L’EDITORIALE – IL PROBLEMA DELLA SINISTRA È METAFISICO, MEGLIO IL CONSERVATORISMO (di Davide Cavaliere)
Ironizzando sull’ottimismo storico del filosofo illuminista Condorcet, Eric Voegelin scrisse: “È questo sogno dell’umanità in marcia verso la saggezza e l’immortalità al mondo degli dei, questo quadro dell’umanità liberata dalle sue catene, non più soggetta al caso e alla fortuna, né ai nemici del progresso, che consola il filosofo per gli errori, i crimini e le ingiustizie che ancora rovinano la terra e di cui egli stesso è la vittima […] Una nota di malinconia s’insinua nell’idea di progresso, quando il filosofo cerca consolazione nella visione che vorrebbe oscurare la realtà di una «umanità corrotta e tormentata dall’avidità, dalla paura e dall’invidia»“.
Il titano tedesco del pensiero era penetrato al cuore della Sinistra politica, al centro delle sue fantasie redentrici e della sua dottrina secolare della salvezza.
Tutti noi siamo venuti al mondo senza alcuna delucidazione sul perché siamo qui e di dove andremo quando nei nostri occhi calerà la notte. Fin da subito, ci rendiamo conto delle presenza del Male, che si manifesta sotto forma di abbandoni, punizioni troppo severe, angherie di varia natura, malattie, tradimenti e via discorrendo. A partire da questi misteri, si crea in ognuno di noi il desiderio che la nostra vita abbia un senso, che non sia casuale, che il male fattoci non resti impunito o non trovi un riconoscimento e una consolazione. Per quanti crescono saldi nella fede, il suddetto desiderio è ricompensato dalla speranza in una divinità che ci ama e che ha un piano per noi, anche se incomprensibile, che si rivelerà solo dopo il trapasso. Per altri, il bisogno di significato si realizza mediante una “religione politica”, cioè una fede criptoreligiosa nella “rivoluzione” o “trasformazione” sociale. Attraverso l’impegno – parola chiave dei redentori sociali – è possibile un nuovo mondo in cui tutte le ingiustizie siano eliminate e dove regni una conciliazione umana universale.
Il sogno di una realtà rinnovata e guarita – impossibile ma creduta realizzabile – fornisce alla Sinistra rivoluzionaria la licenza a operare in nome di tutta l’umanità per un Bene superiore.
La riflessione fatta fin ora non vale solo per la Sinistra, ma anche per l’Estrema Destra – che affonda le sue radici nell’humus rivoluzionario e apocalittico del marxismo. Il nazifascismo condivide con la Sinistra l’ambizione a rigenerare dalle fondamenta la società. La palingenesi della Sinistra è proiettata nel futuro, quella della Destra Radicale è rivolta al passato, a una mitica età dell’oro perduta e incorrotta.
Le consolazioni fornite dalle religioni politiche sono formidabili, perché poggiano su una fede rivolta a “cose umane” e non alla dimensione trascendente. Dunque, le speranze alimentate dallo spirito rivoluzionario appaiono più concrete di quelle fornite dalla metafisica “tradizionale”. L’illusione rivoluzionaria implica l’adombramento della natura umana, di quella “umanità corrotta e tormentata dall’avidità, dalla paura e dall’invidia”, che Condorcet rifiutava di vedere ma che torturava il suo ottimismo. Il venir meno della speranza rivoluzionaria equivale a una crisi spirituale. Al militante di Sinistra occorre un tuffo nelle acque gelide della realtà; deve accettare che il mondo non potrà mai essere riparato in via definitiva e totale e accettare, come osservava un sapiente ebreo di oltre duemila anni fa, che “non c’è nulla di nuovo sotto il sole”.
Non c’è salvezza né redenzione in questa vita. Generazione dopo generazione, vita dopo vita, siamo destinati a confrontarci col mistero dell’esistenza e dell’iniquità. Trasmettiamo errori e peccati ai nuovi nati. Diamo forma a un mondo imperfetto perché noi siamo lontani anni luce dalla perfezione. Oltre il guazzabuglio della storia, l’essere umano sperimenta l’incessante e identica vicenda della vita, della morte, dall’accumulo di addii e rimpianti. Senza possibilità di un riscatto per sé o per l’umanità. Soli come i naufraghi sulla zattera della Medusa. Se non c’è un Dio che ci salvi, sicuramente non ci riusciremo da soli. Un uomo che tenti di redimere l’umanità non è dissimile dal celebre “uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico”. Scrisse Emil Cioran: “Si è colti da stupore e anzi da sgomento quando si sentono uomini parlare di affrancare l’Uomo. Come potrebbero degli schiavi affrancare lo Schiavo? E come credere che la Storia – corteo di abbagli – possa trascinarsi ancora per molto? L’ora di chiusura suonerà presto nei giardini di ogni luogo”.
