L’EDITORIALE – PSICOLOGIA DELLE FOLLE AL TEMPO DEL COVID (di Davide Cavaliere)
Da Nietzsche a Le Bon, sono innumerevoli gli intellettuali europei che si sono interrogati sui meccanismi della folla, sulle reazioni della massa di fronte a un pericolo reale o presunto.
Gli psicologi sociali usano il termine “pensiero di gruppo” per descrivere la versione moderna della follia delle folle. Esso consiste in un processo mediante il quale un gruppo prende decisioni irrazionali. I membri del gruppo, nel tentativo di evitare i conflitti, conformano le proprie idee all’opinione consensuale, arrivando a concordare su condotte che ognuno, individualmente e normalmente, considererebbe sbagliate.
Insomma, le convinzioni personali vengono plasmate dalle opinioni altrui e non da un’analisi individuale e indipendente. L’attuale isteria per il COVID-19 è un moderno esempio di pensiero di gruppo. L’agglomerarsi delle riflessioni intorno a un’unica versione dei fatti è fatale per la democrazia, perché minaccia il pluralismo attraverso una coesione istintuale, che genera illusioni di invulnerabilità e moralità.
Il COVID-19 è un virus sopravvalutato, che nel 95 percento degli infettati non produce sintomi o ne produce di lievi, ma questo fatto non ha scalfito il consenso irrazionale intorno a misure sanitarie demenziali, che hanno distrutto l’economia e minato le libertà individuali.
Mettere i malati in quarantena è stato fatto per migliaia di anni, mentre costringere i sani alla quarantena, al contrario, è una superstizione medica che non ha prodotto benefici, ma che continua a essere impiegata perché ritenuta, collettivamente, “necessaria a salvare vite”.
Secondo la rivista “Science”, una delle più prestigiose a livello mondiale, bisognerebbe abolire qualsiasi forma di distanziamento sociale e di protezione per poter diffondere il virus e ridurne l’aggressività, inducendolo a manifestarsi come una normale influenza. Sebbene questa ricerca abbia un solido fondamento scientifico, non viene presa in considerazione, per il semplice fatto che nessuno osa sfidare il consenso intorno alla linea delle chiusure e della distruzione della socialità.
“Credi nella scienza”, dice la Sinistra, ma in realtà vuole che la popolazione segua l’opinione personale di uno “scienziato” come Massimo Galli, che invitava a sigillare il cesso prima di tirare lo sciacquone per non nebulizzare il bacillo nella casa.
Rovinare l’economia, distruggere la vita di persone sane e allontanare i bambini dalla scuola creando loro lacune educative sono tutti costi delle attuali misure anti-COVID. I suicidi, le dipendenze da alcool e droghe, il diffondersi di disturbi d’ansia sono effetti che dovrebbero essere considerati e soppesati rispetto ai benefici dei blocchi e di altre misure folli, ma non lo sono mai.
Nessuno, almeno nel giornalismo “competente” e nella politica, mette in questione le norme adottate. Tutti temono l’accusa di “negazionismo”. Si tratta del frutto marcio del pensiero di gruppo: taci, obbedisci o sarai demonizzato. Quando i costi per risolvere un problema superano i benefici, le persone dovrebbero opporsi ai piani difettosi e insistere su approcci alternativi. Invece, assistiamo a un conformismo folle e distruttivo.
Davide Cavaliere