L’EDITORIALE – LA FAMIGLIA FERRAGNEZ: FENOMENOLOGIA DELLA REGRESSIONE SOCIAL(E) – (di Davide Cavaliere)
Sfuggire al proprio tempo è impossibile, dunque non possiamo non scrivere di Vittoria, il nuovo bambolotto di mamma Ferragni e mamma tatuata Fedez. Dopo il successo internazionale del putto riccioluto e smorfioso, ecco che la celebre coppia fabbrica per il pubblico di Instagram una nuova creatura frignante.
Non riesco a credere che i due, per quanto milionari, abbiano davvero desiderato un nuovo bambino. Erano i followers – anglicismo col quale, da qualche anno a questa parte, indichiamo le masse decerebrate dei social network – a volerlo e loro, abili imprenditori, li hanno accontentati.
Ecco, dunque, un nuovo essere umano esposto alla triviale curiosità del popolo del web. Leone e Vittoria stanno vivendo un Truman show, con la loro esistenza, compresa quella fetale, data in pasto al morboso e demenziale interesse dei followers di “mammina” e “papino”.
Il neonato viene gettato in rete e subito si mette in moto la macchina solipsistica e masturbatoria di Instagram. Una moltitudine di manichini condivide l’immagine, che viene riprodotta illimitatamente e ubiquamente. Senza che ne sia consapevole, la creatura si ritrova esposta nel panopticon mondiale e diventa oggetto di commenti ridicoli e meme inutili.
Sarebbe ingiusto prendersela solo con il rapper e la influencer che, in fondo, si sottomettono ai meccanismi mediatici del totalitarismo contemporaneo, del quale sono “icone” e “modelli”. Sono centinaia e centinaia i bambini costretti a diventare influencer, indossatori, appendiabiti viventi, réclame in forma umana o mere estensioni della personalità narcisistica dei genitori.
I baby influencer sono un’attrazione su Instagram, come un tempo lo erano gli attori hollywoodiani. Genitori-manager trasformano i propri pargoli in “star” dei social, attraverso scatti studiati, pose da vip e abbigliamento alla moda. Bambini costretti a subire shooting quotidiani.
Ancora più sconcertante è l’interesse che i suddetti pargoli suscitano. Milioni di persono desiderano vedere il figlio piccolo di qualcuno mentre mangia, dorme, piange o cammina. Il ché è abbastanza indicativo dello stadio terminale a cui è giunta la civiltà digitale. Ma perché i bambini suscitano tale interesse? Possiamo abbozzare una risposta: l’infante è il modello a cui aspira l’adulto contemporaneo. Il nostro tempo – dominio di un capitalismo compenetrato dal marxismo sessantottino – ci vuole mantenere in una condizione di infantilità, perciò eleva il Bambino a paradigma.
I consumatori, in fondo, sono solo dei kids in un supermercato globale di merci e servizi. Essi non fanno altro che comprare, passare da giocattolo a giocattolo, invidiando quello altrui. La società dei consumi è puerile e il “Puer” è il suo emblema. La caduta del Padre e di ciò che lo simbolizzava (Dio padre, terra dei Padri, famiglia patriarcale) ha prodotto il trionfo del “bambino”.
L’Infante prolifera e si ricerca la sua innocenza evitando il Male in tutte le possibili forme – morte, malattia, conflitto, odio – e acquistando in modo smodato balocchi sofisticati. Il bambino, oggi, insegna all’adulto – basti pensare a Greta –, lo guida nei consumi, negli interessi, s’impone alla sua attenzione. Il pupo non parla e il follower nemmeno. Quest’ultimo balbetta in una lingua impoverita, stringata, formattata dai mass media.
Ecco il mondo dei bambini: non è né innocente né buono, ma il regresso è evidente.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais, del giornale online “Il Detonatore”.