LE ACCUSE DI STUPRO AL FIGLIO DI GRILLO E L’OBBLIGO DI ESSERE DIVERSI DAI GRILLINI (di Franco Marino)
Il figlio di Beppe Grillo non è imputato per un reato minore ma per stupro. La notizia è sostanzialmente messa in sordina dalla stampa, sia quella vicina al popolare comico genovese, sia quella vicina a quel PD che, dopo averlo disprezzato in ogni modo – non dimenticando che Grillo è “figlio” suo – oggi vi governa assieme come se dieci anni di contumelie, diffamazioni e calunnie, per giunta riversate a piene mani sui media antichi e postmoderni, fossero passati invano. Così va la politica e chi si stupisce è fesso. Ma la politica non è altro che lo specchio del paese.
Quando un nostro carissimo amico, importante medico del paesino dove vivevo molti anni fa, fu imputato di un gravissimo reato, ridotto al minimo dello stipendio e mandato praticamente in rovina, mentre tutto il paese gli toglieva il saluto, dopo averlo riempito di ogni forma di piaggeria, sia io che mio padre e mia madre, gli fummo vicini. Non era solo la consapevolezza che fosse innocente – come poi emerse – ma anche l’applicazione di quel brocardo di Terenzio per cui “nulla di ciò che è umano, mi è alieno”. Nessuno di noi può dire se un giorno, in difficoltà economiche, non cada nella tentazione di vendersi per arrivare a fine mese, magari anche minacciato, della serie “o accetti di venderti e ti paghiamo bene per i rischi o ti ammazziamo”.
I miei mi spiegarono – e dire che si era in piena furia di Tangentopoli – che essere rinviati a giudizio non significa essere colpevoli e dunque tantomeno essere indagati. E che persino le sentenze di colpevolezza non implicano necessariamente un’effettiva responsabilità e che praticamente bisogna fidarsi solo delle confessioni. Mio nonno poi esagerava – ma fino ad un certo punto – dicendo che anche una confessione può essere estorta.
Quel nostro amico medico fu assolto e pienamente riabilitato ma la sua salute ne uscì distrutta. Un infarto di lì a poche settimane rischiò di portarlo via per sempre e ancora mi chiedo come, col cuore in quelle condizioni, dopo quasi trent’anni sia ancora vivo e in condizioni tutto sommato accettabili, dati i suoi quasi novant’anni. Ma anche oggi che i miei vecchi non ci sono più, siamo ancora amici e ci sentiamo ancora.
“Sei stato educato su sani principi”, direte voi. No, semplicemente sono principi elementari di una civiltà giuridica, di uno stato di diritto, quelli per cui non è sufficiente che un uomo, per dire, abbia una, due, tre o anche dieci relazioni clandestine per accusarlo della morte della moglie, specie se poi, come in alcuni casi (Logli) il cadavere manco si trova e non si può escludere a priori che questa si sia rifatta una vita altrove.
E la consapevolezza non soltanto della fallibilità del diritto ma anche della sua corruttibilità e potenziale disonestà, è stato il punto di riferimento di ogni mio scritto, sempre. Quando ero uno sbarbatello, oggi che sono ad un’incollatura dai quarant’anni e anche quando starò a due passi dall’esalazione dell’ultimo spiro, salvo pregressi rincoglionimenti. Ho sempre rifiutato il principio che le sentenze penali debbano qualificare lo spessore di un politico, ritenendo Craxi un gigante, anche quando per i questurini del pool di Milano era “soltanto un latitante”.
Poi certo Grillo non è Craxi e di lui, e questo è noto a chi mi onora del suo tempo, non ho nessuna stima nè umana, nè artistica nè politica. Il comico genovese ha contribuito enormemente – peraltro raccogliendo frutti di semi che erano già stati disseminati – all’imbarbarimento del dibattito politico italiano. L’ho sempre trovato sul piano personale un uomo cattivo, falso e violento. E questa opinione è confermata praticamente da chiunque io abbia conosciuto fuori dal mainstream che ha conosciuto anche lui. E dunque dubito personalmente che i figli, con analogo esempio familiare, possano essere diversi da lui. Una mela non cade mai lontano dal suo albero.
Ma rifiuto l’uso politico che si fa di un fatto che comunque riguarda la sua dimensione privata. Non apprezzo l’uso di questa vicenda che ne stanno facendo i giornali di centrodestra e rifiuto l’idea che si possa trarre un giudizio definitivo sulla negatività del Movimento 5 Stelle soltanto perchè qualche familiare di qualche membro, anche se di fondamentale importanza come può esserlo il proprietario del marchio e del nome, viene coinvolto in qualche grave scandalo.
Il giorno in cui qualche familiare di Travaglio, di Selvaggia Lucarelli, di Scanzi, personaggi a cui tributo il medesimo disprezzo riservato a Grillo, venisse inquisito o addirittura condannato, non coglierò l’occasione di sputare veleno su di loro. Producono già abbastanza materiale da soli per rendersi aspramente criticabili. Così come, scettico come sono sull’infallibilità della funzione giudiziaria e consapevole di come essa si muova solo sulla base di disegni che di giuridico non hanno assolutamente nulla, se qualcuno di costoro dovesse essere condannato, non penserò che la giustizia abbia ricominciato a funzionare ma che costoro abbiano pestato i piedi a qualcuno o che il vento sia cambiato e ora qualcuno voglia sbarazzarsi di loro dopo averli usati come corifei del giustizialismo o di qualche altra campagna ordinata dalle stanze del conformismo. Questo scriverò. Pur continuando a pensare di loro tutto il peggio possibile.
Non mi piace vedere un intero universo culturale che ha difeso la propria parte politica accusando – a ragione – gli avversari di processi politici e mediatici, adottare gli stessi atteggiamenti.
Per quelli come me, il figlio di Grillo è innocente sino al terzo grado di giudizio. Ma soprattutto, Grillo politico e comico in questa storia non c’entra nulla. Altrimenti non c’è nessuna differenza. Tra noi e lui con tutto il suo seguito di tifosi savonarola.
Noi non siamo come loro.
FRANCO MARINO
Come sempre Franco Marino condivido in toto ciò che hai scritto, tranne per ciò che riguarda l’accanimento nel momento in cui il nemico è a terra. In questo momento storico e politico a livello mondiale, in cui c’e’ una guerra da te giustamente definita antropologica, non dobbiamo più fare l’errore di avere pietà ,o l’onestà intellettuale data da un senso di moralità molto alto di non approfittare di momenti di debolezza.
È ora di uccidere per primi, senza pietà.
In guerra quello che è un avversario politico (assai miserabile il nostro, com’è noto) diventa un nemico, e il nemico in guerra va abbattuto, eliminato, cancellato, e cancellata va la sua vomitevole, degenerata e abominevole memoria. Un nemico pedofilo, servile, senza onore e senza valore ma spietato, potentissimo e con tonnellate di pelo sullo stomaco, come chiunque sieda sugli scranni del potere da 75 anni. La pietà per questo tipo di nemico non è contemplata. Sennò t’incula, in automatico. Caratteristica tipica dei lupi travestiti da agnelli.