L’EDITORIALE – SI PUÒ ESSERE UN PORCO E DIFENDERE LA FAMIGLIA TRADIZIONALE? IL CASO DELL’EURODEPUTATO DI ORBAN (di Matteo Fais)
Questa menata secondo cui uno dovrebbe collimare perfettamente, nella vita quotidiana, con i principi che professa è pura idiozia. L’uomo è nato per predicare bene e razzolare male. Già quel simpatico e geniale ricchione di Walt Whitman diceva: “Mi contraddico? È perché contengo moltitudini”. Ma io preferisco citare la saggezza latina del “video meliora proboque, deteriora sequor” (letteralmente “vedo il meglio e l’approvo, ma seguo il peggio”), brillantemente trasposta in rima da due dei massimi poeti della tradizione italiana: “E veggio ’l meglio, et al peggior m’appiglio” (Petrarca, Canz. CCLXIV, 136); “Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio” (Foscolo, Son. II, 13). Quanto buonsenso! In effetti, una coerenza ferrea – o meglio sarebbe dire ottusa – tra ciò che si sostiene e il proprio privato la si può pretendere solo dai santi, non certo dagli uomini. Dunque, meno che mai si potranno avanzare pretese simili verso un politico o un teorico.
L’elettore o il lettore di giornali non è un bambino. Non ha bisogno di essere guidato a mezzo dell’educazione e dell’esempio diretto di mamma e papà. Se io voto uno perché credo, o perché ha dimostrato, di sostenere la famiglia tradizionale, cosa che io ritengo essere il nucleo fondante di ogni società, lo faccio perché voglio che realizzi a livello politico certe misure. Non sbarro il simbolo del suo partito perché lui possa illuminarmi con la luce della sua integerrima moralità.
Questa distorsione che pretende la coincidenza tra pubblico e privato è tipica dei sinistri e delle concezioni totalitarie. E, attenzione, è molto pericolosa. La loro malsana idea sottende il principio per cui, siccome nessuno in ultimo riesce a essere coerente con i principi alti e forti che professa, allora tutto deve essere permesso. In un costante gioco al ribasso, non essendo l’ideale umanamente raggiungibile, bisogna tendere al peggio perché molto più alla portata dell’umana miseria.
Per questo non vedo niente di male in József Szájer, l’eurodeputato del Fidesz, il partito ungherese di Orban. Partecipava a orge? Buon per lui. Voglio forse dire che prendere parte a certe promiscue serate sia qualcosa di cui vantarsi? Neanche per sogno e, infatti, lui non lo faceva. Vizi privati e pubbliche virtù. Uno può cedere alla bassezza, senza per questo doverla santificare. Si può andare con tante donne – e, perché no, con altrettanti uomini –, ma ancora ritenere che la politica debba portare sostegno alle famiglie. Mica il fatto che uno ami intrattenersi, a sera, in squallide gangbang vuol dire che poi debba sostenere a livello di azione legislativa il finanziamento degli incontri libertini.
Questo modo di pensare è tipico degli LGBT. Eppure, non necessariamente avere un certo gusto sessuale implica l’incardinare la società intorno ad esso. Io non difendo i miei vizi, né voglio piegare il mondo ad essi. Potrebbe pure piacermi l’idea di farmi pisciare in bocca da una donna, ma non per questo finanzierei dei corsi a scuola volti a educare i bambini a considerare questa pratica normale. Infatti, essa è una perversione. Poi, per carità, ognuno ha le sue manie, ma le sceglie da adulto e non gli devono essere presentate come normali, se non addirittura auspicabili, durante il percorso educativo, solo perché condivise da un certo numero di persone.
La trasparenza assoluta, l’idea che un uomo debba difendere ogni aspetto di sé e vederlo socialmente accettato, è follia. La società deve essere ipocrita e salvaguardare, con i denti e con le unghie, la distinzione tra sfera intima e azione sociale.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
L’OSCURO DESIDERIO DELLA SINISTRA: PORTARE A GALLA IL PRIVATO PER CONTROLLARCI MEGLIO (di Andrea Sartori)
La natura demoniaca della Sinistra è ben resa dal romanzo distopico Noi, dello scrittore russo Evgenij Zamjatin – certamente meno noto al grande pubblico del successivo e citatissimo 1984 di Orwell. In esso si parla delle case di vetro, abitazioni trasparenti che rendono impossibile il non essere osservati dallo Stato onnipotente, mentre gli uomini sono ridotti a larve senza nome, identificati da un codice alfanumerico. Zamjatin scriveva nel 1924 e dipingeva, trasfigurandolo, il neonato sistema sovietico, dove intere famiglie venivano ammassate in microappartamenti sorvegliati da un commissario politico di condominio.