Ecco perché un uomo non può raddrizzare l’esistente: tutti noi siamo “schiavi” del caso, di idee sbagliate, di nevrosi e frustrazioni. Ogni nuova generazione è estranea alla precedente e sconosciuta a sé stessa. Tutti i figli sono creatori di sé, imparano attraverso la ribellione e la contrizione, attraverso l’offesa e l’errore, e spesso per niente. Il “progresso” non arriva. Siamo creature cieche e ignoranti, che inciampano impotenti in uno sbuffo di tempo.
Dovremmo sempre custodire in noi l’antropologia ebraica e cristiana: l’uomo è marchiato dal peccato originale. La sua natura profonda è corrotta. C’è un difetto nella sua struttura ontologica. Abbiamo la deplorevole tendenza alla ribellione e una ineliminabile tracotanza. Più potere ci viene dato, specialmente come rivoluzionari e riformatori, più diventiamo pericolosi. Umiltà e cautela dovrebbero essere le nostre parole d’ordine. Ma questi sono una maledizione per i missionari il cui obiettivo è piegare il futuro alla loro volontà.
Dunque è impossibile cambiare il mondo? No, la realtà può essere perfezionata e, nei fatti, è stata migliorata. Ma il cambiamento non va spinto oltre i limiti di ciò che è umanamente possibile, la stessa speranza di un “Bene” futuro è sempre passibile di trasformarsi in passione distruttiva, fino a mutare nel desiderio di annientare tutto ciò che ostacola l’utopia. La risposta ai dilemmi umani non può che arrivare da un conservatorismo maturo e scettico.
Il conservatorismo, prima di tutto, non è un’ideologia, ma piuttosto una disposizione mentale e caratteriale. I conservatori accettano il fatto che la natura umana, nei suoi fondamenti ultimi, non cambia. Quindi ci sono limitazioni alle trasformazioni che qualsiasi società accetterà senza coercizione. Non teorizzano un mondo perfetto, non confondono “essere” e “dover essere”; chiedono e cercano di rispondere alla domanda: “Cosa fa funzionare bene una società?”.
I conservatori vogliono rendere il mondo un posto migliore, ma sono guidati dalla consapevolezza che non può essere reso perfetto e che i cambiamenti artificiosi e accelerati sono improduttivi. Sono interessati a correggere questo o quel torto individuale e a riformare questa o quella istituzione. Al contrario, la Sinistra mira a reimpostare i termini dell’esistenza umana stessa. Sono come medici che, invece di voler curare la malattia, vogliano abolire la morte.
Sognano un’esistenza in cui non ci siano frustrazioni, conflitti, desideri contraddittori, interessi contrastanti, valori non conciliabili. La Sinistra rivela il suo carattere religioso nel momento in cui pretende di realizzare la visione del profeta Isaia: il giorno in cui il lattante giocherà con la vipera e il capretto ruzzerà col leopardo. La Sinistra vorrebbe annullare la condizione umana.
I suoi aderenti cercano nell’azione politica quella trascendenza che assicuri loro che le loro esistenze abbiano, effettivamente, un significato; cercano di identificarsi con l’umanità (eterna) nel tentativo di lenire le loro inquietudini di individui (finiti); e poiché il problema è metafisico esso non sarà mai risolto, la vittoria sulle credenze politiche escatologiche, di qualunque tipo, non è mai definitiva e nemmeno duratura. Man mano che le cose migliorano materialmente, il chiliasma diventa più forte, perché le persone hanno più tempo per soffermarsi sulle proprie insoddisfazioni.
La prudenza del conservatorismo non ha nulla a che fare con il moderatismo al limite della pusillanimità, ma con un profondo scetticismo nei confronti dei grandi piani di palingenesi della società. La prudenza dei conservatori non va, nemmeno, confusa con l’immobilismo. Si tratta, semmai, di un rigetto della logica della “tabula rasa”.
Il conservatorismo è una dottrina politica realista, ma non acquiescente; antiutopica ma non antirivoluzionaria.
Davide Cavaliere