Il Detonatore

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LA RECENSIONE – A MICHELA MURGIA NON CHIEDIAMO DI STARE ZITTA, SOLO DI NON DIRE SCIOCCHEZZE (di Matteo Fais)

Una delle più grandi fortune di Michela Murgia è certamente quella di avere degli avversari dialettici indegni. Lei li sa provocare – o triggherare, come si dice oggi –, ma loro ci cascano proprio come degli allocchi. Sono a livello delle femministe più incarognite, quelle che, se le contesti, partono subito con i loro “A questo non gliel’ha mai data nessuna” o “Incel di merda”. Similmente, il novanta per cento delle critiche che le vengono mosse si risolvono in insulti osceni concernenti la sua pinguedine.

E sì che ce ne sarebbe da dire contro il pensiero della scrittrice. Anche perché, se non suonasse sessista secondo la sua visione, direi che la Murgia è un osso duro. Io la ritengo addirittura astuta. Per sottoporla a critica, bisogna vagliarne le righe al microscopio, scoprire l’intoppo, il passo falso della sua logica che lei, bisogna dargliene atto, nasconde sempre abilmente. Diversamente da Pauline Harmange, con il suo Odio gli uomini, l’autrice sarda non si limita a gettare secchiate di veleno, ma lo incanala entro un sistema di idraulica precisione al fine di avvelenare i pozzi. Praticamente, tra lei e le pessime imitazioni c’è la stessa differenza che intercorre tra un pugile professionista e un picchiatore da strada.

A ogni buon conto, è bene precisare fin da subito che, per rispondere alla sua ultima fatica, Stai zitta (Einaudi), servirebbe un intero saggio. Mi limiterò quindi ad alcuni punti particolarmente stridenti di tale filosofia femminista.

Il nuovo libro di Michela Murgia, Stai zitta, Einaudi.

LA CREAZIONE DEL PROBLEMA DI GENERE

La prima cosa da fare, se ci si vuole ergere a paladini di una causa, è creare il problema. In tal senso, lei è riuscita magnificamente. Leggete questo passo: “Un uomo può sperimentare la discriminazione personale per varie ragioni, ma non conosce la discriminazione di genere, perché nessuna cultura ha mai perseguitato i maschi in quanto maschi. Nel mondo in cui viviamo, un povero sarà sempre più discriminato di un ricco, così come un uomo di colore subirà certamente più ingiustizie di uno di pelle bianca […] Nessuna di queste marginalizzazioni individuali può essere usata come bilanciamento del sistema di discriminazione che da secoli nega i diritti alle donne, a tutte le donne, solo in quanto appartenenti al genere femminile: quelle ricche e quelle povere, quelle bianche e quelle di colore […] La disuguaglianza attraversa anche il mondo femminile in modo intersezionale, ma esiste un minimo comune denominatore che le discrimina tutte, ed è il sesso. Ecco perché si chiama sessismo”. Notate la finezza. Persino lei è costretta ad ammettere che anche gli uomini sono discriminati. Dopodiché, però, va a inserire la questione di genere che determina un’ulteriore frattura, una breccia che crea divisione tra i discriminati, secondo la logica del divide et impera – perché, è bene ricordarlo, il pensiero della Murgia è funzionale al sistema dominante molto più di quanto possa apparire a un primo sguardo.

In sostanza, il punto non è la distinzione tra ricchi e poveri, tra padroni e sottoposti, ma quello sessuale. Per spiegare la fallacia logica, che poi si applica anche al falso problema del colore della pelle, basti porsi questa domanda: tra Obama e vostro zio cassaintegrato, chi è il negro? Palesemente, non l’ex Presidente degli Stati Uniti d’America. In una società nella quale, come giustamente ci insegna l’acuto sguardo di Marx, l’economia è la base di tutto e il resto solo sovrastruttura – cioè un derivato della prima –, quello che conta non è che tu sia donna, nero, gay, ecc. Se hai i soldi e il potere che ne deriva, tieni per le palle gli altri. Anche nei secoli passati era così: una regina non era certo nella posizione di quello che si prendeva cura del suo giardino. Lei regnava, lui serviva. Che poi il suo potere fosse una spanna sotto quello del re – ma non sempre era così – poco importa. La Murgia pone regnanti e domestiche sullo stesso piano.

