ALLA DESTRA MANCA LA DIMENSIONE DEL CONFLITTO (di Umberto Camillo Iacoviello)
La sinistra concepisce la realtà come una perenne lotta tra due opposti, il bene (la sinistra) e il male (la destra). Per ottenere la società buona, i nostri nemici sono disposti a usare ogni mezzo: la censura, l’introduzione del reato di opinione (come con la legge Zan), la denigrazione e anche la violenza (in ogni sua forma).
Partendo da questo manicheismo di fondo è pressoché impossibile qualsiasi forma di confronto dialettico – per i progressisti non c’è una controparte con cui dialogare, ma un nemico da abbattere a ogni costo.
Il modo binario di concepire la realtà si evince dalla loro intolleranza nei confronti delle opinioni non conformi. Affermare che occorre bloccare l’immigrazione di massa, per esempio, equivale dalla loro ottica ad andare in giro a dare fuoco ai centri di accoglienza; osare dichiarare che i bambini devono avere un padre e una madre è equiparabile al pestare a sangue gli omosessuali; dire che le quote rosa sono la negazione del merito è come auspicare la segregazione delle donne in casa.
Il centrodestra, però, dai vertici ai militanti, è ossessionato dal giudizio della sinistra. Cerca la sua approvazione, vuole essere riconosciuto politicamente e moralmente. Tale approvazione, è bene chiarirlo, non arriverà mai. Se la sinistra invita a “restare umani” significa che per loro quelli di destra “non sono umani”.
Quando a destra vengono espresse delle idee su determinati argomenti, si sente sempre la necessità di giustificarsi con i vari “non sono razzista, ma” o “non sono omofobo, però”. Così facendo, ci si piega al linguaggio del nemico, accettandone l’agenda. C’è una sudditanza morale e un infondato complesso di inferiorità culturale.
La destra non ha ancora capito che la politica è innanzitutto conflitto, lotta per dominare struttura e sovrastruttura, e mezzi di comunicazione. Essa potrà vincere con il 60% dei voti, senza esercitare nessun potere sulla società. Per fare un esempio pratico, amministrare non serve se una giunta di centrodestra nomina direttore di teatro Moni Ovadia.
La destra che piace alla sinistra non è destra. Al contrario, per essere destra, la cosa più importante è non piacere alla sinistra, non piegarsi al suo linguaggio, al suo ricatto morale. In ogni caso, per la sinistra, i reazionari saranno sempre e solo dei fascisti, dei razzisti, gente che non merita nessun riconoscimento. Su questo, c’è solo da imparare da chi sta dall’altra parte.
Bisogna fare proprio il concetto di egemonia culturale. È scandaloso vedere una rete televisiva nelle mani di un politico di “destra” fare propaganda per la legge Zan e vomitare altri pessimi programmi che parlano male della nostra parte. Credete che se Zingaretti avesse dei canali di sua proprietà darebbe spazio ad altri che non siano i suoi? No, promuoverebbe unicamente programmi e film affini alla sua ideologia, scaricando letame sui nemici dalla mattina alla sera.
Il radicalismo progressista non vuole più limitarsi a condannare le azioni o le opinioni che “incitano alla violenza”, vuole arrivare alla fonte: i pensieri. Ci sono idee che non devono nemmeno passare per la testa, che bisogna aver paura di esprimere. In Germania, dove l’ossessione per il fascismo è all’ennesima potenza, il 58% dei tedeschi afferma di non esprimere integralmente le proprie idee politiche, soprattutto sull’immigrazione, temendo di essere etichettato come razzista.
Una grande differenza tra la sinistra e la destra è che la prima punta all’egemonia culturale, alla biopolitica, mentre a destra troppo spesso si riduce la politica ad una questione fiscale. La sinistra punta al controllo dei corpi, la destra alla flat tax.
