Il Detonatore

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LA MAESTRA A LUCI ROSSE LICENZIATA INGIUSTAMENTE. MA ANCHE NO (di Franco Marino)

O.J. Simpson fu un famoso campione di football e attore di Hollywood che poco dopo il 1990 fu accusato di aver ucciso la ex-moglie e il suo nuovo compagno.
Fu assolto a seguito di un lungo e controverso processo che vide i bianchi condannarlo all’unanimità e i neri stessi perplessi, in quanto benchè non vi fossero indizi che ne denotassero la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, tutti erano alla quasi unanimità convinti che fosse colpevole.
Poi la giustizia americana lo assolse e anche quando molti anni dopo si scoprì che durante la demolizione della casa ove erano avvenuti i fatti, era stata ritrovata l’arma del delitto, che era scomparsa perchè un poliziotto se l’era tenuta come cimelio, non si potè fare nulla per via del principio giuridico del double jeopardy, che noi chiamiamo “ne bis in idem”, ossia l’impossibilità di essere processati due volte per lo stesso reato.
Ma se Simpson uscì pulito dal processo sul piano giuridico – poi finì in galera per altre ragioni – sul piano personale la sua reputazione fu distrutta per sempre. Oggi anche chi è un grande appassionato del Football Americano, per il quale Simpson aveva più o meno l’importanza di un Totti o un Del Piero, del popolare ex-campione non vuole neanche sentire il nome. E questo dimostra che la sanzione penale e quella sociale sono due cose diverse.
Oggi Erika De Nardo e Pietro Maso hanno scontato la propria pena. Ma, salvo i fan decerebrati che negli anni scorsi hanno mandato loro lettere gonfie d’amore, nessuna persona normale vorrebbe avere a che fare con loro. Sul piano giuridico sono completamente riabilitati, su quello sociale la pena non finirà mai. Neanche se mostreranno il pentimento, neanche se si rendessero artefici di autentici atti di eroismo. Non è bastato ad Erika De Nardo laurearsi in filosofia a pieni voti. Lei rimarrà sempre quella che ha ucciso premeditatamente la madre e il fratellino.

Il caso della maestra licenziata è ovviamente infinitamente meno grave. Intanto perchè la maestra non si è resa protagonista di alcun reato. Al limite le si può rimproverare, ma fraternamente, l’ingenuità di essersi fidata di un essere disgustoso che profittando della sua fiducia, le ha distrutto la reputazione. Ma questo esemplifica giustappunto – e purtroppo – l’importanza della sanzione sociale. Ed essendo il diritto figlio della società che lo promana (ubi ius ibi societas, ubi societas ibi ius) è anche di questo che deve tenere conto il legislatore quando decide che tipo di ordinamento giuridico costruire. E, va da sè, in un paese che è la culla del cattolicesimo, perlomeno quello istituzionale, la decisione della direttrice di privarsi della sua maestra, non è infondata.
Intendiamoci. il rapporto che molti italiani hanno con la fede è simile a quello che hanno con la politica: nel pretendere molto dagli altri, tendono a perdonare se stessi. Soprattutto nel sesso, laddove il cattolicesimo è assai restrittivo e tende a considerare peccato qualsiasi forma di sessualità che esuli dalla procreazione, in un luogo che riguarda la sfera intima dei due (talvolta tre e più) concupiscenti, gli italiani mostrano una sconcertante dicotomia tra la propria condotta sessuale e quella del prossimo. Ecco perchè pare strano a molti che una maestra d’asilo, mentre può essere del tutto professionale e seria tra i banchi di scuola, possa dilettarsi nel tempo libero a fare video hard nelle quali mettere in risalto le proprie doti fisiche e sessuali.
Sulla vicenda del revenge porn che ne ha provocato il licenziamento, tutti sembrano convergere verso la tesi dell’innocenza della vittima e al riguardo le considerazioni sembrano imparabili. Lo sono sicuramente quelle che condannano l’autore del ricatto che anzi ha ricevuto una pena molto blanda. In un paese dove purtroppo la reputazione è tutto, e dove se una partner fa la figura della squillo vede la propria immagine distrutta, condannare l’autore ad un anno di servizi sociali è una presa in giro. Per un reato del genere, compiuto proditoriamente, con premeditazione, dovrebbero aprirsi le porte del carcere e sanzioni pecuniarie pesantissime.

Ma se ci chiediamo se sia stato ingiusto che la direttrice abbia licenziato la maestra, la questione si complica. In primo luogo perchè essendo l’asilo privato, una dirigente ha il compito anche di dover far quadrare i conti. Se moltissimi genitori, sapendo che in quella scuola c’è una maestra dalla moralità considerata dubbia o se anche una moglie gelosa teme che la maestra possa portarle via il marito e dunque nessuno manda più i figli in quell’istituto, quella scuola, essendo un’azienda, fallisce.
In secondo luogo, il ruolo del maestro, in una società come la nostra, è di fondamentale importanza. Un maestro fa bene il suo lavoro se e quando è rispettato dai suoi alunni e dalle loro famiglie. Chi come me ha vissuto un’epoca in cui si dava ancora ragione ai maestri, anche quando esageravano – e la mia maestra esagerava in parecchie cose ma i miei genitori, almeno davanti a me, non si sono mai sognati di protestare – ha imparato che la maestra è una figura sacra.
Ma chiunque viva nel mondo della scuola sa benissimo che oggi le cose si sono ribaltate. Gli alunni non sono piccole bestioline da strappare ad un’asineria che se non guarita li condannerà ad una vita di stenti ma capolavori michelangioleschi che non vanno mai non solo bocciati ma anche solo redarguiti in pubblico e in privato. E se i maestri contravvengono a tali direttive, non di rado vengono “processati”. Qualche volta anche senza le virgolette. Col risultato che, svirilizzato il ruolo dei maestri, l’asineria dilaga trionfante tra un “se io avrebbi” e un “più meglio” e altri cacofonici attentati alla lingua italiana. Figurarsi se i maestri in questione giungono ad un’inopinata fama per i propri video erotici. A quel punto, la figura del docente non si limita a passare in secondo piano. Precipita direttamente all’ultimo posto.
Peraltro, da sempre, la condotta anche privata di un docente – che appartenga al settore pubblico o privato – costituisce un motivo più che valido perchè esso venga allontanato. Soprattutto quando – e non è così infrequente, nel liceo che frequentavo è avvenuto più volte – capita che un docente e allievo maggiorenne si innamorino. E il motivo è ovvio. Se un docente si rende moralmente o materialmente ricattabile, se l’asetticità della sua figura professionale viene messa a repentaglio dalla sua condotta privata, viene meno anche il rispetto nei suoi confronti.

Una società non è un corpo giuridico spiantato dalla realtà.
La nostra è una società governata dai vescovi, sessuofobica, che non ammette minimamente l’idea che una donna possa essere un’impeccabile maestra e nel contempo una donna sessualmente disinibita. Se conveniamo che ciò sia sbagliato, l’unica alternativa è cambiare società, cambiare umanità. Ma l’umanità non cambia, non perlomeno impedendo alla direttrice di licenziare una maestra che, con la sua condotta privata, la mette in difficoltà di fronte ai genitori degli alunni che sono, poi, la clientela che le serve per non portare i libri contabili in tribunale.
Bisognerebbe che in questo paese si adottasse per se stessi la moralità che si pretende dagli altri. Se fosse così, il numero maggiore di parlamentari in Parlamento non li avrebbe portati quel partito che, di questa discrasia, ne è l’espressione più evidente.
Il Movimento 5 Stelle.

FRANCO MARINO

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