PERCHE’ LE CENSURE DEI SOCIAL SONO ILLEGALI (di Franco Marino)
La notizia sconosciuta a molti – i giornali non l’hanno minimamente accennata – è che Casapound, qualche tempo fa, ha vinto un ricorso contro Facebook, con Zuckerberg che è stato condannato a risarcire Di Stefano e soci per una cifra che si aggira attorno ai 15000 euro, ordinando la riapertura degli account. Se ciò è avvenuto, lo si deve ad una ragione ben precisa che è molto semplice: bannare gli utenti per le proprie idee, escluderli da qualsiasi consesso pubblico, è reato. Infatti, una delle scemenze più di moda è che “Zuckerberg è a casa sua e può fare ciò che vuole”.
In un paese normale, non si dovrebbe spiegare perchè questa sia una sciocchezza. Ma in un paese dove si applaude ad una palese censura, gravissima tantopiù se si considera che Trump, che certamente ha accusato i democratici di brogli elettorali, tuttavia non ha per nessun momento mai aizzato le masse contro le istituzioni e dove Gad Lerner scrive che i media italiani dovrebbero prendere esempio, si sta cercando di imporre il principio che sia giusto tappare la bocca a chi esprime le proprie opinioni, intelligenti o meno che sia, solo perchè vengano scritte in uno spazio privato. Cosa che non è mai stata vera. E allora occorre spiegare.
La dimensione privata non è una zona franca. Ognuno di noi, anche a casa sua, deve rispettare delle leggi. Se io invito un amico a casa mia e, senza un pericolo reale, lo massacro di botte, questi ha tutto il diritto di denunciarmi. La scusante che “a casa mia faccio quel che mi pare” non è ammessa. Ma senza arrivare a questi estremi, è illegale anche cacciare da casa propria qualcuno solo perchè ha un’opinione differente. Quando alcuni anni fa fui cacciato di casa assieme a mio padre – che tra l’altro non era più cognitivamente in sè – per aver spiegato perchè votai CasaPound, se avessi avuto interesse a querelare il proprietario di casa e fossi riuscito a dimostrare il fatto, quest’ultimo sarebbe stato costretto a risarcirmi.
Va da sè che nessuna persona sana di mente – specialmente con i tempi biblici della giustizia italiana – querelerebbe uno che, a casa sua, decidesse di allontanare qualcuno che ha un pensiero differente. Ma se ciò avvenisse in uno spazio privato ma aperto al pubblico, le cose cambierebbero. Oggi come oggi, chiunque facesse causa ad un esercizio commerciale che, per motivi discriminatori, gli negasse un caffè, una brioche, rischierebbe una salatissima ammenda.
Nei casi dei ban dai social si aggiunge un’ulteriore aggravante che è la violazione dell’articolo 21 della Costituzione che stabilisce senza possibilità di equivoco che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. In America, l’equivalente di questo principio è il primo emendamento, per la cui violazione i principali social media espressione dei GAFAM sono sotto processo. E questo è ancor più valido se il pensiero viene diffuso su un social media.
Dunque la convinzione che Zuckerberg “a casa sua possa fare quello che gli pare” è un’autentica sciocchezza. Che in quanto tale, non poteva che diventare patrimonio della sinistra.
FRANCO MARINO
Ti ringrazio vivamente. Non ho cognizioni di Diritto , ma semplicemente per logica pensavo proprio così ; ma non sarei stata in grado di sostenere la tesi . Grazie mille.
Qualche “imprenditore informatico” capace, dovrebbe aprire una piattaforma libera che, se ben diffusa, creerebbe qualche difficoltà all’impero Twitter e Facebook.
Qualcuno ci ha provato (Parler) ma ne è stata impedita la diffusione.
Ecco perché occorre un informatico scaltro e deciso ad andare avanti. Avrebbe un vasto seguito già nell’immediato, per lo meno gli 88mln di follower di Trump, oltre al resto.
Grazie per l’ottimo articolo.