Nel ragionamento della scrittrice, fondamentalmente, si sposta il focus dalla questione principale dei rapporti gerarchici derivanti dalla base economica per porlo su un falso problema che forse – e ribadisco forse – può sussistere unicamente in determinati microcosmi. Quindi, certo, la diseguaglianza attraversa anche il mondo femminile in senso intersezionale, ma la vera disparità è un qualcosa che travalica la dimensione sessuale, l’etnia e il resto.

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PORTARE UN SINGOLO FATTO ALL’UNIVERSALITÀ

Da sempre ci sono uomini violenti e, ancora di più, sono quelli scortesi. Per esempio, come ci ricorda proprio la Murgia, una volta Bruno Vespa fece una cazzata colossale. Doveva premiare una scrittrice e commentò in modo del tutto inappropriato la sua scollatura. Il vecchio democristiano tentò poi di salvarsi le chiappe finendo solo per peggiorare la situazione, invece di ammettere la cappellata. Ciò cosa proverebbe? Un beato biscotto. Solitamente, alle manifestazioni letterarie, non si premiano le tette delle autrici e non si discute di esse, massimo se ne chiacchiera durante il buffet. È una questione di buongusto ed educazione. Quella di Vespa è stata una caduta, non la norma. A furia di menzionare la cosa, di ripetere l’accaduto cinquemila volte, una stronzata di dieci secondi si tramuta in qualcosa di più grande di ciò che è. Se poi ci si scrivono tre pagine di giornale in merito, invece di parlare di morti sul lavoro e disoccupazione, finisce che una battuta poco simpatica diventerà il caso dell’anno, la sola questione su cui far riflettere l’opinione pubblica.

CATCALLING E VIOLENZA SESSUALE – COME FARE UN MINESTRONE

La scrittrice sarda sovente, anche in questo libro, come nei suoi post, qualifica come “cultura dello stupro” atteggiamenti incredibilmente distanti tra loro e inequiparabili. Tutti abbiamo fissato un’abbondante scollatura. Non tutti, però, abbiamo messo una mano in culo a una bella ragazza che passava e, meno che mai, abbiamo violentato una donna. Per lei, tutti questi casi fanno capo a una tendenza antropologica diffusa. Minchiate! Guardare un paio di tette messe in mostra è normale – anzi, direi addirittura sano –, violare la volontà altrui è bestiale. Osservare ciò che viene mostrato non è un male – in qualsiasi situazione –, penetrare e toccare senza consenso sono atti che si pongono decisamente sotto una diversa prospettiva etica e morale. Infatti, si può giustificare l’occhiata, non l’uso della sopraffazione. Chi non capisce questo o è scemo o è in malafede, punto. Non bisogna aver studiato filosofia per comprenderlo, basta il buonsenso dell’idraulico.

ESTENSIONE DEL DOMINIO DELLA LOTTA – MICHELA MURGIA E MICHEL HOUELLEBECQ

Una cosa è certa, Michela Murgia non ha capito una mazza di come funzioni il desiderio nel commercio tra i sessi. Basti sentire cosa dice in merito: “Dietro queste frasi c’è la convinzione che le donne vivano avendo come obiettivo l’essere desiderate dagli uomini e che siano in fondo loro stesse a chiedere di essere validate come sessualmente attraenti. Volere è potere, dice il proverbio, ma alle donne si lascia credere che il loro potere sia invece quello di essere volute. È un inganno: desiderare ti rende soggetto attivo e ti educa a scegliere, invece che a essere scelta. Chi desidera comanda”.

No, Signora! Essere desiderati è ciò che conferisce potere – chi è desiderato può scegliere, quindi porsi come soggetto attivo. L’attrattiva sessuale, come insegna Houellebecq nel suo fantastico Estensione del dominio della lotta, è l’altro aspetto che, insieme all’economia, in una società della competizione, determina il successo di un soggetto sociale. La donna che è ambita da tutti ha un potere contrattuale, a livello relazionale, infinito. Tutto ciò che è ampiamente richiesto, in una situazione di scarsità, può essere venduto anche a un prezzo spropositato. È la legge della domanda e dell’offerta.

L’essere umano è un animale sociale quindi vive costantemente alla ricerca di validazioni. A scuola, all’università, nei rapporti interpersonali, noi siamo sempre sotto esame, uomini e donne. Qualcun altro ci dice quanto valiamo, in forma più o meno esplicita, ogni volta – spiace dirlo, ma è così – e noi viviamo per questo. L’inferno sono gli altri, dice Sartre, proprio per tal motivo, perché ci giudicano e noi esistiamo anche attraverso i loro occhi.

