L’EDITORIALE – IL 25 APRILE? PIÙ CHE LIBERAZIONE UN PASSAGGIO DI PROPRIETÀ (di Franco Marino)
Il 25 aprile è una data che tutti conoscono, in Italia: è il giorno della “Liberazione – insaporito di tutta la letizia che potrebbe dare il ricordo di una vittoria.
Da una parte, chi sprofonda nella melassa retorica della celebrazione di una Resistenza molto più mitologica che reale, con annessa stramaledizione del fascismo storico e di quello odierno, nel quale vengono fatti rientrare anche non fascisti che rifiutano la narrazione antifascista. Dalla parte opposta, chi sogna il ritorno dei fascisti e si dedica a scrivere messaggi d’odio contro gli antifascisti.
Mentre accade tutto ciò, nessuno si sognerebbe di celebrare il 15 settembre. In primo luogo perché nessuno ricorda che cosa sia avvenuto quel giorno – le cose importanti qui nel Belpaese vengono sempre scordate – e poi perché è una ricorrenza tutt’altro che lieta: il 15 settembre del 1947 fu siglato il Trattato di Pace dell’Italia con le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale.
La storia è indifferente ai sentimenti di chi la rivanga e così, mentre la data di aprile riguarda Milano, con un episodio assolutamente insignificante – e anzi, sul piano umano, assai poco commendevole – nella storia del conflitto, la data di settembre rappresenta la conclusione ufficiale della Seconda Guerra Mondiale. La prima data riguarda il mito, la seconda la realtà.
L’Italia è entrata in guerra, nel 1940, come alleata della Germania nazista. Nel 1943, invasa a metà e con un esercito allo sbando, cessò di avere quel po’ di importanza teorica – e la poca utilità pratica che la vittoria della Prima Guerra Mondiale le diede – e divenne semplicemente il campo di battaglia fra Alleati e Tedeschi. Quando anche la Germania crollò, si fecero i conti.
La nostra Patria, sconfitta e gravemente colpevole anche di azioni moralmente inqualificabili come la dichiarazione di guerra ad una Francia che, nel 1940, sembrava prossima allo sfacelo, fu chiamata a pagare per le proprie colpe. La sua posizione era talmente indifendibile che rimasero indimenticabili le parole di Alcide De Gasperi al cospetto delle potenze vincitrici: “Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”. “Tranne la vostra personale cortesia” non significava che De Gasperi si aspettasse qualche forma di clemenza da far valere in ambito politico, ma che molto più realisticamente sperava che non lo avrebbero letteralmente insultato. Tolta la personale cortesia, per il resto, non aveva nessun serio argomento da far valere.
Niente giustifica la festa di Milano del 25 aprile 1945 e men che mai un antifascismo di facciata, tardivo e codardo, in quanto corrivo, al quale, fuori dai confini italiani, non credette nessuno. Per giunta, considerato che era amministrato da Scalfari, Giorgio Bocca, Dario Fo, gente che del fascismo fu entusiasticamente sostenitrice anche quando con le leggi razziali aveva mostrato il loro volto più feroce.
Col trattato di pace, di cui all’Italia fu solo chiesto di prendere atto, essendosi piegata a una “resa senza condizioni” (cioè totale), perdemmo tutte le colonie. Tra le altre cose, le migliori navi della flotta militare (tra cui la gemella della Amerigo Vespucci, andata alla Russia); le isole del Dodecaneso (tornate alla Grecia, da noi assurdamente e inefficacemente aggredita), Briga e Tenda, che andarono alla Francia (con alcune vette alpine e una rettifica del confine sul Moncenisio), la Dalmazia e soprattutto l’Istria, Pola e Fiume, abitate in prevalenza da italiani. Con tutto quel che ne conseguì, come le Foibe, per esempio. E quel che è peggio fu che, dopo questa lunga serie di umiliazioni e mutilazioni, ci toccò ammettere che dopotutto, forse perché memori del folle accanimento, alla base del nazismo, di Clemenceau contro la Germania, l’Italia fu trattata con una sostanziale mitezza. Non tanto per il nostro apporto alla vittoria (degli Alleati), di cui nemmeno si parlò, ma forse per il limitato peso avuto nelle operazioni militari.