Nella mia esperienza russa, ho abitato con mia moglie in un piccolo tugurio di una krusciovka (tipico condominio popolare dei tempi di Chrusciov) composto da due camere, cucina e bagno. In quel microappartamento, a malapena bastante per una famiglia, ai tempi dell’URSS, ce ne vivevano due – e si parla già degli anni di Gorbaciov. Spesso, in questi piccoli agglomerati, veniva incoraggiata la delazione, vista la difficile convivenza tra famiglie in uno spazio ridottissimo e l’inevitabile mancanza di privacy. Si andava a denunciare il vicino al commissario di condominio.
In maniera più “tecnologica”, stiamo rivivendo questo sogno psicotico della Sinistra: il controllo totale sulla vita delle persone, l’abolizione del privato. Non solo della proprietà privata, ma di tutto il privato, inclusi pensieri e famiglia.
Sin dai tempi di Platone, vi è l’illusione che l’abolizione della proprietà privata cancelli ogni diseguaglianza. E, sin da allora, questa si rivela una fesseria colossale, perché l’abolizione di essa porta il tutto sotto il dominio tirannico di una sparuta cricca di privilegiati. Nell’antichità si guardava a Sparta, dove non esisteva proprietà privata e neppure famiglia, ma vigeva lo spietato totalitarismo di una casta di guerrieri che si autodefinivano “Uguali”. Oggi si guarda all’esempio sovietico, dove comunque si era formata un’aristocrazia di partito, la famigerata nomenklatura.
Ma la perversione maggiore della sinistra sta nella “casa di vetro”, nel privarti della tua vita privata, nel voler rendere pubblici i tuoi aspetti più intimi. E questo, oggi, è spaventosamente “di moda”, aiutato anche da una tecnologia invasiva. Quando ero ragazzino, dei vizi privati o delle idee politiche degli artisti che seguivo non mi interessava granché. Li seguivo perché li apprezzavo sul palco. Cosa facevano in camera da letto erano cazzi loro. Lo stesso discorso valeva per i politici: si votavano i programmi, le loro manie non interessavano. Di questi tempi, tale paradigma è completamente rovesciato. È la “casa di vetro” – e spesso questa viene usata per distruggere la reputazione di quei vip che dissentono.
Ma perché la Sinistra ha l’ossessione di controllare quel che si fa, anche quando si è al cesso? Semplice: perché non tollera il pensiero differente. La Sinistra vuole rendere il mondo simile a sé stessa e, come i bambini capricciosi, non sopporta che qualcuno possa avere un’idea in controtendenza. Da qui la mania del controllo, tipica della moglie paranoica che si mette in testa che il marito abbia un’amante. La Sinistra occidentale, poi, ha una caratteristica che era sconosciuta persino al comunismo sovietico: non si accontenta solo di imporre un pensiero, ma addirittura una maniera di vivere.
È quello che stiamo vedendo col Covid: si vogliono costringere persone normali a vivere come dei nerd sociopatici e segaioli solo perché alcuni fra questi, come Bill Gates, vogliono prendersi una rivincita su chi ha avuto una gioventù normale. E da qui il fiorire di app Immuni e delazione stile DDR. Oppure, arrivare allo psicoreato di non considerare “desiderabile” l’omosessualità o il cambiare sesso.
E così, abolendo la sfera privata, si trasformano le persone in formiche ricattabili. manipolate mentalmente o quantomeno costrette a farsi violenza per non incorrere in sanzioni. Si aggiunge quel compiaciuto sadismo che si nota nello sfigatissimo ministro Speranza, altro frustrato che vuole la rivincita, o nel sessantottino dottor Galli. Costoro orgasmano nell’ordinare la distruzione della dimensione privata e familiare del Natale.
“Quando tutto sarà privato sarai privato di tutto”, ma quando tutto sarà pubblico, cioè dello Stato, non sarà tanto meglio. Perché pure i tuoi affetti saranno dello Stato, e persino i tuoi pensieri.
Andrea Sartori
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L’AUTORE
Andrea Sartori è nato a Vigevano il 20 febbraio 1977. Laureato in Lettere Antiche presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha vissuto a Mosca dal 2015 al 2019 insegnando italiano e collaborando con l’Università Sechenov. Attualmente collabora presso il settimanale “L’Informatore Vigevanese”. Ha pubblicato con IBUC i romanzi Dionisie. La prima inchiesta di Timandro il Cane (2016) e L’Oscura Fabbrica del Duomo (2019) e, con Amazon, Maria. L’Eterno Femminino (2020)