Sul piano sessuale, ogni uomo e ogni donna vive per ricevere una validazione. Chiedetevi quanti maschi depressi conoscete tra quelli che sono amati da un vasto numero di donne. Nessuno se la scampa da questa tragedia. Una donna che, quando esce, viene fermata da tanti uomini sa meglio di chiunque altra di avere un potere assoluto sul genere maschile e di poterlo piegare al suo volere con uno sguardo. Non c’è niente di male in tutto ciò o, per meglio dire, così va la vita. Quindi, certo che la donna come l’uomo cerca di farsi desiderare. Lo fa per sé stessa, per esercitare il potere, non per subire quello altrui.

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CONCLUSIONI – LEI, GENTILISSIMA DOTTORESSA, SA BENISSIMO CHE QUESTE SONO STRONZATE

Con tutto il dovuto rispetto, gentilissima Dottoressa Murgia, lei sa benissimo che queste sono stronzate e questioni oziose. Sa altresì che l’apparente visione della donna come indifesa e votata alla maternità comporta un eccesso di privilegi per questa. Una donna viene servita per prima, per lei si tiene aperta la porta e la si lascia passare. In caso di divorzio, proprio perché è stato ritenuto che sia l’elemento femminile ad avere maggiore abilita con gli infanti, le si lascia la casa del marito per allevarli. Vuole che continui?

Ah sì, il gender gap salariale, scusi. Puttanata colossale! I contratti di lavoro sono stabiliti su base nazionale e non possono comportare discriminazioni di genere. Che poi ci sia una manager a Milano che prendere 10 euro in meno del suo omologo maschile non ce ne frega un sega. Un insegnante e una insegnante percepiscono lo stesso stipendio, così come un cassiere e una cassiera del supermercato. Basta cazzate. Casomai, occupiamoci di faccende serie, tipo di chi percepisce uno stipendio del menga, dopo essersi fatto un culo così. Davvero, Dottoressa, basta. Non le chiedo di stare zitta, ma di aprire la bocca per cose che abbiano realmente importanza.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

5 commenti su “LA RECENSIONE – A MICHELA MURGIA NON CHIEDIAMO DI STARE ZITTA, SOLO DI NON DIRE SCIOCCHEZZE (di Matteo Fais)

  1. Condivido la sua opinione. Purtroppo in Italia la cultura in generale è preda delle bande Bassotti e sono loro stesse a decidere l’assegnazione di premi letterari, comparsate e incarichi in TV. Magari si limitassero a questo, hanno riempito di incompetenti e bighelloni tutte le Istituzioni, persino la giustizia distruggendo la certezza del diritto.

    1. Non c’entra nulla il fatto di essere in Italia; in altri Paesi occidentali è lo stesso e pure peggio.
      Un esempio: la Spagna.
      L’erba del vicino non è affatto più verde. (*)
      Anzi, molto spesso è il contrario.
      ————–

      (*) Per dire: in Australia ci sono antifemministi convinti che “certe cose succedono solo in Australia”… un po’ come i tanti italiani altrettanto sicuri che “certe cose succedono solo in Italia”.

  2. Non me ne frega nulla di quello che scrive la Murgia: credo che si sia ormai costruita il personaggio della femminista dura e pura e ci guadagna alla grande sopra.
    Ciò non toglie che dica anche delle verità:
    la cultura dello stupro esiste, esiste ed esiste. Non si vuole dire che gli uomini violentano le donne, sono relativamente pochi gli uomini che stuprano, ma sono tantissimi quelli che molestano anche molto pesantemente. E si sentono legittimati a farlo appunto da una certa mentalità imperante, e io lo so bene.
    Essere desiderata. Bellissimo, appagante… ma alla lunga non serve a niente se non si finalizza anche in qualcosa di concreto: un marito con i soldi, o se se ne ha la capacità in un gran lavoro di prestigio.
    Altrimenti la bellezza mal gestita alla fine si riduce a fare un po’ di beneficenza sessuale qua e là.

    1. >>>
      la cultura dello stupro esiste, esiste ed esiste
      >>>

      Forse sarebbe il caso di darci un taglio a simili scemenze in salsa femminista, di cui non se ne può veramente più.

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