L’EDITORIALE – POSSIBILI EFFETTI PRATICI DELLA DISTRUZIONE DELLA FAMIGLIA E DELLA CANCELLAZIONE DEL COGNOME PATERNO (di Matteo Fais)
La dimensione simbolica del discorso è importante, ma non è certo la sola. Prendiamo il concetto di famiglia tradizionale e quello di trasmissione del cognome paterno – concetti che da lungo tempo la Sinistra sta cercando di far venire meno, riportando anche notevoli successi, come riconosciuto dalla Consulta, secondo cui “Il sistema del cognome paterno ai figli è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia”.
Il problema è che l’unione tra un uomo e una donna, sul piano legale, non è solo un vezzo romantico. Nel legarsi, una coppia si unisce a livello umano ma anche contrattuale – non è il massimo da dire, ma è così. Marito e moglie non sono assimilabili a una coppietta di fidanzatini. Hanno dei doveri l’uno nei confronti dell’altra e verso i figli, qualora questi dovessero sopraggiungere. E, a loro volta, in qualità di generati, i figli acquisiscono diritti e doveri nei confronti dei genitori. È per questo che si eredita ed è per questo che, fino al conseguimento della maggiore età, si deve stare sotto la loro egida, volenti o nolenti. Similmente, è forte di quel contratto stipulato con un uomo che la moglie, se non indipendente economicamente, o con un reddito inferiore al marito, può chiedere la reversibilità o un’integrazione.
È anche per tutta questa serie di motivi, oltre che per la sua valenza simbolica, che il matrimonio ha un peso non indifferente in società, qualcosa che va ben oltre la fedeltà coniugale, le corna, i dispetti e i dissapori. Infatti, viene il dubbio che la volontà che anima i contestatori di questa istituzione non sia volta unicamente ad arrecare uno sfregio morale ai bigotti.
Far venire meno la famiglia, stabilire per esempio che un figlio possa rifiutare l’identità di successione che il passaggio del cognome stabilisce, potrebbe avere a lungo termine non poche conseguenze. Per esempio, se per legge venisse stabilito che io posso scegliermi l’identità che preferisco – come prendere il cognome Brambilla in luogo di Fais –, perché non far cadere il diritto per me di avere accesso a eventuali bene ereditati dai miei genitori naturali? Del resto, se ciò che io sono è ciò che io scelgo di essere e non il figlio del Signor Fais, che diritto potrei accampare io sul frutto del lavoro di mio padre?
Capite il problema? È ben possibile che l’intento latente dietro quello manifesto di tante presunte battaglie culturali si paleserà nel tempo, magari tra dieci anni. Allora, potremmo scoprire perché tanto accanimento per questioni apparentemente di mera forma. Poi, chiaramente, queste sono tutte ipotesi, fantasie distopiche ma, sapendo con chi abbiamo a che fare, non è da escludersi che le formule di “genitore 1 e 2” e queste balzane idee di cancellazione del cognome paterno siano propedeutiche a una colossale inculata.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.