Dimostrazione di questa mentalità economicistica che ammorba il versante conservatore è il fatto che su uno dei temi caldi di attualità, l’immigrazione, la critica parte sempre da un fattore economico: il lavoro e la concorrenza. Sicuramente è un problema importante, ma non è il principale. Sentiamo spesso il leader del primo partito di destra in Italia affermare che “chi rispetta le regole è italiano come me, un mio fratello”. Con questa mentalità, si ammette implicitamente che agli immigrati per diventare italiani basta rispettare le regole. Ciò significa – proprio per il drammatico declino demografico che stiamo vivendo – che, tra 100 anni, ci potranno essere 20 milioni di “nuovi italiani” di origine africana – l’importante è che stiano ai patti. A voler essere maligni, sembra quasi una tacita accettazione della sostituzione etnica.
Il progressismo non gode del consenso della massa, per questo vuole rieducarla e convertirla alla religione politicamente corretta. I più giovani subiscono già da anni la loro pedagogia a mezzo di musica, serie televisive, film, nelle aule scolastiche come all’università. La sinistra ha innalzato un recinto che separa i buoni dai cattivi, ha avvelenato il clima politico, scrive apertamente sui giornali che bisogna colpire fisicamente quelli di destra, sta portando ad una polarizzazione della società. Quando viene sancita la disumanità del nemico politico, la reductio ad Hitlerum, tutto è concesso.
Mentre loro vogliono letteralmente vedere morti i nemici politici, a destra si continua a frignare con frasi tipo “i veri fascisti sono loro”. Coloro che meglio incarnano la mentalità del sottomesso, sono quelli che dicono “eh, ma noi non siamo come loro”. Infatti, a Sinistra possono esercitare il potere anche se perdono le elezioni, mentre la destra continuerà a restare al palo abbaiando secondo il codice linguistico stabilito dagli altri.
Ciò, sul lungo periodo, porta alla sconfitta perché, se non occupi i posti di potere e ti limiti ad amministrare, hai già perso: è il destino di chi si ostina a giocare in difesa.
Occorre prendere delle posizioni e saperle mantenere con coraggio. Evola in Orientamenti ha scritto: “si deve essere consapevoli di ciò: che con la sovversione non si patteggia, che fare concessioni oggi significa condannarsi ad esser del tutto travolti domani”. A Destra si transige fin troppo. Occorre reagire oggi, per non morire ogni giorno.
Umberto Camillo Iacoviello
Editing: Matteo Fais
Condivido in pieno questa bella e chiara esposizione.
Alla lettura della frase “la destra che piace alla sinistra” mi è venuto alla mente Gianfranco Fini.
L’ uomo che distrusse la destra sociale italiana negli anni ’90 e a seguire, con i suoi discorsi politicamente corretti.
Complimenti, articolo ben scritto e personalmente condivisibile.
Perfetto non ci arriveremo mai ma è perfetto
Per me anche solo dire ” La Destra ” come se non fossero tante, significa già essere in una visione universalista, essere nella dialettica, e quindi essersi già arresi al progressismo.
Condivido completamente.
Purtroppo il berlusconismo e la mediocrità di AN e Lega hanno portato la situazione al livello attuale.
E poi, ovviamente, c’è il freno più grande e più importante: la presenza in Italia della Chiesa e del Papa, un potere immenso che la mediocrità e la decadenza della politica ha reso ancora più forte. Molti hanni fa ho conosciuto un argentino da vent’anni trapiantato in Italia: esperto di India e di musica indiana, un gran viaggiatore e conoscitore di culture. Un uomo di grande sensibilità e intelligenza. Gli chiedo: tu conosci l’India e la sua cultura universale, tu che hai viaggiato in tutta europa e in america: cosa pensi di dell’italia e degli italiani. La sua risposta: “Mah, voi italiani avreste una buona energia. Ma siete, come dire, un pò frenati dalla Chiesa e dal Papa. Dovreste chiedere al Papa, anzichè di vivere stabilmente a Roma, di fare dei periodi di residenza in altri paesi cattolici, a rotazione…….”
Tanti saluti. Paolo