L’EDITORIALE – CHECCO ZALONE, IL GENIO DELLA PROPAGANDA DI REGIME (di Matteo Fais)
L’uomo è certo divertente, spassoso e figlio di buona donna. Ci sa fare, questo bisogna riconoscerglielo. La sua ironia è fresca e leggera. Lo è talmente tanto che dovrebbe dare da pensare. Chi piace a tutti, a destra, a sinistra, di sopra e di sotto, è solitamente il più pericoloso.
Sia ben chiaro, tutti i comici sono affiliati e diretta emanazione di un qualche potere. Tendenzialmente, nessuno che la spunti, in Italia, ha le spalle scoperte ed è privo di qualcuno che, da dietro, lo spinga in avanti. Poi, per carità, la genialità non manca. Lo Stivale, a livello artistico – e quindi anche per ciò che riguarda la comicità – è pieno di venduti, ma ciò non significa che chi ha comprato non abbia comprato bene, con oculatezza e scegliendo il prodotto migliore. Luttazzi, per dire, a suo tempo, era superlativo, affilato come un pugnale da guerra e bruciante come una secchiata d’acido in piena faccia.
Ma Luttazzi, i Guzzanti, Gene Gnocchi e company avevano un’appartenenza troppo palese. Erano sinistri persino quando facevano finta di criticare la Sinistra. Zalone, invece, è quello da cui bisogna realmente guardarsi come genericamente si fa con qualsiasi persona che non assume mai posizioni chiare in pubblico, come da colui che dà un colpo al cerchio e uno alla botte – anche se un colpo di questi fa leggermente più male dell’altro.
Per questo, bisogna vedere l’ultimo video, La vacinada, quello dove il suo solito personaggio da strapaese fa finta di invaghirsi di un’anziana signora, dopo aver scoperto che a questa è stato somministrato il vaccino. Zalone rende simpatico ciò in teoria dovrebbe risultare indigeribile, ovvero il vaccino che una certa parte della politica e dell’intellighenzia a essa legata vorrebbe imporre alla stregua di un obbligo.
Attenzione, l’operazione non è mica da fessi. Pensateci: invece di fare come tutti quelli che, dallo schermo della televisione, con piglio da duecetto, vi dicono che dovete farvi inoculare Astrazeneca e basta, senza discutere, lui vi fa sorridere della cosa. Il concetto è “ma che sarà mai, è solo un vaccino e vi salva la vita”. Il Potere più intelligente non è quello che usa la forza, la coercizione e la paura del castigo, ma quello che accompagna la fregatura con la caramella, quello che ti dice “ma guarda come sono buono, lo faccio per il tuo bene”. Infatti, lui il messaggio non lo veicola con il tono saccente di un Speranza, la prosopopea professorale di un Burioni. Piuttosto, la butta in vacca, ci scherza su, invece di picchiare duro – come per esempio faceva Luttazzi –, lui accarezza. Piuttosto che parlare di obblighi, imposizioni, facendo venire a galla sentimenti negati, lui stimola all’adesione con la positività della risata. Lo spettatore deve rimanere sereno. Non gli deve dire “fai così”, ma semmai “suvvia, il vaccino è bello ed è la cosa giusta”. Il primo insegnamento in un corso di comunicazione è proprio questo: essere propositivi, non oppositivi; stimolare, non stigmatizzare. Se andate di fronte a una classe e dite ai ragazzi “Brutta sottospecie di ignoranti, non avete mai letto un libro, né vi è mai capitato di visitare un museo. Dovreste vergognarvi”, quelli non prenderanno mai in mano un testo e meno che mai entreranno in un museo. Se invece esordite con “Ragazzi, adesso, apriamo insieme Instagram. Guardate, la Ferragni, il vostro idolo, è andata agli Uffizi, a Firenze. Che ne direste di fare come lei?”, sicuro che quei poveri allocchi brufolosi ci cascheranno come dei cretini.
Zalone tutto questo lo sa bene, lo sa meglio di chiunque altro. Anche nel suo Quo vado?, film quasi parallelo alla riforma della Pubblica Amministrazione della Madia, non aveva esattamente attaccato la figura dell’impiegato pubblico, preferendo ridicolizzarlo bonariamente. Nello spettatore, dopo un bel po’ di grasse risate, rimaneva comunque l’idea che l’operatore medio sia un lavativo corrotto, capace di far sparire una pratica in cambio di una forma di formaggio. Nella guerra artatamente sobillata tra pubblico e privato, questo serviva. Ed era necessario farlo associando il tutto non a una situazione aspra come un pubblico dibattito, ma a un momento di massima rilassatezza e svago.
Bravo Checco, non si può dire che non sappia fare il tuo lavoro meglio. L’Istituto Luce ti fa un baffo.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Quanto sei bravo ad argomentare Matteo Fais! Condivido sempre o quasi sempre il tuo pensiero e il tuo concetto. Intelligente, sarcastico, ironico e lungimirante. Ti faccio i miei complimenti davvero. È un piacere leggerti. Continua sempre così 😊😘
Alla fine se l’ingroppa, la vecchietta, o rimane sempre sul vago?