò che è stato – quando li fornisce, perché spesso è una ricostruzione fantasiosa condita di fiction e creata ad arte dai vincitori per giustificare la loro presenza sullo scranno più alto. Una cosa, poi, è certa: da lungo tempo, essa non si ripete più.
I riferimenti a fascismo, nazismo e comunismo, per dire, oggi come oggi, sono del tutto inutili. Simili declinazioni del Potere non potrebbero ulteriormente ripresentarsi nella stessa forma, più o meno come sarebbe impossibile che si ripeta una battaglia quale quella avvenuta alle Termopili tra l’esercito persiano e i trecento opliti spartani.
Il Potere, fino almeno a una certa porzione del ’900, è stato fondamentalmente segnato dall’uso della forza e della coercizione, diretta emanazione di un uomo solo o di un elite al comando dei diversi organismi di controllo. Da allora, oramai, tale sistema è scomparso. Il Potere si è ritirato nell’ombra. Nessuna sa chi siano i trenta tiranni alla guida del mondo, così come non si vede più alcuna esibizione muscolare dal balcone di Palazzo Venezia, per non parlare delle parate con i militari dell’Armata Rossa che marciano sull’immensa piazza a dimostrazione dell’infinita potenza numerica su cui si reggeva il regime sovietico.
Da un certo momento in poi, il Potere ha smesso di avere un volto e di presentarsi in quel modo che, rivisto con gli occhi del presente, risulta vagamente grottesco ed esagerato. Basta divise, esso veste casual. Basta sguardi torvi, discorsi gridati e parole come benzina sul fuoco della piazza. Oggi si twitta, si parla pacatamente e con toni politicamente corretti, ci si espone con moderazione. Insomma, diciamocelo chiaro e tondo – nessuno si offenda, tra i nostalgici –, ma i dittatori del passato erano dei dilettanti nella peggiore delle ipotesi, o degli uomini del loro tempo per dirla in modo più neutrale.
Per questo, a ripensarci adesso, si potrebbe quasi desiderare di ritrovarsi nella Germania Nazista, o nella Russia Comunista, tra roghi di libri ed epurazioni, invece che nel nostro correttissimo mondo occidentale, tra i deliri della cancel culture. Almeno in passato, era tutto chiaro: gli scritti degli intellettuali dissidenti dovevano bruciare. Tutti, nessuno escluso. O eri con loro o eri contro di loro.
Oggi, non si sa chi sarà il prossimo. Non è neppure palese che cosa sia da condannare o cosa no. Un testo di un antischiavista come Mark Twain può essere riscritto per emendarlo della pericolosissima parola “negro”. Un autore, come è accaduto a Gabriel Matzneff, in Francia, si è viso ritirare l’opera dalle librerie per una relazione avuta con una quattordicenne, trent’anni prima. E parliamo di uno scrittore non certo di simpatie reazionarie. E tanto per non farci mancare niente, una libraia, l’altro giorno, ha fieramente rivendicato di non voler vendere la biografia di Giorgia Meloni nel suo negozio.
Almeno quando si facevano i roghi, era tutto chiaro: ogni testo di ebrei e comunisti non doveva avere libertà di circolazione. Invece, oggi, un invasato si sveglia e twitta che quel libro, quel film, quel quadro non dovrebbe più esistere, perché contiene degli stereotipi. Naturalmente, colui che sostiene ciò non è nessuno, di solito – ed è proprio ciò a creare il problema. Non c’è un Hitler con cui prendersela, ma un individuo qualunque che può scatenare effetti a catena che neppure il capo del Nazionalsocialismo. Peraltro, solitamente, l’uomo qualunque non si rende conto di essere in buona parte manipolato da un potere più alto che lo guida e ne incanala la furia iconoclasta per i suoi scopi.
No, la storia non si ripete perché ha preso un corso completamente inedito. Alla vistosità del rogo ordinato dal Führer, si è ovviato a suon di cinguettii web in cui si può chiedere il boicottaggio dell’opera di Joanne Rowling, l’autrice di Harry Potter, per una dichiarazione non gradita alla comunità LGBT. Non ci saranno pestaggi e persecuzioni fisiche, fuoco e tentativi di espatrio, ma il risultato sarà il medesimo, solo 2.0.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Beato te che credi che non ci saranno pestaggi e persecuzioni fisiche.
Il trattamento usato verso manifestanti anti lock down in Germania, Francia, Israele e Italia , sono solo alcuni esempi, unitamente a trattamenti sanitari imposti per esigenza ideologica più che sanitaria, dimostrano che stanno per arrivare anche quelli. D’altra parte le “civili” manifestazioni antirazziste in USA non hanno previsto pestaggi, persecuzioni e linciaggi? ( tutto documentato sul web, basta cercarlo). A meno di non considerare queste manifestazioni dei casi isolati di abuso di potere o di “cattiveria” individuale ( sarebbe bello lo fosse) è chiaro che la storia non insegna nulla a chi preferisce pensare ad altro durante la lezione. Il fatto poi che la storia sia scritta dai vincitori è la prima lezione non l’ultima.