Ecco la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, per noi: tutto ciò, in psicoanalisi, si chiama rimozione: se il ricordo di un certo episodio della vita è troppo sgradito, la psiche lo cancella e magari lo sostituisce con una diversa versione dei fatti. Ed è esattamente ciò che è avvenuto per noi. In Italia, un intero Paese ha operato una rimozione. Non che l’ingresso dei partigiani a Milano non sia realmente avvenuto, ma esso non costituiva certo – neppure poteva – una vittoria sui tedeschi per la quale quei volenterosi assolutamente non avevano i mezzi. Si è dimenticata la tragedia nazionale di una ignominiosa sconfitta per mettere in evidenza un episodio marginale e militarmente inventato, oltre che assai poco onorevole, che scandalizzò anche gente dell’altra parte, nauseata nel vedere un intero popolo sputare sui cadaveri ancora caldi di Mussolini, osannato fino al giorno prima, e della Petacci, esposti nudi e a testa in giù.
Indipendentemente dal costituire, annualmente, un motivo di divisione tra connazionali, il 25 Aprile, comunque la si pensi, non è assolutamente un evento per cui festeggiare. Non si è trattato di una Liberazione, ma di un semplice passaggio di proprietà, di cui stiamo sperimentando gli effetti più nefasti soltanto ora, perché i liberatori non avevano interesse prima a mostrare il proprio volto più feroce – recondito intento che si sta palesando in questi anni in tutta la sua virulenza.
Si sarebbe potuto solo festeggiare l’11 giugno 1940, se il 10 giugno 1940 Mussolini non fosse entrato in guerra.
Franco Marino
La storia andrebbe riscritta, o meglio “ripristinata” nella sua verità. Nessuno però pare averne voglia. Ovvio, a distanza di 80 anni da ancora da mangiare a tanta gente, vedi le associazioni partigiane che sono una costoletta violenta del PD e tanta altra gente che non lavora ma che riceve soldi da queste associazioni e non solo.
Insomma, il 25 aprile è un giorno che serve solo a giustificare le violenze e le vigliaccherie dei partigiani che sono poi scappati all’estero (perché? Se sei un eroe perché scappi?) o rimasti in Italia prendendo una sorta di vitalizio.
Finché non si ripristinerà la storia vera, senza polemica o altro, ma solo per l’amore della verità, si continuerà a sostenere di fatto questo mercato di vigliacchi e assassini e stragisti, e dei loro nipotini.
Premesso che la quasi assenza di commenti denota la scarsa”autorevolezza” dell’autore, e al di là di una quantomeno” bizzarra” lettura della Storia, quello che questi “illustri personaggi” omettono sempre è che il solo fatto che possano dire e pubblicare queste” opinioni” ( non possibile”prima”)è motivo per festeggiare la”Libetazione”, al di là delle fisime sulla data esatta( come per il Natale). ” Se tu sei qui Senatore è perché abbiamo vinto noi, se aveste vinto voi io sarei morto o in galera”.( V. Foa, P.d’Az a G. Pisano ,MSI repubblichino)
La quasi assenza di commenti e l’insignificanza del suo, denota che voi poveri comunistelli traditori sparite sempre quando si tratta di confrontarsi. Avete conquistato la vostra egemonia solo grazie al potere mafioso che siete.
Sig.matteofais, vedo che continua con la mistificazione della Storia, oltre che con faziosità ceca( ma vabbe’..). Gli americani”liberatori” sono sbarcati inizialmente in Italia in Sicilia proprio grazie e previo accordo con la mafia, già insediata in America. E da li tutto il resto della Storia politica d’Italia( la DC, la corruzione, le ” influenze sull’economia,ecc.). E ‘ documentato in ampia letteratura,documentari,cinema
“oltre che con faziosità ceca” @Matteo Fais sei originario della Repubblica Ceca? Io pensavo che fossi sardo.
“gli americani ”liberatori” sono sbarcati inizialmente in Italia in Sicilia proprio grazie e previo accordo con la mafia, già insediata in America”.
Appunto Danì, allora che cazzo di liberazione festeggi?
Già risposto( primo post)..